INDICE
5 Prefazione di Giorgio Benvenuto
9 Introduzione
I PROGRAMMI DI VENDITA IMMOBILIARI DEGLI ENTI PREVIDENZIALI
17 Il programma ordinario di cessione del 1996
20 Il programma straordinario di cessione del 1997
LE CARTOLARIZZAZIONI IMMOBILIARI DEL PROF. TREMONTI
22 Introduzione alle cartolarizzazioni
25 La “prima” cartolarizzazione (SCIP 1) del 2001
29 La “seconda” cartolarizzazione( SCIP 2) del 2002
34 La fine delle cartolarizzazioni
38 La grande svendita
“SCIPPOPOLI”
41 Chi guadagna con le cartolarizzazioni
43 Ouroborus – Serpente carnivoro di immobili pubblici
49 I Capitali investiti nei titoli della Scip
52 Le altre operazioni finanziarie
55 Costi e ombre della SCIP
61 La strategia affaristica delle Immobiliari
63 Il ritardo delle vendite in SCIP 2
67 SCIP 2 ( la nuova Parmalat)
69 La denuncia della Corte dei Conti
72 L’incomodo osservatorio
74 Tentativi di incursioni aeree dall’alto
77 L’ammaliatrice và in pensione
77 Conclusioni
GLI “IMMOBILI di PREGIO” Storia infinita
82 L’intreccio tra politica e affari
89 Lo scandalo di affittopoli (ci risiamo)
93 L’ingiustificata esclusione
96 “ Casa nostra” (da affittopoli a svendopoli)
99 Quanti sono gli immobili di pregio?
102 Sopraffazioni e disparità di trattamento
106 La bastonata
108 La condanna della Corte dei Conti
110 Il contenzioso in sede amministrativa
113 Il contenzioso in sede ordinaria
116 Scippati e mazziati
120 Iniziative legislative
122 L’assordante silenzio del Governo Prodi
124 La speranza riaccesa dal Governo Berlusconi
127 Note - Tabelle
Grazie a migliaia d’inquilini degli immobili, un tempo di proprietà degli Enti Previdenziali Pubblici, e soprattutto alla loro vissuta esperienza, mi sono convinto a documentare le ingiustizie e le sopraffazioni che essi hanno dovuto subire a causa delle cartolarizzazioni.
Gli appartamenti da loro occupati sono stati “scippati” agli Enti e trasferiti per decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze ad una fantomatica società: la “Scip S.r.l.”.
Alberto Aveta di Napoli, Peppino Mazzotta e Alessandro De Lauro di Roma, inquilini come me, hanno contribuito alla “lettura critica a tutto campo” della complessa vicenda che ho posto, poi, sotto la mia particolare analisi finanziaria, ancor più critica, di revisore contabile.
Ringrazio, Giovanni Salvati, Avvocato di Milano, per aver avviato con convinzione e passione il patrocinio giudiziario in sede civile per centinaia di inquilini nelle varie città d’Italia.
E’ una battaglia che evoca quella di Davide contro Golia: pochi cittadini contro una latente, astuta ed ostinata Lobby affaristica complice di un’incontrollata Burocrazia.
Ringrazio Mario Sanna, Giornalista Rai, autore di un’approfondita inchiesta sulle cartolarizzazioni immobiliari andata in onda su Rai news 24 che mi ha stimolato a proseguire su un’analisi complessiva delle vendite di tutto il patrimonio immobiliare degli Enti Previdenziali.
Ringrazio Giorgio Benvenuto, che da Presidente della Commissione Bilancio del Senato, ha cercato di fare chiarezza su un’operazione dai contorni oscuri non trascurando la questione dei cosiddetti immobili di pregio e accettando di scrivere la prefazione del libro;
L’analisi svolta ha lo scopo di porre in risalto e documentare evidenti ingiustizie e disparità di trattamento che finiscono per colpire gli inquilini più deboli finiti nel mare magnum delle cartolarizzazioni immobiliari.
Napoli, 20 ottobre 2010
Mario Milone
Scippopoli viene mandato in stampa oggi in versione aggiornata rispetto a quella di gennaio 2008 che era stata pubblicata sul sito internet www.scip2pregio.it e stampata in un numero limitato di copie .
Prefazione di Giorgio Benvenuto
È una storia dai contorni prettamente italiani, ove i colori si sfumano e si confondono con quel fondo di grigio che finisce per costituirne la patina dominante. Il resto è una tinta ocra che richiama un vecchio giallo, una sorta di pervicace vizio italico che non si riesce a scalfire, né ad accantonare.
Potrebbe essere questo il tratto dominante di una vicenda che ha per oggetto la dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici.
È una storia che può appassionare anche il lettore meno smaliziato, perché vi è rappresentato nel grumo delle questioni giuridiche ed economiche, il modo ondivago con il quale, ancora oggi, si affrontano problemi rilevanti per le ricadute che determinano su centinaia di migliaia di cittadini. Senza trascurare i riflessi economici che queste decisioni producono, che nel tempo finiscono in quel catalogo di errori o di vicende incompiute che gravano sul bilancio pubblico italiano, fanno rabbrividire gli onesti, decretano il successo di giornalisti o ricercatori che in virtù della loro acribia illuminano i lati oscuri di molte scelte adottate dalla politica.
L’informazione ha tentato, con qualche moderato successo, di aprire un varco nella trama fitta di questa partita meglio conosciuta come le cartolarizzazioni di SCIP 1 e SCIP 2.
Il lettore potrà avventurarsi nelle anse di questo grande fiume di denaro, di interessi espliciti e più ancora sottaciuti, di incongruenze, di regole ambigue che hanno finito per allontanare il disegno originario: dismettere il patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici fornendo ad una larga fascia di cittadini l’opportunità di acquistare una casa, nella quale per lo più viveva da decenni in affitto, o assicurando a coloro che non fossero stati nelle condizioni di farlo di mantenere la condizione di affittuari. Il tutto per liberare risorse economiche ingenti necessarie a diminuire il peso abnorme del debito pubblico italiano, sottraendo nel contempo agli enti previdenziali l’onerosa gestione di migliaia di immobili, che per la loro stessa natura sociale non erano in grado di produrre reddito nè di ripianare le spese di esercizio.
La strada scelta allora dal Governo Berlusconi, tradotta in legge 410 del 2001 con l’originale inventiva dell’Onorevole Giulio Tremonti, all’epoca Ministro dell’Economia, si prefiggeva un obiettivo condivisibile, ma il tentativo di operare forzature giuridiche e tecniche capaci di travolgere le regole e la prassi dell’ordinamento italiano, conteneva gli elementi di un pericoloso squilibrio e talvolta di marcata non equità, che si sono puntualmente manifestati nel tortuoso percorso delle dismissioni, soprattutto per ciò che riguarda quelle gestite dalla società SCIP 2, più in particolare degli immobili definiti di pregio.
L’intera operazione resta ancora avvolta da un velo di mistero, contornata da una ridda di interrogativi insoluti che ne mettono in luce l’opacità, e determinano, soprattutto per ciò che riguarda la vicenda irrisolta degli immobili di pregio, una accentuata difformità di trattamento nelle condizioni di vendita, quindi nella possibilità offerta ai cittadini di esercitare in modo congruo ed equilibrato un proprio legittimo diritto.
Mario Milone ha voluto, con questa sua ragionata quanto puntuale cronaca, ripercorrere le tappe più significative di una vicenda che ha impegnato per anni il Parlamento, nel tentativo di offrire sistematicità ad un impianto legislativo incompleto e di riequilibrare le forzature più evidenti. Lo spirito è quello di arginare, ove possibile, i danni di una legge ritagliata non sulle esigenze dello Stato, nè su quelle di migliaia di famiglie in un momento di particolare tensione abitativa in tutto il Paese. Originata bensì dall’ansia di fare cassa, di reperire in forma oseremmo dire brutale, una manciata di risorse economiche da gettare, a mo’ di novello Benvenuto Cellini nella fornace del debito italiano, per far quadrare il deficit di una economia creativa che si ingegnava di modificare la redistribuzione del reddito a danno dei ceti meno abbienti, in presenza di una lunga ed onerosa stagnazione economica dell’Italia e dell’intera economia occidentale.
La cronaca raccontata con perizia e scrupolosa metodicità da Mario Milone appare come una sorta di copione della commedia dell’arte, ove non vi si legge la parola fine. Una affabulazione in continuo movimento, perché la cartolarizzazione SCIP non è compiuta, né definita, si muove a passi lenti, con piroette talvolta incomprensibili sul palcoscenico italiano, come su quello più austero e diffidente dei mercati finanziari internazionali.
Abbiamo la ferma convinzione, il diritto e il dovere di continuare a scrutare in profondità gli effetti di questa operazione di cartolarizzazione. Il Parlamento lo ha fatto con pertinacia e coerenza. Continuerà ad esercitare con rigore la sua azione di vigilanza e di indirizzo, convinto che non ci si debba arrendere all’errore, nè astenersi da definire i giusti correttivi che possano restituire il piglio di credibilità alle scelte di politica economica, la cui efficacia viene spesso travolta nella dinamica della gestione italiana dagli interessi di parte, dal favoritismo, dalla profittabilità economica, soprattutto quando vi è in campo l’alienazione di una parte del patrimonio pubblico.
Auguriamo al lettore di non perdere il gusto della scoperta, in una sorta di giallo all’italiana, per l’intreccio di questa vicenda, all’autore di conservare la convinzione, frammista ad audacia, di poter scrivere una seconda parte del racconto, sulla quale apporre con soddisfazione piena di migliaia di cittadini, oltre che dei lettori la parola fine.
Un traguardo ambizioso che non costituisca l’ennesimo epitaffio di una mala gestio all’italiana, bensì si offra come esempio del positivo apporto della democrazia, ove tutti i soggetti in campo contribuiscono alla riuscita finale del progetto, scongiurando oneri e fallimenti. Questi ultimi soprattutto in danno della collettività e dei cittadini meno abbienti, di quelle migliaia di persone che si celano con il loro vissuto dietro queste pagine, coloro che dentro le mura di quelle case, oggetto di attenzione, vivono da anni nell’ansia penosa di vedersi privare di una sicurezza fondamentale per la dignità di ogni cittadino: il diritto ad abitare una casa.
Roma, 17 gennaio 2008
Giorgio Benvenuto
Introduzione
Questa analisi sulle dismissioni del vasto patrimonio immobiliare degli Enti Previdenziali Pubblici nasce per caso. Non avrei mai immaginato che cercando, analizzando, confrontando dati, documenti e notizie venissero fuori tanti interrogativi. Sono apparsi scenari inquietanti, ma anche inconfutabili certezze.
Tutto nasce perché alcune migliaia di famiglie subiscono un’inspiegabile ingiustizia dopo aver vissuto per decenni in alloggi di proprietà degli Enti Previdenziali Pubblici. Sono in prevalenza impiegati e pensionati degli stessi Enti, come mia madre, che vive da più di quarant’anni in un alloggio di proprietà dell’INPS e da diversi anni è andata in pensione. La mia famiglia dunque, ha sempre pagato regolarmente il canone di locazione che puntualmente veniva rinnovato alle scadenze.
Nell’Italia di quaranta anni fa il problema casa non esisteva e il dipendente di un Ente Previdenziale poteva ottenere un’abitazione dallo stesso Ente, proprietario di un immenso patrimonio immobiliare acquistato con i soldi dei contributi pagati dai lavoratori. Si faceva la domanda e poi si stipulava un contratto d’affitto a prezzi adeguati al mercato.
La storia ha origine da un decreto legislativo del 1996 (4), che ha stabilito l’alienazione dell’intero patrimonio immobiliare degli Enti Previdenziali entro cinque anni, con determinazione del prezzo di vendita per gli immobili residenziali rapportato al valore catastale e con priorità degli immobili ove fosse stata riscontrata una forte propensione all’acquisto. Già a partire da febbraio del 1997, molti inquilini chiedevano a più riprese di acquistare gli appartamenti da essi condotti in locazione.
Nessuno pensava ad acquistare casa altrove, anche se allora i prezzi di mercato erano accessibili perché, tutti, eravamo convinti che, entro i cinque anni previsti dalla normativa, avremmo acquistato l’alloggio in locazione. Passano i cinque anni e il nuovo Governo Berlusconi, per mano del Ministro dell’Economia prof. Giulio Tremonti, nel 2001, vara in grande stile il piano delle cartolarizzazioni immobiliari.
Grazie alla finanza creativa di quegli anni, gli immobili vengono “scippati” agli Enti e diventano di proprietà della fantomatica S.c.i.p. S.r.l. (società cartolarizzazione immobili pubblici) per essere messi in vendita al valore di mercato.
Comunque, entro il 31 ottobre 2001, avvalendosi di quanto sancito dalle disposizioni transitorie della nuova legge (8), tutti gli inquilini ribadiscono ancora una volta la decisione di procedere all’acquisto alle condizioni stabilite dalla precedente normativa.
Da allora è cominciato un vero e proprio calvario che per molti locatari, in maggioranza pensionati in età avanzata, è sfociato in un grumo di ansie, risentimenti e paure con uno scenario sullo sfondo sempre meno incoraggiante. Il sogno di acquistare la casa si trasforma quindi in un miraggio per effetto della normativa che esclude gli inquilini degli immobili dei centri urbani dagli sconti concessi a tutti gli altri. Un’esigua minoranza di inquilini viene così etichettata come inquilini di “immobili di pregio”, a cui sostanzialmente si vuole impedire l’acquisto, anche a seguito dello scandalo di “Affittopoli” scoppiato nel 1996 e che si è protratto fino al 2000.
A fronte di questo quadro di difficoltà, monta ancora di più la rabbia, quando si viene a sapere che molti immobili dei centri urbani sono, in ogni caso, venduti con tutti gli sconti a importanti uomini politici, magistrati, amministratori e dirigenti pubblici, giornalisti e anche a chi semplicemente aveva qualche buona conoscenza.
Nasce il sito www.scip2pregio.it, di cui sono promotore, con l’obiettivo principale di far nascere un livello coordinato ed unitario di pressione e mobilitazione degli inquilini verso il Parlamento e il Ministero dell’Economia. La finalità è quella di rivendicare, indipendentemente dai giudizi in corso, una soluzione equa della questione degli immobili di pregio con proposte argomentate nonché di aggiornare il sito con ogni provvedimento in materia e notizia di stampa.
Mi addentro quindi nei meandri di quella che è stata definita la più grande dismissione immobiliare realizzata da uno Stato europeo attraverso le cartolarizzazioni spulciando leggi, decreti attuativi, documenti del Ministero dell’Economia, relazioni al Parlamento, report agli investitori, articoli di stampa, relazioni della Corte dei Conti, bilanci della Scip, rapporti delle agenzie di Rating, interrogazioni parlamentari, insomma tutto quello che poteva far luce su questa intricata vicenda.
All’inizio, le cartolarizzazioni sono presentate come raffinate operazioni di finanza pubblica, procedure infallibili in grado di risolvere i problemi di bilancio che lo Stato aveva accumulato in anni precedenti. Ma esaminandole attentamente ho cominciato a nutrire dei sospetti. La cosa che non quadrava era la struttura societaria della S.c.i.p. S.r.l.: una Società a responsabilità limitata con 10.000 euro di capitale sociale, due fondazioni Olandesi come soci, un cittadino britannico come amministratore unico e nessun organo di controllo.
Com’è possibile che una società creata dal Ministero dell’Economia, destinata ad entrare in possesso di un enorme patrimonio pubblico, sia costituita con modalità simili a quelle adottate quando si fanno operazioni illecite? Perchè si evitava che vi fossero soggetti chiamati a rispondere di un eventuale fallimento della società mascherando i soci? Chi ha conferito i mandati per la costituzione della società? Chi in realtà ha garantito quest’operazione? E’ stata realizzata per soddisfare realmente esigenze di finanza pubblica? E’ stata mai fatta una preventiva analisi di costi e benefici?
Molti oscuri interrogativi rimangono, ma ormai il quadro è sempre più chiaro.
Una lobby affaristica ha agito indisturbata all’interno di un’operazione che pochi hanno gestito e nessuno ha controllato. Non si deve sapere nulla e non si deve parlare perché i guadagni dell’operazione vanno a tutto vantaggio di tanti soggetti privati con un danno enorme per lo Stato Italiano.
In realtà era nata “Scippopoli” !
Dopo le elezioni politiche del 2006, invio una lettera al Presidente del Consiglio, prof. Romano Prodi nella quale mi auguravo che l’annosa questione degli immobili di pregio venisse finalmente esaminata per la ricerca di una soluzione, anche in relazione all’evidente beneficio sull’andamento generale delle vendite e sull’operazione di cartolarizzazione, che già all’epoca considerai avviata ad una “debacle totale”.
All’interno del Governo di centro sinistra, tra i ben 7 Sottosegretari all’Economia e malgrado la rilevanza delle cartolarizzazioni, nessuno riceve una delega specifica per le dismissioni immobiliari, ruolo che nella precedente Legislatura era ricoperto dal Sottosegretario On. Maria Teresa Armosino.
Intanto, l’On. Giorgio Benvenuto, da Presidente della Commissione Bilancio del Senato, chiede un supplemento di accertamenti alla Corte dei Conti dopo che questa, all’indomani delle elezioni politiche del 2006, aveva finalmente pubblicato i primi risultati dell’indagine svolta sulle cartolarizzazioni (2).
Il Coordinamento Nazionale degli inquilini, tenta di portare avanti ogni rimedio possibile, sia esso un intervento radicale come le modificazioni legislative proposte con i disegni di legge alla Camera (24) e al Senato (25), sia esso una soluzione transattiva del contenzioso, come suggerito da un ordine del giorno (26) – accettato in occasione dell’approvazione della Finanziaria 2007 – che impegna il Governo “a valutare l'opportunità di consentire alle strutture preposte alla vendita degli immobili di ricercare soluzioni transattive riferite agli immobili occupati aventi identiche caratteristiche.
Il Governo Prodi non mostra alcuna determinazione nel farsi carico della questione sociale rimasta aperta che viene lasciata a sé stessa. Con un assordante silenzio mantenuto durante tutta la seppur breve Legislatura fa capire che non si vuole affrontare nemmeno la questione generale delle cartolarizzazioni, nonostante la seconda relazione della Corte dei Conti di febbraio 2007 (28) ne dia un giudizio ancor più negativo della prima e nonostante Fitch, agenzia di Rating internazionale, sempre a febbraio avesse deciso di declassare i titoli della Scip.
L’unica voce del Governo, che incarna le risposte date per anni dall’ex Sottosegretario Armosino, con le stesse note musicali, è quella del Viceministro Pinza che, risponde in maniera evasiva alle interrogazioni parlamentari (29)-(30).
Delle due l’una, o quest’operazione è stata realizzata con il consenso delle maggiori forze politiche e tutte ne hanno tratto dei vantaggi oppure la partita è talmente complessa e gli interessi così ben radicati e trasversali che nessuno ha voluto affrontarla.
Siamo nel 2008, cambia il Governo, a luglio registriamo ancora una volta l’irragionevole contrarietà del Ministero guidato nuovamente da Giulio Tremonti, ai nostri ripetuti e instancabili appelli per poter ricercare una possibile soluzione transattiva del contenzioso giudiziario, contrarietà prosperata sulla base di pregiudizi e preconcetti se è vero, com’è vero, che nei documenti ufficiali del Ministero gli inquilini ricorrenti vengono ancora marchiati come “amici degli amici” o “vicini ai poteri di gestione degli enti”, portatori di “vertenze pretestuose”.
Comportamento per molti aspetti incomprensibile, certamente superficiale e scorretto!
Sembrava assurdo parlare di non percorribilità di una proposta transattiva, perchè questa avrebbe portato “nelle casse della SCIP, introiti inferiori a quelli corrisposti all’atto del trasferimento” e nel contempo nascondere al Parlamento (non approfondendo mai l’intera vicenda delle cartolarizzazioni) e all’opinione pubblica (complice il silenzio della stampa) l’ormai disastrosa gestione di SCIP 2, con costi imprevisti, a tutto discapito dei conti dell’Erario e conseguentemente della collettività.
Poi, a sorpresa, con un emendamento del Governo presentato durante la conversione in legge del decreto milleproroghe, approvato a febbraio 2009 (12 bis), viene messa improvvisamente in liquidazione la Scip dando, tra l’altro, la possibilità agli enti - ai quali viene ritrasferito il patrimonio invenduto - di definire il contenzioso in materia immobiliare privilegiando soluzioni transattive.
Ora, dopo l’enorme spreco di denaro pubblico e dopo il giudizio negativo di tanti Soggetti Istituzionali sulle dismissioni immobiliari, senza considerare le responsabilità di quanti, negli organi dello stato come nella pubblica amministrazione, devono operare secondo principi di imparzialità, correttezza e trasparenza, i ricorrenti intravedono la speranza di raggiungere almeno in parte il diritto all’uguaglianza di trattamento.
Sta di fatto però che l’operazione SCIP, come si vedrà, è stata un vero e proprio fallimento per lo Stato Italiano ed ora quasi come un boomerang, ironia della sorte, la creatura del Ministro Tremonti è stata privata della linfa vitale che aveva in pancia, gli immobili, per essere sacrificata dal suo stesso artefice in nome "dell’eccezionale crisi economica internazionale, del mercato immobiliare e dei mercati finanziari". In realtà si è voluto evitare un plateale fallimento.
Dopo essersi rivelata come la causa di un’ulteriore bagno di sangue per i già disastrati conti pubblici italiani, si chiude quindi la stagione delle cartolarizzazioni immobiliari frutto avvelenato di “banchieri travestiti da statisti”, di “speculatori - benefattori” e della “tecno-finanza”.
A garantire i debiti è lo Stato e gli Enti Previdenziali sono costretti a riacquistare la parte residuale e sicuramente più difficile da vendere degli immobili di cui erano stati scippati (la cui carne, nel frattempo, è già stata divorata dalla Scip). Insomma sembra proprio un gioco, quello delle tre carte. Ma a pagare sono sempre i cittadini ed ecco perché mi sono deciso a fare un pò di chiarezza.
Sono partito quindi da un’analisi storica delle dismissioni immobiliari degli Enti previdenziali per arrivare poi a constatare l’enorme disastro patrimoniale subito dal nostro Paese.
A conti fatti, il patrimonio appartenente agli Enti Previdenziali ammontava, nel 2001, a circa 18,1 miliardi di euro. A fronte di questo patrimonio, a conclusione anticipata delle cartolarizzazioni, sono stati incassati solo 8,5 miliardi di euro e una buona fetta di patrimonio (2,4 miliardi di euro) rimane ancora da vendere con una perdita per l’erario pari a 5,2 miliardi di euro.
Questa scandalosa pagina di mala gestio all’italiana si sarebbe potuta tranquillamente evitare, vendendo immediatamente tutto il patrimonio immobiliare degli Enti Previdenziali a valore catastale, incassando certamente almeno 12,5 miliardi di euro. Bastava prendere una calcolatrice e fare una banalissima operazione matematica: rendita catastale per 100!
Si è finito invece per privilegiare gli interessi di una cupola d’affari creando di volta in volta gli strumenti legislativi ed amministrativi del caso più idonei attraverso le assurde alchimie della finanza.
Durante questi anni, non è stata fatta alcuna politica per la casa e, oggi, lo Stato Italiano dopo aver svenduto una parte rilevante del suo patrimonio, si trova a dover riacquistare immobili per far fronte all’emergenza abitativa divenuta nel frattempo insostenibile. Si dice che in tutti gli altri paesi in cui lo Stato ha venduto il suo patrimonio immobiliare, ne abbia contemporaneamente investito i proventi in nuove abitazioni concesse poi in locazione ad equo canone, in modo da riequilibrare la domanda e l’offerta calmierando il mercato. Tutto questo in Italia non è accaduto, mentre si è svenduto al solo unico scopo di tappare le falle dei bilanci statali.
Un’esigua minoranza di cittadini, prevalentemente pensionati e lavoratori, sono stati etichettati come gli inquilini degli immobili di pregio diventando così i capri espiatori dell’intera operazione.
I fatti riepilogati nelle pagine seguenti costituiscono spunti di critica su una parte non insignificante dei conti dello Stato e di riflessione sulla scarsa ed inefficace presenza di controlli della spesa pubblica.
Il programma ordinario di cessione del 1996
Il Programma Ordinario di Cessione (POC) è varato con due circolari dell’agosto 1999 (14) dal Ministro del Lavoro Cesare Salvi: riguarda la vendita diretta di singole abitazioni ai circa 95 mila inquilini degli Enti Previdenziali pubblici. Nell’avviare il processo di vendita si doveva partire dalla vendita delle abitazioni ordinarie, da individuare in misura non inferiore al 25% del patrimonio residenziale complessivo.
L’impianto normativo è contenuto nel Dlgs del 1996 (4) che stabilisce di vendere direttamente agli inquilini al valore catastale entro il limite massimo di cinque anni, cioè entro marzo 2001. Il Legislatore aveva quindi voluto “cristallizzare il prezzo”, basandolo sulla “rendita catastale moltiplicata per cento”. Si era scelto un parametro certo ed immutabile per i cinque anni durante i quali gli Enti avrebbero dovuto vendere il loro intero patrimonio immobiliare e ciò al fine di evitare ingiuste sperequazioni tra chi avesse comprato prima e chi avesse dovuto attendere i cinque anni per comprare alle stesse condizioni l’appartamento.
In seguito, anche il Ministro del Lavoro Maroni, confermò che il programma ordinario di cessione prevedeva come criterio di determinazione del prezzo di vendita il valore catastale. Infatti, nell’audizione del 20 febbraio 2002 davanti alla Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, affermò che “la dismissione ordinaria” afferisce ad un patrimonio immobiliare di oltre 11 miliardi di Euro di valore catastale.
A distanza di nove mesi dal Dlgs del 1996, la legge finanziaria per il 1997 (5), detta le regole di vendita del patrimonio immobiliare anche per le altre Amministrazioni Pubbliche. L’intento era di estendere il novero dei Soggetti Pubblici interessati alle dismissioni immobiliari e non certo di modificare la disciplina precedente. Il criterio stabilito per la vendita delle abitazioni ordinarie è, questa volta, il prezzo di mercato al netto di una riduzione del 30%.
Benché si trattasse di due regimi completamente diversi, gli Enti Previdenziali, a seguito di esplicita indicazione ricevuta dal Ministero del Lavoro nel maggio 1997 e delle successive circolari del 1999, hanno adottato questo secondo criterio per la determinazione del prezzo.
Successivamente, sempre su indicazione del Ministro del Lavoro Salvi, fu previsto un ulteriore sconto fino al 15% qualora l’immobile fosse stato acquistato in blocco dagli inquilini attraverso forme cooperative.
Applicando questi sconti e abbandonando il criterio del valore catastale lo Stato non ci guadagnava niente, nel frattempo però, si determinava il rallentamento, se non il blocco, delle vendite dovendosi avviare tutto il complesso lavoro di valutazione degli immobili. Questo chiaramente andava a vantaggio delle grandi immobiliari. Il loro timore era costituito dal fatto che, immettere di colpo sul mercato l’enorme patrimonio pubblico, avrebbe fatto calare i prezzi con una immediata riduzione dei profitti e determinando mancate plusvalenze per gli anni successivi. Gli stessi apparati burocratici degli Enti erano contrari alla vendita perché avrebbero perso l’enorme potere di gestione del loro patrimonio immobiliare.
L’abbandono del criterio del valore catastale è stato giustificato dal fatto che si dovevano massimizzare le entrate ed evitare un ingiusto e casuale arricchimento per gli acquirenti, ma ha di fatto decretato il fallimento del programma di vendita del patrimonio immobiliare degli enti.
Con la scelta del criterio più complesso (valore di mercato), la determinazione del prezzo passa attraverso procedure lunghe, farraginose e disomogenee; infatti, la stima delle abitazioni da vendere agli inquilini ha trovato una eterogenea esecuzione. In taluni casi, le stime delle abitazioni sono state svolte dall’Ufficio Tecnico Erariale ed in altri affidate a periti esterni: da ciò sono scaturiti valori di stima disallineati, generando anche un notevole contenzioso. L’adozione del criterio di determinazione del prezzo basato sul valore di mercato, in alternativa al valore catastale, non ha arrecato quindi alcun vantaggio ai conti pubblici (il valore catastale in alcuni casi era addirittura maggiore), ma ha determinato il fallimento del programma di vendite, per i ritardi che si sono generati proprio in relazione a questa scelta. Il meccanismo adottato ha indebolito inoltre il carattere sociale pur presente nelle intenzioni del legislatore.
Il Programma Ordinario di Cessione, avviato direttamente dagli Enti a partire dal 1999 con il coordinamento dell’Osservatorio sul patrimonio (organismo che avrebbe dovuto vigilare sulle vendite) ed il monitoraggio costante del Tesoro, è stato portato avanti fino a quando, con l’emanazione della legge varata da Tremonti nel 2001 (9), il patrimonio invenduto è stato immesso nella prima cartolarizzazione. Questo primo programma di vendite termina a novembre 2001 con sole 10.683 unità immobiliari vendute e 951 milioni di euro incassati. Il valore medio di ciascuna unità alienata è stato pari a 89.020 euro.
Considerando che lo sconto medio attribuito per legge agli inquilini è stato pari al 40% circa, il patrimonio alienato, sul mercato, valeva almeno 1,5 miliardi di Euro.
Il programma straordinario di cessione del 1997
Il Programma Straordinario di Cessione (PSC) varato a marzo 1997 dal Governo Prodi I con Decreto Legge (6) prevedeva la vendita, mediante gara, di interi edifici commerciali e direzionali di proprietà degli Enti Previdenziali per “un ammontare di almeno 1,5 miliardi di euro”.
E’ proprio con l’attuazione di questo programma, che entrano in gioco gli interessi affaristici. Per lo svolgimento delle impegnative attività quali la verifica della situazione giuridica e di fatto degli immobili, la regolarizzazione catastale, la predisposizione della documentazione per la vendita, la stima delle unità immobiliari, il marketing, le aste ecc, viene scelto un advisor: il Consorzio G6.
Questo Consorzio comprendeva i due leader italiani nei rispettivi segmenti dei servizi immobiliari, Milano Centrale Spa, oggi Pirelli Real Estate Spa e Romeo Spa, oltre a Cariplo, Arthur Andersen ed altri, fra cui ABN Ambro Bank.
A gennaio 2000, fu stipulato con G6 il contratto di servizi che prevedeva il completamento delle vendite entro dieci mesi; tuttavia si verificarono alcuni slittamenti del programma, per cui nel 2001 tutti gli edifici invenduti del PSC, confluiscono all’interno della “cartolarizzazione” (SCIP 1) dopo che furono espletate solo alcune aste a prezzi irrisori.
Lo slittamento delle aste si è verificato quando vi è stata la richiesta da parte degli esercenti attività commerciali di godere di un diritto di prelazione all’acquisto. Solo dopo una lunga interlocuzione, si arrivò al varo delle prime tornate d’aste, a gennaio del 2001.
Nonostante l’attuazione del Programma Straordinario di Cessione fosse risultata molto più complessa di quanto inizialmente previsto, il suo completamento si avviava alla conclusione nei primi mesi del 2002 e, proprio quando le vendite stavano per raggiungere il picco massimo, anche il pacchetto di immobili contenuti nel piano straordinario viene trasferito all’interno della prima “cartolarizzazione” (SCIP 1) a tutto vantaggio di quest’ultima.
Durante il 2001, comunque prima del trasferimento alla SCIP, si svolsero quattro tornate d’asta con cui sono stati venduti complessivamente 74 edifici partendo da un valore base di 412 milioni di euro per chiudere ad un prezzo di aggiudicazione pari a 473 milioni di euro. Il rialzo delle aggiudicazioni, rispetto alla base d’asta nelle quattro tornate, è stato quindi solo del 15 %. Nel 2002 i rialzi sono stati ancora più bassi e le basi d’asta venivano puntualmente ribassate per la gioia dei pochi immobiliaristi e fondi immobiliari che alla fine hanno comprato a prezzi stracciati per rivendere dopo pochi mesi, realizzando enormi plusvalenze e contribuendo a far lievitare la bolla speculativa del mattone che in quegli anni vive una fase di espansione molto forte.
Introduzione alle cartolarizzazioni degli
immobili pubblici
La cartolarizzazione immobiliare è un’operazione complessa di origine anglosassone, che coinvolge vari attori. E’ una tecnica finanziaria intesa a consentire la conversione di immobili di proprietà pubblica in strumenti finanziari più facilmente collocabili sui mercati. La cartolarizzazione degli immobili degli Enti Previdenziali, realizzata in Italia, si può schematizzare come segue:
Cedenti→SCIP→Banche di investimento→→Investitori
Agenzie di rating
I cedenti - Enti Previdenziali - trasferiscono il loro portafoglio di immobili a un’entità esterna denominata società veicolo, nel nostro caso (SCIP) che ha per unico oggetto sociale la gestione dell’operazione di cartolarizzazione. Per ogni operazione vengono individuati, con decreto ministeriale, i beni immobili da trasferire alla società. Il patrimonio acquisito, separato a tutti gli effetti da quello della società veicolo e da quello di altre operazioni, (c.d. principio della “segregazione”), garantisce i portatori dei titoli, i soggetti concedenti i finanziamenti e ogni altro creditore. Quindi, la società emette obbligazioni sui mercati internazionali garantite dal valore del patrimonio immobiliare ricevuto e dal flusso di incassi attesi derivanti dalla vendita degli immobili cartolarizzati collocandole tramite una o più banche di investimento presso investitori finali. Per le obbligazioni, la classe di rischio è ufficializzata da un rating esplicitamente formulato da un’agenzia di rating internazionale (Moodys, Fitch o altre) sulla base delle caratteristiche intrinseche dei portafogli cartolarizzati.
La società veicolo versa l’importo raccolto attraverso tali operazioni, a titolo di “prezzo iniziale”, agli enti che hanno ceduto gli immobili. I soggetti cedenti sono stati nel nostro caso, espropriati dei loro beni dallo Stato, per esigenze di bilancio di quest’ultimo. I finanziatori e i sottoscrittori dei titoli obbligazionari otterranno il rimborso dei capitali da loro anticipati con gli interessi.
La SCIP rivende gli immobili avendone solo il possesso giuridico mentre continuano ad essere gestititi dagli enti ex proprietari. I flussi derivanti dalla gestione e dalla vendita degli immobili sono utilizzati per il rimborso dei titoli e per il pagamento degli interessi oltre che per gli oneri accessori, commissioni ed altri costi.
A conclusione di tutta l’operazione, la società veicolo dovrebbe versare al Ministero dell’Economia e delle Finanze, che a sua volta dovrebbe ripartila ai soggetti originari proprietari in proporzione dei patrimoni ceduti, l’eventuale e residua differenza di prezzo. Il “prezzo differito” di vendita determina il successo o il fallimento dell’operazione, perché se risulterà un prezzo differito significa che l’operazione è riuscita, altrimenti è andata male.
Il prezzo differito, quindi, rappresenta ciò che effettivamente rimarrà agli Enti dopo aver venduto gli immobili, rimborsati gli obbligazionisti e detratto tutte le spese.
Il 2001 costituisce un anno di enorme diffusione di questo strumento finanziario nel nostro paese. Con il D.L. (8), convertito con modificazioni nella legge (9) avente ad oggetto: «Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare», varato dal nuovo governo Berlusconi, si dà il via ad una nuova mega-cartolarizzazione per rendere -si disse- più rapido il procedimento di dismissione del patrimonio immobiliare pubblico.
La prima cartolarizzazione del 2001 (SCIP 1)
Con il nuovo Governo Berlusconi, il Ministro dell’Economia Tremonti avoca al suo Ministero tutti i poteri in materia di dismissioni dando il via all’era delle cartolarizzazioni immobiliari , definita da molti, della “finanza creativa”. L’obiettivo è di fare subito cassa grazie al nuovo strumento finanziario finalizzato ad anticipare il valore atteso dalle vendite future degli immobili trasferiti per decreto alla Scip S.r.l. (società veicolo).
Con il decreto del 2001 (8) parte la prima cartolarizzazione immobiliare.
SCIP 1 riguarda esclusivamente i beni di proprietà degli Enti Previdenziali già inseriti nei programmi di dismissione precedenti (POC e PSC) che non erano ancora stati venduti.
Per quanto riguardava gli immobili provenienti dal piano ordinario, quasi totalmente stimati e offerti in opzione agli inquilini, è stato stipulato tra la Scip srl, che ne è divenuta il nuovo proprietario, e gli Enti Previdenziali già proprietari, un contratto in base al quale gli Enti stessi, dovevano procedere secondo tempi prestabiliti alle vendite. Il processo di alienazione degli immobili inizia quindi nel mese di gennaio 2002 secondo i piani già elaborati e definiti grazie ai programmi delle dismissioni precedenti. In pratica, quando ormai le vendite delle unità rientranti nel POC registravano la massima accelerazione, vengono fatte confluire nella “prima cartolarizzazione”.
L’altro elemento di questa prima cartolarizzazione è costituito dagli immobili già facenti parte del piano straordinario e che furono messi all’asta procedendo secondo le linee già concepite con l’affidamento al Consorzio G6 dell’attuazione delle varie procedure di vendita.
L’operazione, definita SCIP 1, si trova con tutto il lavoro propedeutico alle vendite già completamente svolto e di conseguenza queste procedono velocemente e senza intoppi. In SCIP 1, i sette Enti Previdenziali Pubblici (ENPALS, INAIL, INPDAI, INPDAP, INPS, IPOST e IPSEMA), hanno ceduto 27.251 unità ad uso residenziale provenienti dal precedente piano ordinario e 262 interi edifici ad uso commerciale provenienti dal precedente piano straordinario.
Il valore di mercato lordo complessivo era pari a 5,1 miliardi di euro. Per calcolare il valore effettivo di vendita di tali beni si deve tuttavia considerare che per gli immobili residenziali la legge prevedeva la concessione di uno sconto del 30% agli inquilini, cui si aggiungeva un ulteriore abbattimento del prezzo fino al 15%, nel caso in cui questi avessero acquistato l’intero edificio. Pertanto il valore di offerta in vendita è stato poi rideterminato dal Ministero in 3,8 miliardi di euro, come si vede dal grafico seguente.
La ripartizione per ente del portafoglio SCIP 1, per la parte proveniente dal POC, sia in termini di unità che in termini percentuali può essere schematizzata come segue:
In sintesi, a fronte di un patrimonio inizialmente valutato in 5,1 miliardi di euro sono stati incassati 2,3 miliardi di euro mediante i titoli emessi dalla S.c.i.p. S.r.l. nel dicembre 2001 e di cui solo 2,2 miliardi di euro sono stati accreditati effettivamente al bilancio dello Stato.
In data 1 marzo 2009, data in cui si è chiusa anticipatamente l'operazione, il residuo patrimonio immobiliare di SCIP 1, valutato dall' Agenzia del Territorio 257,6 milioni di euro, è stato trasferito ai sensi del (12 bis), agli Enti originariamente proprietari, senza versamento di corrispettivo, essendo stato oggetto di svalutazione già nel bilancio 2008.
In data 31 marzo 2009, la società Scip S.r.l. ha versato in nome e per conto degli Enti originariamente proprietari, in apposito capitolo di entrata del bilancio dello Stato, tutte le somme presenti sul conto riscossione della società stessa relativo all'operazione SCIP 1.
Questo tesoretto, pari a poco più di 1.460 milioni di euro è stato successivamente trasferito in apposito capitolo di spesa per essere poi versato alla Società in data 15 aprile 2009, in nome e per conto degli enti originari proprietari, al fine di estinguere le falle dell'operazione SCIP 2 che hanno determinato la decisione del Ministro Tremonti, di mettere in liquidazione la società.
Quindi i soldi che SCIP 1 aveva in cassa e che sarebbero dovuti andare agli Enti originari proprietari sono serviti per rimediare al fallimento della seconda operazione SCIP2.
La seconda cartolarizzazione del 2002 (SCIP 2)
Con l’operazione SCIP 2, definita dal prof. Tremonti “la più grande cartolarizzazione immobiliare fatta da uno Stato Europeo”, si è di fatto privatizzata la totalità degli immobili ad uso residenziale di proprietà dei sette Enti previdenziali coinvolti e lo Stato, i quali, hanno ceduto alla SCIP S.r.l. un patrimonio immobiliare così suddiviso:
La ripartizione del relativo portafoglio di SCIP 2, suddiviso per ente e per area geografica sia in termini d’unità che in termini percentuali può essere schematizzato come segue:
Il valore complessivo del portafoglio determinato dall’Agenzia del Territorio e confermato dalla Patrigest S.p.a. del gruppo Gabetti, è pari, al netto degli sconti massimi previsti per legge, a circa 7.797 milioni di euro. Per risalire al valore lordo del portafoglio, bisogna considerare quindi lo sconto medio previsto dalla legge per inquilini degli immobili residenziali. Pertanto nel 2002 il patrimonio di SCIP 2 si aggirava su un valore di mercato pari a circa 11.145 milioni di euro.
La gestione degli immobili fino alla rivendita è stata affidata, anche in questo caso, ai precedenti proprietari per gli immobili ad uso abitativo, ed al nuovo Consorzio formato da Fintecna e Lazard Real Estate, per gli immobili ad uso commerciale. La remunerazione ai venditori è stabilita su base commissionale e parametrata agli effettivi risultati delle vendite mentre la gestione viene remunerata in percentuale agli affitti percepiti.
In sintesi, a fronte di un patrimonio inizialmente stimato 11,1 miliardi di euro sono stati incassati 6,7 miliardi mediante i titoli emessi dalla SCIP. S.r.l., di cui solo 6,6 sono stati accreditati effettivamente al bilancio dello Stato.
A febbraio 2009, data della messa in liquidazione della Scip e del conseguente passaggio di tutto il patrimonio invenduto agli enti originari proprietari, era stato venduto solo il 75,40% del portafoglio e, delle 62.880 unità iniziali, ne rimanevano ancora da vendere 15.466.
Scip 2 si è rilevata quindi un fallimento rispetto alle attese e poiché si è visto che gli incassi erano inferiori a quanto previsto, a tutto discapito dei conti del veicolo e conseguentemente dell’Erario, il Ministro Tremonti ha deciso di chiuderla preventivamente mettendola in liquidazione con un meccanismo che verrà analizzato in seguito. A febbraio 2007, l’agenzia di rating Fitch aveva declassato i titoli della serie B2 ritenendo che il portafoglio valeva in realtà molto meno di quanto dichiarato dal Mef.
Tutti i risultati dei bilanci dell’operazione sono stati fortemente negativi e tra i costi sostenuti si scoprono anche quelli di un contratto Swap stipulato con la motivazione di coprire il rischio di tasso derivante dal disallineamento con un tasso annuo fisso. Questo contratto che appartiene alla rischiosa famiglia dei derivati ha incrementato enormemente i costi dell’intera operazione. SCIP 2, già compromessa per i ritardi accumulati nelle vendite e per un portafoglio sopravvalutato, ha dovuto sopportare dunque un ulteriore incalcolabile rischio.
Dal bilancio chiuso al 31 dicembre 2009 si evidenzia che il patrimonio immobiliare residuo all'inizio dell'esercizio 2009, pari ad euro 1.850 milioni di euro, è stato oggetto di cessione per un valore pari ad euro 123 milioni a seguito di vendite perfezionatesi nei primi mesi del 2009 e il restante patrimonio, valutato dall'Agenzia del territorio 2.175 milioni di euro ma che già nel 2008 è stato oggetto di svalutazione per 421 milioni di euro, è stato trasferito in data 1 marzo 2009, agli enti originari proprietari, per un prezzo pari ad 1.726 milioni di euro.
Quale corrispettivo per il trasferimento del patrimonio immobiliare agli Enti, SCIP 2 ha ricevuto 1.460 milioni di euro da apposito capitolo di spesa dello Stato (provenienti da SCIP 1) e 263 milioni di euro dagli stessi Enti.
Alla fine gli enti fanno dovuto sborsare 263 milioni per ripianare i debiti dell'operazione.
Il fallimento delle cartolarizzazioni
Tra SCIP 1 e SCIP 2 sono state cartolarizzate 77.096 unità immobiliari residenziali locate su un totale di 90.393 unità complessive iniziali.
Il valore di mercato di tutto il patrimonio cartolarizzato era pari a 16,2 miliardi di euro ma poi è stato offerto in vendita a 11,6 miliardi di euro, considerando gli sconti di legge concessi agli inquilini.
Sommando le voci dell’ultimo bilancio disponibile al 31 dicembre 2008 dei patrimoni SCIP 1 e SCIP 2, si ricavano i seguenti dati:
Tenendo conto dei costi complessivi che si sarebbero dovuti sostenere fino al termine dell’operazione e del fatto che il valore del patrimonio appostato in bilancio sarebbe stato di difficile realizzazione e che quindi sarebbe stato impossibile far fronte alle scadenze previste dal piano di rimborso dei titoli sottoscritti con gli investitori istituzionali, il Governo, per evitare una figuraccia internazionale, ha pensato bene di traslare il problema sugli enti originari proprietari obbligandoli per legge a riacquistare tutto il patrimonio invenduto della S.c.i.p.
Dunque, dal 01 marzo 2009, a seguito dell’approvazione di un articolo (43-bis), inserito dal Governo nel cosiddetto decreto milleproroghe (12bis), sono stati posti in liquidazione i patrimoni separati di S.c.i.p. S.r.l. (SCIP 1 e SCIP 2) trasferendo tutti i beni immobili invenduti ai 7 enti previdenziali originariamente proprietari degli stessi i quali hanno dovuto rinunciare a ripartirsi pro quota il tesoretto della SCIP 1 e in più hanno dovuto sborsare altri 265,8 milioni di euro.
Il loro compito è di completare la vendita del patrimonio immobiliare pubblico alienandolo agli inquilini, spesso morosi o protagonisti di azioni giudiziarie, o collocati in quartieri poco appetibili. Per non parlare dell'enorme invenduto, che riguarda prevalentemente uffici, negozi e box. che Scip non è riuscita a piazzare sul mercato dal 2002 alla data di entrata in vigore del provvedimento. Un compito che per gli Enti è sicuramente non facile.
A conti fatti, la perdita subita dallo Stato per effetto delle cartolarizzazioni è stata comunque pari a 5,2 miliardi di euro se si considera come valore iniziale il valore di mercato dei patrimoni cartolarizzati.
Valore di mercato iniziale del patrimonio SCIP 1+ SCIP 2 |
16.244.919.224 |
INCASSO per lo Stato e gli Enti cedenti (SCIP 1) |
2.194.448.582 |
INCASSO per lo Stato e gli Enti cedenti (SCIP 2) |
6.627.552.985 |
Valore del portafoglio residuo (SCIP 1 + SCIP 2) |
2.426.152.222 |
Costo rimasto a carico degli Enti x chiusura SCIP (disponibilità liquide di Scip 1: 1.460.438.151- debiti finali Scip 2:1.726.323389)
|
265.885.238 |
PERDITA PER L'ERARIO |
5.262.650.673 |
La grande svendita
Sommando i risultati dei piani di dismissione fin qui esaminati: POC, PSC e Cartolarizzazioni, si può notare che a fronte di un patrimonio complessivo iniziale, pari a 18,1 miliardi di euro, non si sono ancora realizzate le vendite di una fetta di patrimonio immobiliare il cui valore ammonta a 2,4 miliardi di euro mentre nelle casse dello Stato, dal 1996 al 2009, sono entrati effettivamente solo 10 miliardi. A distanza di 14 anni si scopre quindi che la perdita complessiva per l’Erario è stata pari a circa 6 miliardi di Euro.
Siamo addirittura ad un livello di entrate effettive per il bilancio dello Stato molto inferiore ai 12,5 miliardi di euro che si sarebbero potuti incassare subito se si fosse scelto di vendere a valore catastale e non di mercato. La cifra fu indicata il 20 febbraio 2002 dall’allora Ministro del Lavoro Maroni alla commissione Parlamentare di controllo degli Enti Previdenziali Pubblici e corrispondeva a 11 miliardi di Euro di valore catastale per la dismissione ordinaria e circa 1,5 miliardi di Euro per quella straordinaria.
Le stime indicate dal Ministro Maroni per complessivi 12,5 miliardi di euro, erano al valore catastale e questo a conferma del fatto che, se si fosse venduto secondo l'originario criterio della rendita catastale moltiplicata cento, il patrimonio degli Enti Previdenziali sarebbe stato facilmente ed immediatamente alienato facendo, tra l’altro incassare allo Stato circa 2,5 miliardi di euro in più rispetto a quanto incassato in questi 14 anni.
Invece di incassare subito 12,5 miliardi di Euro, si è scelto di dar vita a dei programmi di vendita basati sul valore di mercato degli immobili su cui sono stati comunque concessi sconti consistenti agli inquilini.
Il risultato è che in 14 anni il bilancio statale ha beneficiato effettivamente solo di 10 miliardi di Euro e non si è ancora completata la vendita di una consistente fetta di patrimonio.
Si è preferito quindi alimentare un sistema in cui ci hanno guadagnato tutti tranne uno, lo Stato.
SCIPpopoli
Chi guadagna con le cartolarizzazioni
Ouroborus – Serpente carnivoro di immobili pubblici
I Capitali investiti nei titoli della S.c.i.p. S.r.l.
Le altre operazioni finanziarie
Costi e ombre della SCIP
La strategia affaristica delle immobiliari
Il ritardo delle vendite in SCIP 2
La denuncia della Corte dei Conti
L’incomodo osservatorio
Tentativi di incursioni aeree dall’Alto
SCIP 2 ( la nuova Parmalat)
L’ammaliatrice và in pensione
Conclusioni
Chi guadagna con le cartolarizzazioni
Chi guadagna allora con le cartolarizzazioni? Semplice, basta fare l’elenco dei soggetti che ruotano intorno all’operazione:
Le Banche, che si occupano della strutturazione dell’operazione e del collocamento dei titoli presso gli investitori, lucrano sulle moltissime e costose commissioni e intermediazioni, sulla gestione dei titoli, sulle convenzioni relative ai contratti di mutuo ipotecari e, infine, sugli irrinunciabili contratti Swap;
I capitalisti finanziari che lucrano sui redditizi e sicuri titoli della S.c.i.p. S.r.l., impiegando denaro tramite gli investitori ufficiali e/od operatori qualificati operanti all’estero;
Le agenzie di rating internazionali che vengono pagate dallo stesso soggetto che dovrebbero sottoporre ad un controllo più attento;
Le grandi agenzie immobiliari che, pagate per la valutazione del patrimonio immobiliare e per la gestione delle aste pubbliche, oltre a garantirsi un grande business, acquisiscono una peculiare conoscenza degli immobili tanto da poter favorire i più diversi appetiti;
Gli immobiliaristi che, ricevute le informazioni giuste, acquistano in gara le unità immobiliari libere, le ristrutturano e lucrano poi, rivendendole con rilevanti plusvalenze o affittandole ai canoni correnti di mercato;
Gli studi legali di calibro internazionale che seguono le cartolarizzazioni di ogni genere, istituendo presso i partner italiani appositi dipartimenti di finanza pubblica.
Funzionari Pubblici che operando nelle articolazioni di potere della Pubblica Amministrazione, partecipano in ogni caso alla gestione delle operazioni di cartolarizzazione, in altri termini reggono il sacco.
Tutti i soggetti impegnati nelle complesse operazioni finanziarie decise certamente non per gli interessi di Finanza Pubblica ma per creare fonti di lucro, lasciando l’Amministrazione, sostanzialmente, deresponsabilizzata essendo stati esternalizzati tutti i centri di decisione.
E’ forse questo il motivo per cui nel nostro Paese il ricorso alle cartolarizzazioni, dai crediti agli immobili, ha raggiunto livelli record in Europa. Hanno guadagnato tutti. Attraverso una normativa fortemente voluta dalle lobby affaristiche con queste operazioni si è contribuito ad impoverire il Paese. Gran parte del patrimonio immobiliare è stato svenduto e i proventi non sono stati investiti ma utilizzati per tamponare le falle del bilancio statale.
E lo Stato? Non ha guadagnato niente, ci ha rimesso.
Ouroborus
Serpente carnivoro di immobili pubblici
Il mito
La S.c.i.p. - meglio conosciuta come Serpente Carnivoro di Immobili Pubblici - emette il suo primo vagito il 23 novembre 2001, in un’attrezzata sala parto romana di Largo Nicola Spinelli n. 5. Al momento del concepimento è presente una giovane coppia di avvocati che interviene per rivendicare la paternità della neonata e apparentemente innocua creatura in nome e per conto dei suoi genitori Olandesi.
Già al suo primo vagito la nuova arrivata non capisce perché il papà e la mamma abbiano scelto di farla nascere “in vitro”, non assistendo nemmeno di persona al lieto evento. Inizia subito a chiedersi se quelli che stanno in Olanda siano veramente i suoi genitori naturali. La verità è che si tratta solo dei suoi genitori adottivi che, per motivi di lavoro, risiedono ad Amsterdam, ma, nonostante la lontananza, le fanno recapitare una confortevole culletta in Via Bertoloni 44, dove la piccola rimane fino a quando non diventa più grandicella e le viene messo a disposizione un grazioso monolocale in Via Eleonora Duse 53, nell’elegante quartiere romano dei Parioli.
La capitale viene scelta per non far perdere alla piccola il legame con le sue origini naturali che, con il tempo, finirà per scoprire ed apprezzare. Infatti, i suoi genitori naturali subito dopo la nascita, per rimediare ai sensi di colpa, le “regalano” un piccolo patrimonio, per le prime necessità. Si tratta però di un patrimonio immobiliare che avevano “scippato”.
La creatura cresce e diventa sempre più ingorda iniziando ad assumere strane sembianze, tanto che costringe i genitori naturali a commettere un secondo “Scippo”, molto più grosso del precedente, ma, sempre della stessa natura. A lei piacciono esclusivamente gli immobili degli Enti Previdenziali e questa volta viene accontentata alla grande. Solo allora, si scopre la sua vera natura: un serpente insaziabile che finisce per mangiarsi la coda. Se vogliamo usare una metafora potremmo paragonare la Scip srl all’ Ouroborus, il serpente mitologico, che si mangia la coda e che rappresenta appunto “l’infinito” un cerchio senza nè inizio nè fine. Ma la domanda permane.
Chi mangia la coda della Scip srl per autoalimentarsi?
I soci
I controlli
I Capitali investiti nei titoli della S.c.i.p. S.r.l.
La S.c.i.p. S.r.l., attraverso le banche, ha collocato i titoli sul mercato finanziario olandese. Il mercato del Lussemburgo presenta diversi vantaggi per un investitore: opera velocemente, non chiede troppe informazioni, garantisce l’esenzione fiscale per i non residenti. E’ uno dei paradisi fiscali europei e può anche essere il luogo più conveniente per anonimi investitori o per un gruppo di amici ai quali può esser stato consigliato un investimento garantito e conveniente.
I titoli Scip 1
Vediamo allora a quanto ammontano questi capitali investiti. Nella prima operazione di cartolarizzazione SCIP 1 gli enti previdenziali hanno ceduto alla società veicolo un portafoglio immobiliare costituito da 27.250 unità residenziali e 262 unità commerciali per un valore lordo complessivo pari a 5,1 miliardi di euro.
A fronte della cessione degli immobili la società ha corrisposto agli Enti il ricavo, al netto delle spese, di due emissioni di titoli, entrambe con rating tripla "A" attribuito da tre agenzie di rating (Fitch Ratings, Moody’s e Standard & Poor’s), rispettivamente di 1 e 1,3 miliardi di euro. Per entrambe le serie, la scadenza legale, in altre parole la data ultima per il rimborso nella previsione delle agenzie di rating, è stata fissata al dicembre 2005.
Le scadenze attese, sono state invece fissate, rispettivamente, a dicembre del 2002 e a dicembre del 2003. La remunerazione per gli investitori è stata determinata, in base alle richieste degli stessi, rispettivamente nello 0,17% e 0,22% di maggiorazione sul tasso interbancario Euribor. L’operazione è stata strutturata e collocata da un consorzio formato da Banca IMI, Banca Intesa, Deutsche Bank e Lehman Brother.
I titoli Scip 2
Nella seconda operazione di cartolarizzazione degli immobili pubblici, i sette enti previdenziali e lo Stato hanno ceduto alla società veicolo un portafoglio immobiliare costituito da 53.241 unità a carattere residenziale e 9.639 unità ad uso commerciale, per un valore di offerta, al lordo degli sconti di legge, prossimo agli 11,1 miliardi di euro.
A fronte di tale portafoglio, la società ha emesso titoli per un totale di 6.637 milioni di euro, suddivisi in cinque emissioni di cui tre corrispondenti a 5.243 milioni con rating di tripla "A" e due rispettivamente pari a 845 milioni con rating di doppia A e 536 milioni con rating di singola A. La scadenza legale è stata fissata, per le varie tranche, tra aprile 2006 e ottobre 2008 mentre la scadenza attesa è stata fissata tra aprile 2004 e ottobre 2006. La remunerazione per gli investitori è stata, anche questa volta, determinata in base alle richieste degli stessi, con una maggiorazione sul tasso interbancario Euribor dello 0,20%, 0,27% e 0,32% rispettivamente per le tre tranche tripla A, dello 0,65% per la tranche doppia A e dell’1,17% per la tranche singola A. L’operazione è stata strutturata e collocata da un consorzio formato dalle banche: ABN AMRO, BNL, JP Morgan e SSSB.
I titoli in scadenza a ottobre 2008 non sono stati pagati e per questo il Ministero, a gennaio 2009 ha dato mandato a Mediobanca di capire se c'erano gli estremi per una ristrutturazione di Scip2, allo studio legale DS&P per la due diligence legale (costato 341.000 euro) e alla società di cunsulenza Reag per capire il reale valore degli immobili invenduti costato 120.000 euro).
La risposta è stata semplice ed immediata: bisogna chiudere la S.c.i.p. e rimborsare immediatamente il capitale a che ha prestato i soldi alla Società.
Detto fatti, in data 27 aprile 2009, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 43 bis (decreto milleproroghe), sono stati rimborsati tutti i titoli residui che sono costati ben 852 milioni di euro per interessi.
Le altre operazioni finanziarie
I contratti Swap
Fino al 2004 la S.c.i.p. S.r.l. aveva un contratto di Interest Rate Swap con ABN AMRO Bank N.V., Citibank N.A. e JPMorgan Chase Bank, al fine di coprire il rischio dei tassi derivante dal disallineamento tra un tasso annuo fisso rispettivamente pari al 4.3540% - 4.3585% ed i flussi di interessi passivi sulle Notes.
SCIP 2 ha avuto anche un contratto d’interest Rate Swap, sottoscritto con Barclays Bank Plc e UBS Limited, London Branch per coprire il rischio di tasso derivante dal disallineamento fra un tasso annuo fisso rispettivamente pari al 3.924% - 3.9275% ed i flussi di interessi passivi sulle Notes.
I contratti Swap sono strumenti complessi e rischiosi, dove, di solito, le banche che li propongono lucrano profitti abnormi e chi li sottoscrive perde tutto, a meno che non sia un mago dell’alta finanza. Come vedremo in seguito, il dott. Burrows, benché inglese, si è fatto fregare un bel po’ di milioni di euro. Ma tanto, non sono mica suoi! a consunti questo contratto, chiuso anch'esso in data 27 aprile 2009, è finito per costare 304 milioni di euro.
Il prestito ponte
Nei bilanci sono risultati iscritti finanziamenti per un valore nominale di 800 milioni di euro, corrispondenti agli importi erogati il 24 aprile 2004 - per far fronte ai pagamenti dovuti dalla SCIP S.r.l. dei titoli in scadenza il giorno 26 dello stesso mese - da Banca Opi S.p.a e dalla Banca ACS Depfa rispettivamente per 400 milioni. Si dovette ricorrere ad un prestito per riportare in equilibrio l'intera operazione e per evitare giudizi negativi da parte delle agenzie di rating. Il rimborso integrale dell’importo dei finanziamenti ricevuti e degli interessi, dovuti al tasso del 3,8942% annuo, dovevano essere eseguiti in un’unica soluzione ad aprile 2009. Nel caso in cui la società, alla data prevista per il rimborso, per qualsiasi motivo non aver dovuto procedere all’integrale rimborso dei finanziamenti e degli interessi maturati, il pagamento di tali importi sarebbe stato effettuato direttamente dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, in forza della garanzia autonoma, incondizionata ed esigibile, a semplice richiesta che a suo tempo è stata rilasciata.
Anche qui, una bella rendita sicura e garantita. Le due banche sono state chiamate, in tutta fretta, a soccorrere la S.c.i.p. S.r.l. da una figuraccia internazione. Se non fossero intervenute, attraverso il finanziamento, il rimborso dei titoli in scadenza non sarebbe stato onorato e l’Italia avrebbe corso un enorme rischio. In poche parole, interessi su interessi.
Il conto finale, dopo che anche il valore nominale del finanziamento è stato rimborsato in data 27 aprile 2009, è stato di 156 milioni di euro.
La ristrutturazione di Scip 2
Ad aprile 2005, la S.c.i.p. S.r.l. - sempre per far fronte alle difficoltà di rimborso dei titoli in scadenza ed evitare declassamenti da parte della agenzie di rating - è stata autorizzata a ristrutturare il proprio debito mediante l’emissione di tre nuove serie di titoli per un ammontare pari a 4.370 milioni, anche se poi l’emissione finale da parte della Società veicolo si è conclusa con tre nuove serie di titoli per un totale di 4.600 milioni.
Il ricavato dell’emissione è affluito direttamente sul conto corrente di tesoreria intestato alla società ed ha rigenerato la liquidità di cassa a beneficio, in via prioritaria, dei portatori dei titoli preesistenti, in altre parole di quelli in scadenza il 26 aprile 2005, ai quali, è stato contestualmente garantito il rimborso. Gli investitori si sono quindi garantiti un rendita di tutto rispetto che la S.c.i.p. S.r.l., ha sempre pagato insieme al capitale. Chiaramente, più l’operazione è durata e più gli investitori hanno guadagnato.
Costi ed ombre della S.c.i.p.
Il 31 dicembre 2009 è stata la data del primo bilancio della S.c.i.p. S.r.l. dopo la chiusura di SCIP 2 e quindi la data in cui si può fare piena luce su tutti i costi sostenuti durante la vita dell'operazione.
Il totale dei costi, della sola operazione SCIP2, ricavato dai bilanci a partire dal 2002, è di 1,8 miliardi di Euro complessivi. Somma rilevantissima perché corrisponde a poco meno di un terzo degli incassi che nel frattempo si sono generati con le vendite.
Tra i costi sostenuti spiccano gli interessi passivi sui titoli pagati agli investitori, ai quali sono stati pagati interessi per ben 852 milioni di euro.
Hanno inciso enormemente anche i costi sostenuti per il contratto “Swap” il cui saldo negativo per l’operazione è di 304 milioni di euro. Questo contratto, sottoscritto con la motivazione di coprire il rischio di tasso, ha in realtà incrementato enormemente i costi dell’intera operazione.
SCIP 2, già compromessa per i ritardi accumulati nelle vendite, ha dovuto quindi sopportare un ulteriore rilevante costo esponendosi ad un rischio elevatissimo venuto meno solo con la fine anticipata dell'operazione.
Gli “Swap”, si sa, fanno parte della famiglia dei derivati (la stessa dei derivati emessi sui mutui subprime che hanno messo in crisi le borse di mezzo mondo) e si chiamano così perché derivano il loro valore da variabili esterne. Sono strumenti complessi e rischiosi dove chi ne sa di più lucra profitti abnormi e chi ne sa di meno perde sempre e pare che in Italia non si sia potuto proprio fare a meno dei derivati che non hanno lasciato fuori nessuno, dalla grande Regione al piccolo Comune di montagna.
Risaltano inoltre gli interessi passivi su finanziamento, per 156 milioni di euro, relativi al prestito ponte fatto ad aprile 2004 di 800 milioni garantiti dal Mef.
La durata prevista del piano di dismissione degli immobili doveva essere inferiore a 4 anni. La scadenza “attesa” delle varie tipologie di titoli emessi era compresa tra aprile 2004 ed ottobre 2006, ma poiché i 4 anni potevano non essere sufficienti, come poi si è verificato, le scadenze “attese” sono state variate e spostate in avanti a ottobre 2008 e gennaio 2009. Più durava l’operazione più naturalmente lievitavano gli interessi da pagare. Solo gli interessi passivi sui titoli emessi ammontano a circa il 50% dei costi totali, una “cifra enorme”.
La verità è che non ci si è mai chiesti realmente quanto stesse costando l’intera operazione e solo quando ormai era troppo tardi ci si è resi conto del danno economico che questa mega-operazione finanziaria ha prodotto per lo Stato Italiano.
Per di più hanno inciso sui costi anche gli acquisti alle aste degli appartamenti liberi da parte della Fintecna Spa, partecipata al 100% dal Tesoro, che è dovuta intervenire per acquistare una buona parte dell'invenduto. In sostanza, è il Ministero stesso che ha riacquistato gli immobili già cartolarizzati, ovvero, vendendo gli immobili direttamente a se stesso. Come dire al danno la beffa!
Ma a far lievitare i costi, hanno contribuito molto anche le commissioni e le intermediazioni bancarie per il collocamento dei titoli, nonché i costi delle consulenze amministrative, dei compensi ai professionisti e ai rinomati studi legali nonchè agli esperti del programma.
Nel bilancio chiuso al 31 dicembre 2009 sono state elencate tutte le voci dei rapporti contrattuali direttamente connessi con l'operazione SCIP 2 e con la sua chiusura:
City Global Market Limited - UBS Investment Banking - Deutsche Bank AG London- Mediobanca Di Credito Finanziario S.p.a. (importo totale dovuto pari a Euro 960.000) che hanno svolto l'incarico di arranger per la ipotizzata realizzazione di interventi finanziari mirati al miglioramento della performance dell'operazione SCIP 2;
REAG - Real Estate Advisory Group (importo dovuto pari ad Euro 120.000) ha svolto l'incarico di valutazione in modalità cosiddette "desktop" del patrimonio immobiliare relativo all'operazione SCIP 2;
KPMG Advisory S.p.a. (importo dovuto pari ad euro 348.000) ha svolto l'attività di riconciliazione dei dati relativi al portafoglio immobiliare e di aggiornamento del data base immobiliare residuo alla data del 31 ottobre 2008;
Agenzia del territorio (importo dovuto pari ad Euro 480.000), già incaricata di determinare il prezzo di vendita di ciascun immobile relativo a SCIP 2, ha effettuato una valutazione in modalità "desktop" di tutti gli immobili residui al fine di riscontrare la valutazione effettuata da REAG;
Studio legale Delli Santi e Associati e DS&P Centro studi S.r.l. (importo complessivo dovuto pari ad Euro 340.875) hanno elaborato, oltre alle schede di valutazione degli immobili, un documento indicante le criticità riscontrate e le proposte migliorative del procedimento di vendita immobiliare.
Si aggiungono a quanto elencato altri 440.090 Euro di costi sostenuti ed accantonati per consulenze legali afferenti procedimenti giudiziali e controversie.
E’ rilevante il fatto che da parte della Corte dei conti si sia svolta un’indagine conoscitiva sulla valenza, la gestione e la dismissione del patrimonio immobiliare degli Enti Previdenziali Pubblici, relativa in particolare ai vantaggi e ai costi connessi”.
La Corte dei Conti, nella sua prima relazione di aprile 2006, ha sostanzialmente bocciato le cartolarizzazioni.
“Le cartolarizzazioni effettuate dallo Stato, avrebbero potuto essere strumenti di gestione economica dei beni pubblici e, invece, sono servite unicamente a «far rapidamente cassa». L’urgenza di ridurre l’indebitamento netto e il debito ha fatto sì che fosse trascurata l’accurata analisi dei costi e dei benefici e la trasparenza dei meccanismi con un ricorso massiccio alla “sovracollateralizzazione e all’outsourcing.”.
La prima perplessità sollevata dalla Corte dei Conti riguarda lo scopo “reale” delle dismissioni: «l’obiettivo di fondo dichiarato era quello di voler alienare gli attivi il cui costo di detenzione risultasse superiore ai vantaggi ricavabili dalla loro cessione», è scritto nell’indagine, ma l’unico obiettivo «realmente perseguito», e in tempi stretti, è stato quello di «contribuire al rispetto degli obblighi imposti dal patto europeo di stabilità, in presenza della progressiva contrazione dell’avanzo primario» e della scelta di contenere la pressione fiscale e ridurre la spesa pubblica in misura non strutturale.
La fretta è stata quindi cattiva consigliera. Oltre ad accrescere in alcuni casi i costi del ricorso alle banche, alle consulenze e all’esternalizzazione, secondo i Magistrati contabili, si è finito con l’alienare gli attivi di più agevole dismissione piuttosto che quelli la cui detenzione risultava meno vantaggiosa della cessione.
L’indagine evidenzia poi che la scelta degli attivi da dismettere sarebbe «solo parzialmente avvenuta in conformità a criteri di razionalità e di imparzialità».
La Corte dei Conti bacchetta il Ministero del Tesoro perchè avrebbe dovuto «fugare i molti dubbi e i molti equivoci che hanno accompagnato le operazioni di cartolarizzazione, nell’interesse primario delle stesse amministrazioni». Afferma inoltre che “la mancanza di un adeguato sistema di monitoraggio dei costi e dei risultati non ha consentito di stabilire in quale misura le cartolarizzazioni hanno realizzato miglioramenti in termini di rapporto costi/benefici”.
La magistratura contabile riconosce che l’esternalizzazione è stata indispensabile per progettare, promuovere, organizzare e gestire operazioni così complesse di cui l’amministrazione non aveva esperienza, ma ha criticato che la pubblica amministrazione sia rimasta estranea ai processi decisionali di cartolarizzazione.
La Corte dei Conti, a febbraio 2007, ha espresso una censura ancora più forte, riguardo ai conflitti d'interesse, ossia alle “possibili patologie connesse all'eventuale passaggio nel mondo dei contractors di persone che abbiano avuto responsabilità di gestione amministrativo-politica nella cessione degli attivi pubblici” e, scrive la Corte,” qualche caso di successivo inserimento nel mondo degli operatori finanziari internazionali di persone che avevano avuto responsabilità amministrativo-politiche di primo piano nella decisione e nella gestione delle operazioni di cartolarizzazione va registrato anche nell'esperienza del nostro paese”.
Sono queste le conclusioni principali di un’indagine a tutto campo condotta dalla Corte dei Conti sulle operazioni di cartolarizzazione effettuate dallo Stato tra il 1999 e il 2007.
Sarà un caso, allora, che l’ex Ministro dell’Economia e delle Finanze, Domenico Siniscalco, subentrato al suo predecessore solo per pochi mesi, sia tornato nei suoi uffici Londinesi della Mogan Stanley appena dopo aver varato l’operazione denominata Fip (Fondo Immobili Pubblici)?
Il fondo comune immobiliare voluto da Siniscalco, del valore complessivo di 4 miliardi di euro, riguarda gli immobili strumentali di proprietà degli enti previdenziali e dello Stato, comprese alcune caserme della Guardia di finanza. Con questa nuova operazione - evidentemente tenuta già pronta nel cassetto - gli Enti previdenziali sono stati “scippati” di una parte dei loro immobili strumentali, in cui avevano le sedi principali delle loro stesse attività e costretti a dover pagare l’affitto. Anche quest’operazione ha generato sul nascere un contenzioso enorme tutto interno alla Pubblica Amministrazione.
I rapporti tra politica e Finanza sono molto delicati perché, nel nostro paese, quando vengono a contatto si possono sviluppare commistioni di interessi.
Non è un caso quindi che le più grandi e importanti banche d’affari internazionali cooptino persone con incarichi di alta amministrazione o che viceversa, nelle amministrazioni pubbliche, incarichi di alta responsabilità vengano affidati a uomini provenienti sempre dalle banche d’affari.
La strategia affaristica delle immobiliari
A giugno 2001, mentre erano in corso le vendite degli immobili, il nuovo Governo blocca le operazioni, accusando le Amministrazioni degli Enti di ritardi e di inefficienze e di aver avuto nel corso degli anni una redditività del patrimonio immobiliare pari a zero.
Il Ministro Tremonti - per ridurre il debito pubblico e per rispettare i parametri di Maastricht - sostenendone la necessità, l’urgenza e la convenienza, scommette sulle cartolarizzazioni immobiliari e mette a punto una nuova normativa il cui testo sembra scritto da un comitato d’affari di Banche e Immobiliari coordinato dal suo Ministero attraverso un gruppo di consulenti ed esperti.
Per prima cosa, il Governo stabilisce che tutto il patrimonio immobiliare degli Enti (anche quello già individuato e pronto per il rogito notarile) deve essere cartolarizzato con operazioni finanziarie delegate completamente al Ministro dell’Economia tagliando fuori il Ministero del Lavoro.
A metà marzo 2003, viene anche soppresso l’Osservatorio sul Patrimonio Immobiliare degli Enti Previdenziali, istituito presso il Ministero del Lavoro per il coordinamento e il controllo dei programmi di vendita.
Millantando una convenienza per la finanza pubblica, il Governo sottrae di fatto la proprietà immobiliare agli Enti per trasferirla alla S.c.i.p. S.r.l.
La cartolarizzazione consente al Governo di fare subito cassa e alle Imprese Immobiliari, riunite in consorzio, di mettere le mani sulla parte commerciabile del patrimonio in vendita. Infatti, per le Immobiliari che ben conoscono il sistema delle aste è già interessante partire con la gestione delle vendite di alloggi e unità commerciali libere.
Le vendite con procedura d’asta vengono gestite all’interno degli stessi Consorzi, che modificando di volta in volta le stesse procedure “fanno soldi a palate”. Insomma, sono gli anni in cui anche i furbetti del quartierino, accumulano grande liquidità per le successive operazioni che li portano prima alla ribalta e poi inquisiti. Nelle mire degli immobiliaristi vecchi e nuovi c’erano anche le case cosiddette di pregio quasi tutte occupate, ubicate nelle zone centrali delle città.
Insomma, con le cartolarizzazioni lo Stato ha messo sul mercato un patrimonio immobiliare stimato complessivamente in circa 16,5 miliardi di euro. Se una buona fetta è stata comprata dagli inquilini con gli sconti, anche per gli immobiliaristi molti buoni affari non sono mancati.
Allo sciacallaggio partecipano tutti, dai re del mattone fino ai palazzinari e, dopo i grandi affari fatti con Scip, quelli che non finiscono inquisiti, aspettano bramosi le prime mosse di Investire Immobiliare, la società che gestisce il FIP (Fondo Immobili Pubblici) fortemente voluto dal Ministro dell'Economia Domenico Siniscalco. Dentro ci sono pezzi unici, roba da scatenare gli appetiti degli immobiliaristi delle vecchie e nuove cordate.
Insomma, un gran bel business all’Italiana.
I ritardi accumulati nelle vendite SCIP 2
A distanza di 7 anni dall’avvio della seconda operazione di cartolarizzazione il portafoglio immobili ancora da vendere, al 28 febbraio 2010, risulta costituito da 15.466 unità delle 62.880 iniziali. Pertanto, è stato venduto solo il 75,40% delle unità immobiliari.
Che le vendite procedessero al rallentatore era sotto gli occhi di tutti e anche la stampa lo aveva evidenziato in più occasioni. Ma questo non ha mai preoccupato il Ministero dell'Economia, che, nelle relazioni al Parlamento fino al 2007, continuava a fornire rosee previsioni per il futuro.
Solo a gennaio 2009 si parla della nuova ristrutturazione di Scip2 e frettolosamente con un emendamento il quarto Governo Berlusconi chiude questa pietosa pagina della finanza pubblica del nostro paese con un’operazione che attira le durissime critiche dell’opposizione.
Il grafico seguente illustra l’andamento generale delle vendite in termini di unità, partendo dal 2002 e sino a febbraio 2009.
Il portafoglio residuo, ossia le unità non ancora vendute, in termini di valore è stato stimato dall'Agenzia del territorio, in seguito al ritrasferimento agli enti in 2,4 miliardi di euro.
Tuttavia, non sappiamo se il valore indicato dall'Agenzia del territorio rappresenti quanto effettivamente gli Enti incasseranno dalla vendita delle unità residue.
Del resto, già a fine febbraio 2007, l’agenzia di rating Fitch aveva declassato i titoli di serie B2, proprio perché riteneva che il portafoglio non valesse quanto dichiarato a dicembre 2006 dal Ministero dell’Economia.
L’incasso effettivo potrebbe essere inferiore determinando un’ulteriore perdita nei bilanci degli enti previdenziali che devono proseguire le vendite.
A metà novembre 2007, anche l’agenzia Moody's aveva annunciato di aver messo sotto osservazione per un possibile taglio del rating le obbligazioni di SCIP2. La revisione del rating era stata decisa proprio a seguito dell'andamento peggiore delle vendite negli ultimi trimestri e pertanto Moody’s aveva deciso di riesaminare il livello dei prezzi di vendita in quanto i risultati ottenuti sollevavano dubbi sulla qualità degli asset rimasti in portafoglio.
Tutto questo senza considerare che per gli immobili cosiddetti di pregio inclusi tra le rimanenti unità residenziali locate è ancora in corso un enorme contenzioso sia innanzi ai TAR sia davanti ai Tribunali Ordinari. In realtà, il controvalore di questa particolare categoria di cespiti si incasserà solo parzialmente se non saranno definite transattivamente, così come tra l'atro è stato previsto dallo stesso legislatore con le norme varate a febbraio 2009 (12 bis), le controversie giudiziarie dai tempi lunghissimi e dall’esito incerto sollevate dagli inquilini per le evidenti ingiustizie e disparità di trattamento subite.
Occorre inoltre precisare che i beni dislocati nei maggiori centri urbani, e quindi a più alto valore commerciale, sono stati già quasi totalmente alienati; pertanto le vendite ora sono concentrate sulle piccole province, ove i prezzi di vendita saranno certamente inferiori rispetto ai grandi centri urbani.
Se da un lato il portafoglio è stato sopravvalutato e l’andamento degli incassi è risultato deludente, dall’altro, i costi sostenuti dalla Scip sono lievitati in modo puntuale e costante. Insomma almeno una cosa è chiara: risultano enormi i costi generali sostenuti, per un’operazione evidentemente fallimentare, di cui non si è parlato per anni se non quando ormai si è giunti all'epilogo.
Si può quindi affermare che nessun’analisi costi-benefici è stata fatta prima del lancio dell’operazione e che si è continuato a far finta di nulla nonostante ben due Governi si siano avvicendati e, a distanza di ben 7 anni dal suo concepimento, complice la crisi internazionale l’operazione viene chiusa senza alcuna rendicontazione.
I bilanci della SCIP rimangono l’esposizione di cifre da guardare in una bacheca ministeriale, con vetro fumé, sistemata in un secondario corridoio, ma devono essere letti per richiamare la responsabilità di quanti hanno consentito l’incontrollato costo delle cartolarizzazioni. Sono operazioni finanziarie, queste, che sono diventate discutibili e sospette, ogni giorno sempre di più fino ad essere bandite dalla scena con un blitz inaspettato ma, giustificato da segnali negativi ormai evidenti ed ineludibili.
SCIP 2 ( la nuova Parmalat)
La denuncia della Corte dei Conti
La Corte dei conti svolge, accanto al controllo preventivo di legittimità (conformità di singoli atti amministrativi a norme di diritto), il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del patrimonio delle amministrazioni pubbliche, valutando costi, modi e tempi, dell’azione amministrativa con parametri di efficacia, efficienza ed economicità.
Tale controllo è privo di contenuti “impeditivi”. In sostanza, il controllo nei confronti dell’azione amministrativa è solo di tipo “collaborativo” ed è del tutto alieno da sanzioni. Il suo esito sta nella predisposizione di relazioni e di osservazioni tese a provocare provvedimenti correttivi da parte delle amministrazioni controllate.
La relazione sull’Analisi dei risultati delle cartolarizzazioni dell’aprile 2004 è una delle tante denuncie dei Magistrati di Viale Mazzini. Peccato però che sia destinata, come una fotografia, agli album del Parlamento e degli Uffici di Gabinetto dei Ministeri. Chi ha letto il ponderoso referto di circa 400 pagine, redatto a metà strada delle operazioni di cartolarizzazione, può soffermarsi su alcune delle più significative valutazioni:
“Nessun reale meccanismo di monitoraggio, in itinere ed a consuntivo, dei risultati delle operazioni di cartolarizzazione è stato predisposto per valutazioni d’interesse della collettività. L’unico monitoraggio è quello svolto dai consulenti esterni per conto della società veicolo nell’interesse dei soli investitori: riguarda gli scostamenti delle vendite degli immobili rispetto a quelle previste dai business plan.”
“Alle richieste istruttorie della Corte sono state date risposte spesso solo parziali, frammentarie e disomogenee. Ciò che la Corte lamenta non è il numero limitato d’informazioni ricevute, ma la loro genericità, inadeguatezza e ridondanza, oltre che il mancato riscontro di precisi quesiti formulati. Per la genericità di molti elementi informativi forniti restano in piedi interrogativi relativi alla dimensione dei costi delle operazioni di cartolarizzazione”.
“Risultano abbondanti le descrizioni delle operazioni, mentre sono carenti le informazioni necessarie per valutare la convenienza sociale, i vantaggi e gli svantaggi per la collettività delle medesime operazioni. Di qui l’impossibilità di fornire indicazioni conclusive sul rapporto costi/benefici delle operazioni, e quindi la loro scarsa trasparenza”.
“La Corte non è stata posta in condizione di poter verificare la correttezza, l’efficacia e l’efficienza della gestione dell’ alienazione di immobili pubblici tramite cartolarizzazione; il mancato rispetto da parte delle amministrazioni controllate dell’obbligo di rendere responsabilmente conto del proprio operato alimenta tra i cittadini perplessità e riserve – magari anche infondate – sul modo di comportarsi di quanti hanno la gestione di beni pubblici. Il danno che consegue da questa mancanza di trasparenza, è, quindi, anche in termini d’ulteriore indebolimento della fiducia nelle istituzioni”.
“Per poter organizzare, attuare e monitorare le operazioni di cartolarizzazione, le società di cartolarizzazione hanno necessariamente dovuto far ricorso, con oneri a carico dell’Erario, al costoso expertise ed all’altrettanto costosa collaborazione di soggetti leader nei mercati finanziari internazionali. L’ampio ricorso all’expertise esterno, sicuramente indispensabile per progettare, promuovere e gestire secondo standard internazionalmente accettati le operazioni di cartolarizzazione, non sembra aver prodotto significativi effetti di trasposizione all’interno delle amministrazioni di modelli e di comportamenti innovativi in termini di capacità di pianificazione e gestione strategica degli attivi pubblici”.
“Per quanto attiene alla cessione degli immobili ai quali andava applicata la procedura competitiva, gli elementi informativi analizzati dalla Corte non sono sufficienti per poter affermare o negare che le offerte d’asta siano state organizzate e gestite in modo da assicurare un’adeguata e trasparente pubblicizzazione”
“I metodi adottati e le procedure seguite non risultano appropriati per realizzare l’obiettivo formalmente dichiarato di gestione economica dei beni ma per conseguire l’obiettivo reale di far rapidamente cassa, come dimostrano le vendite immobiliari in blocco a trattativa privata alla FINTECNA S.p.A. (interamente partecipata dallo stesso Tesoro), utilizzata come scorciatoia di fine anno per realizzare entrate straordinarie essenziali per riequilibrare i conti pubblici e per liberarsi delle unità immobiliari rimaste invendute a conclusione delle aste delle operazioni di cartolarizzazione SCIP 2”.
Una critica severissima sulle cartolarizzazioni in atto nel paese e sull’amministrazione finanziaria che le gestisce a cui, fino ad oggi, non è stato dato alcun seguito né dal Governo né dal Parlamento.
L’incomodo osservatorio
Tentativi di incursioni aeree dall’Alto
L’Alto Commissario per la lotta alla corruzione nella Pubblica Amministrazione ha sede in una delle più belle piazze romane, San Lorenzo in Lucina, è a palazzo Fiano e Gianfranco Tatozzi è stato Alto Commissario dal 2004 a dicembre 2006, data in cui si è dimesso. Dopo di lui il prefetto Bruno Ferrante e poi, da settembre 2007, l’ex. prefetto della capitale Achille Serra.
Tatozzi ha indagato anche sulle cartolarizzazioni immobiliari, attraverso il Comando Generale della Guardia di Finanza, partendo dall’ INPS.
Ex magistrato di Cassazione, 62 anni, ha scelto di farsi da parte. «Ho avviato molte indagini, a partire da quella sugli immobili», dice in un’intervista al quotidiano Libero «Era il primo passo di un programma di controllo molto più vasto che riguardava tutti gli enti previdenziali e i soggetti coinvolti nelle cartolarizzazioni. L'idea era quella di monitorare attraverso situazioni a campione due circostanze: come erano stati scelti gli inquilini da "privilegiare" e se vi erano contratti di vendita stipulati in maniera e tempi sospetti. Il sospetto è che alcuni immobili fossero stati assegnati a inquilini poco prima di essere messi in vendita a prezzi scontati». «Potevano esserci stati comportamenti truffaldini sia da parte degli inquilini sia da parte di eventuali pubblici ufficiali»
Deve aver dato parecchio fastidio, tanto che gli hanno tagliato i fondi costringendolo con “precisi segnali” alle dimissioni. «Un richiamo contenuto nell'ultima Finanziaria prevedeva una ricognizione sugli enti che avrebbe comportato la chiusura del Commissariato. Insomma, mi si è detto piuttosto chiaramente: "Vattene o chiudiamo l'ufficio"».
Si volevano evitare pesanti incursioni aeree? Come sono finite le indagini?
A ottobre 2007 si conclude l’indagine (incursione aerea) da parte dell’Alto Commissario con la trasmissione delle valutazioni ai competenti Ministri dell’Economia e del Lavoro.
L’indagine, si legge in una nota del Commissario, ha evidenziato alcune criticità sia di carattere sistematico, inerenti al modello utilizzato per l’operazione, sia di carattere particolare su alcune concrete modalità di svolgimento delle procedure di alienazione. Sotto il primo profilo sono state espresse ai competenti dicasteri alcune perplessità di carattere giuridico sulla possibilità di qualificare le società di cartolarizzazione come organismi di diritto pubblico, attesa l'indubbia peculiarità di quelle già create quanto a meccanismi di costituzione ed a partecipazione al capitale da parte dei soci fondatori. Sono state inoltre illustrate alcune preoccupazioni inerenti l'effettiva linearità dell'operazione contabile sui saldi di finanza pubblica, anche alla luce delle perplessità già espresse da EUROSTAT con riferimento alle previsioni del regolamento comunitario SEC 95.
Si è inoltre segnalata la necessità di garantire che gli enti pubblici coinvolti nei procedimenti di dismissione abbiano l'effettivo controllo delle operazioni poste in essere, evitando sovrapposizioni di ruoli che, oltre ad appannare l'operazione, risultano anche in un ingiustificato aumento dei costi, nonché di vigilare affinché eventuali future operazioni simili a quelle poste in essere siano prive delle criticità emerse dall’indagine, segnatamente in relazione alla determinazione del prezzo degli immobili, all’appartenenza degli stessi ad eventuali categorie di pregio, all’effettivo possesso in capo agli acquirenti dei requisiti di legge, all'inesistenza di situazioni di evidente conflitto di interesse tra gestori della dismissione ed acquirenti.
Sarebbe interessante conoscere dettagliatamente i risultati di questa indagine per fare chiarezza sulle molte ombre che si sono addensate sulle cartolarizzazioni in questi anni.
Una goccia nel mare della corruzione.
Mi domando quali sono stati i risvolti di questa indagine, visto che sono emerse delle criticità non da poco, come ha sottolineato lo stesso Alto Commissario.
L’ammaliatrice và in pensione
Conclusioni
La disastrosa gestione delle vendite in SCIP 2 ha comportato ritardi enormi non sostenibili finanziariamente tanto da causarne la chiusura anticipata e la conseguente retrocessione di una parte del portafoglio iniziale agli Enti originari proprietari.
Ma un altro inquietante interrogativo rimane. Quanti anni ancora ci vorranno per il completamento delle vendite da parte degli Enti ridiventati proprietari? E’ chiaro che il Mef non aveva intenzione di far rimborsare allo Stato Italiano i debiti crescenti della S.c.i.p. S.r.l. essendone il garante.
Insomma le cartolarizzazioni hanno fatto perdere tempo e soldi. Se nel 2001 Tremonti non avesse cartolarizzato l'intero patrimonio immobiliare degli Enti Previdenziali e avesse pensato di venderlo al valore catastale, avrebbe incassato subito 12,5 miliardi di euro.
Nel 2009, chiuse le cartolarizzazioni, rimanevano da vendere immobili per un valore stimato di 2,4 miliardi di Euro e a consuntivo l'incasso effettivo per lo Stato, senza gli incassi delle operazioni POC e PSC, è stato solo di 8,5 miliardi di Euro.
E' chiaro che nessuno risponderà mai dei risultati negativi non essendoci un giudizio effettivo e serio di responsabilità.
Sta di fatto che la buona rendita dai titoli è stata assicurata e sono stati comunque rimborsati e, nel frattempo, la crisi del mercato ritorna a tutto svantaggio degli Enti.
Insomma l’Italia è il paese tra le economie avanzate che ha fatto un massiccio ricorso alle cartolarizzazioni e non solo a quelle immobiliari. Si potevano evitare? Certamente il ricorso alla finanza creativa ha dei rischi impliciti ed ormai evidenti. Ne sono stati sottaciuti i costi per riproporle a tutti i livelli, dallo Stato, alle Regioni fino ai piccoli Comuni e questo al fine di avvantaggiare sempre gli stessi soggetti.
Le cartolarizzazioni pubbliche, certamente, sono state un grande affare, ma non per lo Stato. In verità il Ministro Tremonti non è stato l’artefice di quella che poi è stata definita la “finanza creativa” ma, ha semplicemente amplificato quanto di anglosassone era già stato recepito in Italia applicandolo alla vendita del patrimonio immobiliare pubblico da cui, il Governo di centro sinistra, con la Finanziaria per il 2001, aveva ipotizzato di ricavare proventi per 8 mila miliardi di vecchie lire entro lo stesso 2001.
Con tutte le operazioni architettate negli ultimi anni i portafogli ceduti ammontano a 129,2 miliardi di euro, a fronte dei quali lo Stato ha incassato 57,8 miliardi. L'obiettivo di riduzione di indebitamento netto è stato conseguito in misura molto limitata. Anzi, in alcuni casi il debito è persino aumentato.
Sono state gestite in maniera poco trasparente dalle banche scelte per organizzare tutte le relative procedure di attuazione.
Non è l'unico problema e forse neppure il principale. La gestione delle operazioni di cartolarizzazione è stata affidata al dipartimento del tesoro che si è avvalso del supporto del consiglio degli esperti, formato anche da persone provenienti da grandi banche d'affari e che sono poi tornate ad assumere incarichi esterni all'amministrazione.
La pianificazione e la gestione strategica delle operazioni è stata di fatto esternalizzata, affidandola ai super consulenti, ed in particolare alle banche d'affari che operano a livello internazionale. Ovviamente, data la loro natura e i loro interessi, tali soggetti, da una parte, non hanno effettuato alcun monitoraggio dei costi e benefici pubblici e, dall'altra, sono stati comunque portati ad evidenziare soprattutto i vantaggi delle operazioni. Insomma, non sarebbero stati fatti gli interessi pubblici, anche perché i processi di cartolarizzazione si sono svolti in condizioni di scarsissima trasparenza.
Insomma con le cartolarizzazioni negli ultimi quindici anni abbiamo assistito ad una sorta di convergenza politica sugli stessi modelli economici adottati da una parte e dall’altra per l’incapacità di elaborare dei modelli alternativi alla semplice e perversa economia di mercato di cui ora scontiamo tutti gli effetti negativi.
GLI “IMMOBILI di PREGIO” Storia infinita
L’intreccio tra politica e affari
Lo scandalo di affittopoli (ci risiamo )
L’ingiustificata esclusione
“Casa nostra” (da affittopoli a svendopoli)
Quanti sono gli immobili di pregio?
Sopraffazioni e disparità di trattamento
La bastonata
La condanna della corte dei conti
Il contenzioso in sede amministrativa
Il contenzioso in sede civile
Scippati e mazziati
Le iniziative legislative
L’assordante silenzio del nuovo Governo Prodi
La speranza riaccesa dal quarto Governo Berlusconi
L'ultimo tentativo di risolvere la questione
L’intreccio tra politica e affari
La prima disciplina di vendita (1)
La tormentata vicenda della vendita degli immobili degli Enti Previdenziali Pubblici ha inizio con la Legge Finanziaria 1994, dopo che la Corte dei conti era intervenuta più volte sui bilanci in rosso degli Enti richiamando le Amministrazioni sulla necessità di potenziare le proprie disponibilità economiche istituzionali per alleggerire il ricorso continuo alle casse dello Stato.
La legge stabilì che l’INPS, l’INAIL e l’INPDAP, dovessero predisporre programmi di dismissione del patrimonio immobiliare a cominciare da quello abitativo, “in conformità alla normativa vigente in materia di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica”, allo scopo di rendere ”praticabile” tutta l’operazione eliminando la prevedibile insorgenza di una conflittualità sul piano sociale.
Il riferimento fu alle norme della legge sull’edilizia economica popolare (2) che il Parlamento aveva definito nello stesso mese di dicembre del 1993.
Si tratta di una disciplina organica, completa, condivisa con le parti sociali, preparata per la maxi-vendita degli alloggi degli IACP e dei loro Consorzi, dello Stato e degli Enti territoriali come i Comuni, in pratica di tutti gli immobili costruiti - con il concorso totale o parziale dello Stato – anche dalle Poste e Telecomunicazioni come dall’Azienda Telefoni di Stato, dalle Ferrovie dello Stato, dagli Enti di Sviluppo e dai disciolti Enti previdenziali minori.
L’impianto normativo era diretto ad agevolare l’acquisto da parte degli assegnatari, ai quali veniva riconosciuto il diritto al riscatto dell’alloggio se lo occupavano da almeno un quinquennio. Il prezzo degli alloggi era costituito dalla rendita catastale moltiplicata per cento, ridotto dell’1% per ogni anno di anzianità di costruzione dell’immobile, fino ad un tetto massimo del 20%; un’ulteriore riduzione del 10% sul prezzo di cessione era prevista poi nel caso di pagamento in contanti.
Il Parlamento supererà tale normativa indirizzata ai tre maggiori Enti Previdenziali e nel 1995 darà invece la delega al Governo per disciplinare la vendita di tutti gli immobili degli Enti. I Gruppi Finanziari e le Imprese Immobiliari intercettarono il business, quando il Parlamento stabilì che la dismissione dovesse riguardare “tutto” il patrimonio immobiliare destinato a reddito di “tutti” gli Enti Previdenziali Pubblici, ad eccezione dei soli immobili strumentali, vale a dire quelli utilizzati per gli uffici propri.
Disciplina di vendita del patrimonio
degli Enti Previdenziali pubblici
Nel 1995 è quindi conferita al Governo Dini la delega (3) per disciplinare la dismissione dell’intero patrimonio immobiliare degli Enti Previdenziali Pubblici, delega che sarà puntualmente attuata nell’anno successivo con il D. Lgs del 1996. (4)
L’impianto normativo stabiliva, con evidenti finalità di carattere sociale, le modalità di vendita degli immobili agli inquilini. Modalità che, se applicate da subito, avrebbero consentito un beneficio per le casse degli Enti in tempi strettissimi. Le modalità erano le seguenti:
Il prezzo degli alloggi ad uso residenziale deve essere calcolato sulla base della rendita catastale moltiplicata per cento; possono esercitare il diritto d’opzione, garantito e stabilito per legge, solo i conduttori titolari del contratto al momento dell’entrata in vigore della legge. Gli inquilini possono usufruire di mutui a tassi agevolati per 25 anni; i conduttori ultrasessantacinquenni possono esercitare il diritto di prelazione sul solo usufrutto. Gli inquilini, che non intendano acquistare l’alloggio condotto in locazione, possono contare su rinnovi contrattuali fino a nove anni se con reddito familiare sotto ad un certo limite. Ogni conduttore, titolare del contratto, può esercitare il diritto di prelazione, individualmente o collettivamente; il conduttore ha diritto alla riduzione degli oneri notarili. E’ sancito il divieto di rivendita degli immobili prima di dieci anni dalla data del rogito.
Il Legislatore nel riconoscere il diritto d’opzione a favore dei conduttori degli immobili dei nove Enti previdenziali ha proprio “cristallizzato il prezzo”, basandolo sul “valore catastale”, parametro certo e tra l’altro immutabile per i cinque anni durante i quali gli Enti avrebbero dovuto vendere l’intero patrimonio. Ciò al fine di evitare ingiuste sperequazioni tra chi avesse comprato nel 1996 e chi avesse dovuto attendere fino al 2001 per comprare alle stesse condizioni l’appartamento. Siamo di fronte ad un “prezzo politico”, stabilito per legge, che non consentiva agli Enti di vendere prima gli immobili in peggiori condizioni e in seguito i pezzi più pregiati, contando sulla crescita dei prezzi.
Pertanto, in relazione ad una corretta applicazione della volontà del legislatore, ai conduttori dell’epoca è stato riconosciuto un diritto di opzione legale sui loro appartamenti; diritto che potevano esercitare comunicando la loro volontà di acquistare l’alloggio al prezzo indicato nella legge (rendita catastale x 100).
Solo a loro la proposta irrevocabile di vendita ex lege è stata comunicata tramite la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del decreto legislativo del 1996. Questa modalità d’offerta pubblica è da considerarsi come un’“OPA”, vincolante per gli Enti previdenziali che devono procedere alla vendita una volta ricevuta formale accettazione da parte del conduttore avente titolo.
Il diritto degli inquilini al trasferimento in loro favore degli immobili locati discende pertanto dal decreto legislativo contenente le norme per la “dismissione del patrimonio immobiliare degli Enti Previdenziali pubblici”.
L’ impianto normativo, prevedeva che: “per gli immobili ad uso abitativo acquistati dai conduttori e appartenenti alle categorie catastali A2, A3, A4 e A5, il prezzo degli alloggi è costituito dal valore che risulta applicando un moltiplicatore 100 alle rendite catastali”; era in ogni caso in facoltà dell’acquirente richiedere all’Ufficio Tecnico Erariale (UTE) la determinazione del prezzo, che tenesse conto anche della valutazione di mercato e, solo in questo caso, il prezzo determinato dall’UTE si intendeva come definitivo. La stessa facoltà era riconosciuta all’Ente qualora si fosse riscontrata “una notevole discordanza fra il valore di mercato dell’immobile da alienare e quello determinato moltiplicando la rendita catastale per 100”.
Era quindi riconosciuta anche all’Ente previdenziale la facoltà di ricorrere all’UTE per la determinazione del prezzo di vendita sulla base del valore di mercato anche se la valutazione non era vincolante per l’inquilino. Era invece vincolante il “diritto potestativo d’opzione” riconosciuto ai conduttori.
Si avvia così un processo di dismissione rilevantissimo nel settore immobiliare che mobiliterà negli anni successivi la cupola d’affari d’Imprese immobiliari, Finanziarie e Banche, nella tessitura di connivenze con il potere pubblico per pianificare, attraverso aggiustamenti legislativi e ministeriali, una trama affaristica e mettere le mani sul patrimonio immobiliare pubblico.
Vediamo come.
Disciplina di vendita delle Amministrazioni Pubbliche
Con la Finanziaria del 1997(5) si stabiliva di procedere alla dismissione del patrimonio dello Stato, determinando il prezzo di vendita degli alloggi sul valore di mercato, prendendo a riferimento il prezzo di mercato degli alloggi liberi diminuito del 30 % .
Il legislatore, nel fissare questo nuovo parametro, aveva deciso di applicarlo a tutte le Amministrazioni pubbliche, che non avevano finalità di edilizia residenziale pubblica, alla CONSAP (Concessionaria servizi assicurativi pubblici Spa), alle società a prevalente partecipazione pubblica, alle società privatizzate o società da queste controllate (vedasi l’INA).
L’intento era solo di estendere il novero dei Soggetti Pubblici interessati alle dismissioni immobiliari e non certo di modificare la disciplina precedente; infatti non vi è alcun richiamo specifico alla precedente normativa.
La norma era finalizzata a disciplinare, in maniera organica e funzionale, la dismissione dei singoli cespiti immobiliari territorialmente distribuiti per le esigenze organizzative e finanziarie dello Stato in particolare delle Forze Armate.
I criteri e le modalità scelti sono completamente diversi da quelli precedenti. Le Amministrazioni pubbliche non restano, infatti, soggette alle precedenti disposizioni ed è loro riconosciuta la facoltà di procedere alla vendita diretta agli inquilini a diverse condizioni:
Il prezzo di vendita deve essere quello di mercato degli alloggi liberi, ridotto del 30%; gli inquilini non possono usufruire di mutui a tassi agevolati. I titolari dei contratti di locazione ed i loro familiari conviventi possono esercitare il diritto di prelazione, ma solo individualmente; i conduttori ultrasessantacinquenni non possono esercitare il diritto di prelazione sul solo usufrutto. Gli inquilini, che non intendessero acquistare l’alloggio condotto in locazione, possono contare su rinnovi contrattuali di quattro anni (e non di nove).
Si tratta pertanto di un regime totalmente diverso da quello previsto per gli Enti Previdenziali Pubblici. Nonostante ciò, si è deciso di non applicare il criterio basato sulla rendita catastale per le vendite degli enti previdenziali ma si è dato il via alle vendite con due circolari dell'agosto 1999 (14) e (15) prendendo a riferimento il valore di mercato ridotto del 30%.
Successivamente lo stesso Ministro Salvi, con circolare (19) avente ad oggetto “Principi e modalità di attuazione della vendita in blocco frazionata nei piani di dismissioni ordinari”, chiariva in modo inequivocabile e definitivo non solo l’esistenza di un diritto di opzione in favore degli inquilini, ma anche un nuovo criterio di determinazione dei prezzi, introducendo, per la prima volta, ulteriori sconti (dal 10% al 15%) in caso di acquisto in blocco con mandato collettivo dell’intero complesso posto in vendita.
Lo scandalo di affittopoli (ci risiamo )
Il governo D’Alema (1999-2000) dà il via anche al Programma Straordinario di Cessione PSC che, come abbiamo visto, prevedeva la vendita mediante gara di interi edifici di proprietà degli Enti per “un ammontare di almeno 3.000 miliardi di lire”.
Entrano in gioco gli interessi affaristici e a maggio del 2000, per lo svolgimento delle articolate ed impegnative attività, viene selezionato come advisor il Consorzio G6, comprendente i due leader italiani nei rispettivi segmenti dei servizi immobiliari, Pirelli Real Estate Spa e Romeo Spa.
Contemporaneamente, monta una campagna di stampa (sono in prima linea due quotidiani: il “Sole-24 ore” e il “Giornale” di Feltri) con denunzie di abusi delle Amministrazioni nella scelta degli inquilini e di irregolarità nella determinazione dei canoni di locazione, favoritismi dai quali poi deriverebbero veri e propri privilegi per gli inquilini “VIP” (data l’opzione all’acquisto delle case) tra l’altro oggetto di una “svendita” incontrollata.
Ci risiamo, si batte di nuovo la grancassa su ”Affittopoli”, scandalo scoppiato nella calda estate del 1995, quando i giornali sguinzagliarono giovani giornalisti esordienti assetati di fama per le strade e le piazze romane in una agguerrita caccia al tesoro: bisognava scoprire e sbattere in prima pagina i nomi dei politici eccellenti che vivevano in affitto nei palazzi degli Enti nello scandalo dei cosiddetti “affitti d’oro”. Alla fine il risultato ufficiale è il seguente: “la squadra guidata dal tandem D’Alema-Veltroni supera con largo margine quella capitanata dal terzetto Casini-Mastella-Tatarella” (Repubblica 11 settembre 1995).
La campagna di stampa riaccesa nel 1999-2000, probabilmente parte dalle manovre per ostacolare le vendite agli inquilini, provoca in sostanza sospetti, ritarda le decisioni negli ambienti del Ministero e degli Enti, alza un polverone. Sfogliando le pagine dei giornali dell’epoca si possono leggere i nomi degli inquilini con l’importo del relativo canone di affitto. Figurano nomi di Parlamentari e di Politici, Sindacalisti, Magistrati e Giornalisti, Burocrati dello Stato e di Grandi Aziende Pubbliche, ecc. che hanno beneficiato dell’equo canone, disciplina alla quale gli enti pubblici non potevano certamente sottrarsi e che è stata applicata a tutti gli inquilini. Vi è molto qualunquismo e curiosità scandalistica, specie a Roma. Non esistendo leggi o disposizioni ministeriali circa la gestione patrimoniale degli enti, i Presidenti e i Direttori Generali avevano avuto libertà di scelta degli inquilini, nel rispetto di criteri per la determinazione del canone valevoli per tutti.
I VIP attaccati dalla stampa, al pari degli altri, potevano esercitare l’opzione legale all’acquisto della casa ed essi erano un numero irrilevante. Nell’opinione pubblica sono rimasti “vip” anche le decine di migliaia di pensionati e di lavoratori che da decenni alloggiavano nelle case degli Enti previdenziali.
Con la Finanziaria del 2000 (7), forse per placare lo scandalo Affittopoli e per evitare che montasse anche la campagna Svendopoli (arrivata poi inevitabilmente nel 2007), è stata introdotta la norma, con consenso univoco tra le forze politiche, con la quale si stabilisce che gli immobili considerati di pregio sono offerti agli inquilini ad un prezzo di vendita pari al prezzo di mercato degli alloggi liberi (cioè senza sconto). Diventano in ogni caso di pregio gli immobili che si trovano in zone della città nelle quali il valore medio di mercato degli immobili è superiore del 70 per cento rispetto al valore medio rilevato nell’intero territorio comunale.
Era palese la disparità di trattamento tra legittimi locatari in condizioni soggettive identiche. Il pregio dell’immobile logicamente incide già sul suo valore di mercato, ma non può certo comportare l’abrogazione dell’abbattimento del 30% sul prezzo di vendita. Tale abbattimento è praticato come criterio in tutte le vendite di alloggi occupati. Il Ministro del Lavoro Salvi, con la circolare del 27 gennaio 2000 recepisce immediatamente questa disposizione stabilendo il “valore soglia”, valore cioè al di sopra del quale l’immobile si sarebbe considerato di pregio, in 3.500.000 e poi di circa 4.000.000 di lire.
Bisogna, poi, tornare a quel fatidico question time alla Camera del 24 gennaio 2001. Il governo Amato è ormai agli sgoccioli, ma questo non impedisce l’avvio delle procedure di vendita degli immobili degli enti previdenziali e dei Comuni. Il deputato di Forza Italia, Marco Taradash, presentò un’interrogazione a risposta immediata al ministro del Lavoro, Cesare Salvi per sapere se non sia «opportuno verificare che le operazioni di dismissione non finiscano per determinare l’alienazione di immobili di pregio a prezzi ben lontani dal loro valore di mercato». Anzi, nell’intervento in assemblea Taradash fu ancora più esplicito «Si è scoperto, grazie ad un’inchiesta dell’Espresso, che l’Ufficio del territorio delle Finanze (l’attuale Agenzia del demanio) ha fatto in modo di attribuire agli immobili attualmente affittati a esponenti del mondo politico, della magistratura, del giornalismo, prezzi al di sotto di quelli di mercato per cui non risultano immobili di pregio.
Si sta andando verso
“Acquistopoli”», disse il deputato.
Il Ministro Cesare Salvi, rispose in Parlamento che non vi era il rischio che
«Affittopoli» potesse trasformarsi in «Svendopoli» in quanto già aveva bloccato
la vendita degli immobili di pregio per evitare privilegi. Taradash replicò
rilevando come fossero già sorti contrasti sui criteri di valutazione tra
Ufficio tecnico erariale e Osservatorio. «Vi è un’enorme disparità tra prezzi
di mercato reali e prezzi che vengono segnalati come valore di quelle abitazioni
in cui risiedono segretari di partito ed esponenti politici al 99% del
centrosinistra», concluse.
Tutto passò in cavalleria.
Nel giro di soli 90 giorni dall’inizio della nuova legislatura, il secondo Governo Berlusconi che ha la maggioranza di centro-destra in Parlamento emana la normativa che, di fatto, espropria gli Enti Previdenziali dei loro beni immobili. Il testo sembra scritto a più mani da rappresentanti delle vecchie e nuove cordate finanziarie, delle Banche, delle Immobiliari, riunitisi presso il Ministero dell’Economia nelle afose giornate romane di luglio e agosto del 2001 per varare il Decreto Legge di settembre ed abbozzarne i provvedimenti di attuazione.
L’ingiustificata esclusione
Casa nostra (da affittopoli a svendopoli)
A settembre 2007 alcuni quotidiani, in prima fila ci sono come al solito “Libero” e “Il giornale”, fanno a gara nel pubblicare articoli che occupano intere prime pagine su presunti affari immobiliari messi a segno da politici e personaggi eccellenti.
Il tutto parte da un’inchiesta del settimanale l’Espresso dal titolo “Casa nostra”, venduto in edicola mettendo in copertina i sorridenti mezzi busti di noti politici e sindacalisti affacciati alle finestrelle di un lussuoso palazzo romano. Il settimanale, afferma che ai potenti e agli amici degli amici sono stati svenduti alloggi in zone centrali della città di Roma dove oggi i prezzi di mercato sono da capogiro. “Sono potenti che hanno pagato troppo poco ieri per l'affitto e troppo poco oggi per l'acquisto” si afferma.
Nel calderone però ci finiscono tutti (a prescindere dal partito di appartenenza) e tutti avrebbero approfittato e messo a segno affari d’oro. Il trattamento di favore diventa un'offesa insopportabile tanto da coniare il termine "Svendopoli". Infatti ogni scandalo in Italia che si rispetti deve necessariamente finire con “opoli” per non perdere il legame con l’inchiesta del secolo scorso “Tangentopoli”. Ed ecco perché il titolo Scippopoli.
Quello che deve risaltare sono i nomi dei politici affacciati alle finestrelle e non importa se abbiano acquistato dall’Ina, dalle Generali, dalla Scip, dalla Pirelli o da altre società private, l’importate è che sia un politico o un personaggio eccellente per dimostrare che i presunti privilegi per i potenti diventano eterni. Vengono citati, come per il precedente scandalo di affittopoli, pochi casi di acquisti immobiliari messi a segno da inquilini eccellenti “Vip” su un patrimonio complessivo in vendita che supera le 100.000 unità provenienti da Assicurazioni come Ina e Generali e da Enti Previdenziali come Inps, Inail, Inpdai e Inpdap. La musica rispetto al primo scandalo non cambia: case agli amici degli amici, condominio furbetti, la Casta ha casa, da affittopoli a svendopoli ecc. ecc….
Anche stavolta la gara tra i giornalisti è tra chi riesce a piazzare più nomi eccellenti in prima pagina. Ma dov’è lo scandalo? E’ sempre la stessa storia. Un modo per riempire le copertine dei giornali senza assolutamente approfondire alla radice le cause. Si parla solo di politici, sindacalisti, magistrati, giornalisti e persone influenti, la Casta insomma, e non la maggioranza di persone normali (ex dipendenti e pensionati) che conducono da decenni in locazione le case appartenenti agli Enti. Questi comuni mortali non fanno notizia e nessuno parla della scandalosa ed evidente disparità di trattamento tra chi ha potuto comprare a certe condizioni e chi no, appartamenti che circa quaranta anni fa venivano dati esclusivamente ai dipendenti dei predetti Enti o a persone con redditi bassi e privi di alloggio. Ma questi non fanno notizia.
Detto questo, i potenti - come tutti gli altri inquilini - hanno esercitato un “diritto” che non proviene da nessun favore o regalo ma da un preciso anche se complicato ed iniquo impianto di leggi. Se poi, qualcuno sia entrato in questi alloggi abusivamente o con procedure non trasparenti o siano state commesse irregolarità da parte dell’Agenzia del Territorio nel valutare gli immobili per abbassarne la valutazione di mercato, dovrebbe essere compito della magistratura indagare.
Sta di fatto che tutti gli inquilini hanno esercitato il diritto di opzione all’acquisto previsto dalla legge. Se una norma di legge imponeva agli Enti di dismettere il patrimonio entro cinque anni, cioè entro il 2001, e contemporaneamente fissava il criterio di determinazione del prezzo di vendita delle singole unità immobiliari, l’inquilino non può certo essere penalizzato per l’inerzia, l’inefficienza e la mala gestio, della Pubblica Amministrazione che a distanza di 14 anni non è stata capace di chiamarlo a rogitare l’atto di compravendita del suo appartamento.
Quanti sono gli immobili di pregio?
Nella relazione al Parlamento del secondo semestre 2008 si legge: Per quanto riguarda il pacchetto degli immobili qualificati di pregio, compresi quelli individuati nell’ultimo provvedimento emanato (aprile 2007), le vendite complessive dall'inizio dell'operazione, fino alla data del 31 dicembre 2008, sono state pari a euro 518.247.231 derivante dall’alienazione di 2.026 unità principali. Alla medesima data restano invendute 1.962 unità principali qualificate di pregio per un controvalore di 628.533.948.
Sopraffazioni e disparità di trattamento
Sul piano generale, poi, è insopportabile la disparità di trattamento tra poco più d’un migliaio di inquilini degli immobili cosiddetti di pregio e gli altri 86.000 inquilini interessati dalla dismissione immobiliare degli enti, disparità scaturita da una normativa - chiaramente viziata da illegittimità costituzionale – attuata con caotiche procedure da parte del Ministero dell’Economia, dell’Agenzia del Territorio e degli Enti gestori.”
La bastonata
“a fronte dell’obbligo di alienare gli immobili applicando il prezzo previsto per gli immobili non di pregio, si è preferito ritirarli dalle procedure di vendita all’evidente fine di incidere sulla funzione giurisdizionale”;
“una legge che interviene in una procedura in corso da anni, in cui si è ingenerato un legittimo affidamento dei cittadini, dovrebbe fondarsi su gravi e ragionevoli esigenze, mentre la scelta del legislatore appare del tutto priva di ragionevolezza, oltre che palesemente arbitraria”.
La condanna della Corte dei Conti
Con sentenza n. 2287/09 la Sezione Lazio della Corte dei Conti condanna per danno erariale la Dott.ssa Cannata e la Dott.ssa Mazzarocchi del Ministero dell’Economia e delle Finanze che hanno gestito le cartolarizzazioni immobiliari.
Secondo i giudici contabili le due funzionarie del Ministero sono responsabili di aver causato un mancato incasso per lo Stato pari a 22 milioni di euro e per questo sono state condannate in primo grado a risarcire 150.000 euro ciascuna.
Il fatto risale al periodo 2004-2005 quando gli stabili del bellissimo quartiere Sallustiano di Roma: Via Cadorna 13 e Via Valenziani 12 e 16, anch’essi cartolarizzati con l’operazione Scip 2, sono stati velocemente venduti dall’INPS (per conto della Scip S.r.l.), ai 102 fortunati inquilini a condizioni di favore: prezzi di mercato del 2001 scontati del 30% e dell’ulteriore sconto di blocco del 15%, senza che si fosse tenuto conto nella determinazione del prezzo di offerta nemmeno dei 4.508.000,00 euro che nel frattempo l’Inps aveva speso per ristrutturare a nuovo gli stabili di Via Valenziani.
Insomma, gli inquilini hanno ottenuto un bel regalo: quelli di Via Cadorna da Babbo Natale, infatti hanno acquistato a dicembre 2004, e quelli di Via Valenziani dalla Befana avendo invece acquistato a gennaio 2005.
I magistrati Contabili hanno addebitato la responsabilità alla Dott.ssa Mazzarocchi ed alla sua diretta superiore, Dott.ssa Cannata, del mancato inserimento degli immobili in questione nel decreto interministeriale pubblicato in G.U. n. 227 del 27 settembre 2004 che avrebbe dovuto, secondo quanto deliberato dall’Agenzia del Territorio, individuarli di pregio.
Tutto questo perché, prima della firma del decreto da parte del sottosegretario Armosino, l’allegato contenete i dati identificativi dei suddetti immobili è scomparso per una serie di rimpalli che, secondo la tesi difensiva delle due funzionarie, sono avvenuti tra il Ministero e l’Agenzia del Territorio.
Risulta davvero difficile credere che questi “regali” agli inquilini siano in effetti piovuti dal cielo per caso mentre è molto più facile ipotizzare una “regia” tra Ministero, Enti e Agenzia del Territorio diretta con grande abilità per favorire un pò di qua e un pò di là preferendo all'ultimo istante non pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale l’allegato contenente i suddetti immobili insieme ad altri immobili di pregio del quartiere Parioli come risulta anche dalle interrogazioni parlamentari dell’epoca.
Il contenzioso in sede amministrativa
Il contenzioso in sede ordinaria
Scippati e mazziati
A chi ha dato più fastidio l’esproprio degli immobili degli Enti Previdenziali?
Bè, sicuramente agli Enti stessi, o meglio ai “boiardi di stato” che per anni hanno gestito l’enorme patrimonio immobiliare, fino a quando non è stato cartolarizzato dalla sera alla mattina.
Presidenti, direttori generali, funzionari e semplici impiegati, per anni hanno goduto dei benefici diretti ed indiretti derivanti dall’enorme potere di gestione di tutti gli immobili dei rispettivi Enti di appartenenza.
Prima il potere di assegnazione degli alloggi in locazione con criteri che, soprattutto negli anni precedenti alle vendite, sono stati sempre meno trasparenti, poi di disporre la manutenzione ordinaria e straordinaria degli immobili e tutto quello che ne deriva.
C’è chi ha fatto tutto in casa arruolando una schiera di ingegneri, geometri, avvocati e semplici impiegati e chi si è affidato a società esterne ma che, di fatto, poteva controllare.
Non a caso, il processo di dismissione degli immobili degli Enti parte proprio dalla necessità di arginare i costi di gestione degli immobili di proprietà.
Costi che, con gli anni, hanno finito per eroderne tutta la redditività. L’incapacità di gestione secondo criteri di economicità e di efficienza, tipica della Pubblica Amministrazione o, semplicemente la mala gestio perpetrata per anni hanno chiaramente influenzato le scelte fatte dai Governi di vendere il patrimonio immobiliare. Ecco, da dove nascono le resistenze alla vendita.
In primis dai boiardi che, dopo aver subito lo scippo degli immobili, di cui si sentivano i padroni, loro malgrado, hanno dovuto continuare a gestirli accollandosene, da subito, tutte le spese in cambio di una misera percentuale sulle future vendite.
Fatto sta che gli Enti sono stati impegnati per decreto ministeriale ad un contratto di servizi con la S.c.i.p. assumendosi tanti onerosi impegni quante sono le lettere dell’alfabeto. Infatti, nel contratto allegato al decreto di trasferimento degli immobili dagli Enti alla S.c.i.p. gli obblighi vanno dalla a alla z.
Dopo tanta cuccagna la “mazziata”!
Solo per citarne alcuni:
- obbligo di confermare alla S.c.i.p. S.r.l. la legittima, piena ed esclusiva titolarita' degli immobili trasferiti e a conservare tutti i documenti attestanti i diritti di terzi o le limitazioni di qualunque tipo, ivi inclusi i diritti di prelazione e di opzione ;
- impegno a gestire i beni immobili trasferiti nominando un amministratore di condominio, ad effettuare la manutenzione sia ordinaria che straordinaria, a mantenere la copertura assicurativa degli immobili, a mantenere i rapporti con gli attuali locatari dei beni immobili trasferiti e garantire ai conduttori il pacifico godimento dei beni immobili locati;
- astenersi dal violare qualunque diritto al rinnovo dei contratti di locazione e porre in essere tutte le attività e i comportamenti necessari o utili all'espletamento delle procedure di vendita ed alla stipula dei contratti di compravendita;
- impegno a tenere la S.c.i.p. S.r.l. indenne e manlevata rispetto a qualunque costo o spesa che la stessa dovesse sostenere in conseguenza del mancato rispetto delle procedure di vendita relative agli immobili residenziali trasferiti o della violazione di qualunque diritto concesso dalle legge ai conduttori dei beni immobili trasferiti assumendo il patrocinio e proseguendo i giudizi pendenti relativi alla gestione dei beni immobili trasferiti.
Tutti oneri assunti a totale carico degli Enti, che incidono in maniera pesante sui bilanci degli stessi e che comportano il mantenimento dell’intero apparato di gestione del patrimonio. La “mazziata” è stata pesante e anche il massiccio contenzioso instaurato dagli inquilini per i loro diritti calpestati deve aver dato parecchio fastidio creando qualche problemino. Se le richieste avanzate dagli inquilini venissero accolte dai giudici, rimarrebbero evidentemente a carico degli Enti maggiori oneri e spese di giudizio, cosa che chiaramente i boiardi tendono a scongiurare per non essere chiamati, un domani, a rispondere dei danni causati all’Ente.
E’ forse per questo che gli inquilini, i quali intendano acquistare i rispettivi appartamenti, sono obbligati a rinunciare innanzitutto ai giudizi in corso venendo così privati sia del diritto ad esercitare l’opzione sia del loro diritto fondamentale ad ottenere una sentenza della Magistratura? E’ forse per questo che gli Enti, pur dovendo svolgere il mandato di vendere nell’interesse della SCIP in forza dell’ampia procura generale, abbiano cagionato un danno economico alla società rappresentata mantenendo bloccate le alienazioni degli immobili ove insista un contenzioso?
E’ stata negata giustizia agli inquilini più deboli privandoli di un loro diritto costituzionalmente garantito, ma è stato anche cagionato un ulteriore danno alla S.c.i.p. che non incassa nel frattempo le somme relative alle mancate vendite di questi immobili. Infatti se è vero, come è vero, che una bassissima percentuale di inquilini, presi dalla stanchezza, allettati magari dalla prospettiva di una “buona-uscita” offertagli dai tanti speculatori - i “furbetti del condominio”- pronti ad accaparrarsi i loro appartamenti, o, semplicemente perché, essendo anziani, non hanno un’aspettativa di vita così lunga da compensare i tempi della giustizia italiana, rinunciano alle cause, è anche vero che tutti gli altri pur disposti ad acquistare gli appartamenti anche al prezzo determinato dall’ente, senza rinunciare ai loro diritti, non sono stati messi in condizioni di poterlo fare.
Ora, con l’approvazione delle nuove disposizioni (12 bis) la Scip chiude e va in liquidazione mentre gli immobili vengono riacquistati dagli enti che pagano tutte le passività della società facendo salvi in ogni caso i diritti spettanti agli aventi diritto e procedendo direttamente alla vendita degli immobili subentrando alla Scip, in tutti i rapporti, anche processuali.
Una bel da fare per gli enti originari proprietari che oltretutto si dovranno accollare tutte le spese legali dei giudizi in corso.
A settembre 2010 gli Enti hanno venduto poco o nulla del patrimonio retrocesso mentre si ipotizzano nuovi scenari di gestione dello stesso.
Le iniziative legislative
L’assordante silenzio del Governo Prodi
Purtroppo, dai comportamenti del passato Governo di sostanziale complicità nelle cartolarizzazioni e di dichiarata contrariètà ad ogni soluzione della questione dei cosiddetti immobili di pregio si è passati, in questa legislatura, alla totale indifferenza per entrambe le problematiche. Il pesante velo steso sull’operazione, ormai “agonizzante”, non viene sollevato e quando sarà fatto, sarà sempre troppo tardi.
La speranza riaccesa dal Governo Berlusconi
Il Ministro Tremonti ha affermato: “Lancio un appello agli uomini liberi e forti perché cooperino per il bene del paese senza pregiudizi e preconcetti e affrontare così la crisi” ed ancora: “la Repubblica favorisce il diritto alla casa”.
Allora, a gennaio 2009, invio una lettera al Ministro nella quale evidenzio che, a distanza di oltre 12 anni dall’avvio della dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici, gli inquilini delle cosiddette case di pregio non comprendono l’irragionevolezza di voler vendere case occupate al prezzo delle stesse case libere e per quale arcano motivo gli immobili classificati di pregio (occupati) siano stati sottratti alla regola generale della riduzione di prezzo di vendita praticata per le dismissioni di tutti i patrimoni immobiliari pubblici, visto che comunque del loro maggior valore si è tenuto conto nella valutazione (certamente più alta rispetto agli altri) e infine a non intravedere una giusta soluzione al contenzioso sugli immobili di pregio.
Ebbene con la Legge 14/2009 (12 bis) sembra che il Governo venga incontro alla mia richiesta, perché nel porre fine alla Scip invita esplicitamente gli enti diventati nuovamente proprietari, di promuovere la definizione del contenzioso in materia immobiliare privilegiando soluzioni transattive al fine di favorire la tutela del diritto all’abitazione nella attuale fase di eccezionale crisi economica.
A mio avviso, bisogna ora partire dall’orientamento giurisprudenziale civilistico stabilito dai Tribunali per ragionare sulle possibili soluzioni transattive ipotizzate dalla legge ed è quanto mai necessario, proprio per evitare ulteriori disparità di trattamento, che il Governo attraverso i Ministeri dell’Economia e del Welfare, assuma una iniziativa diretta a coordinare, se non proprio a disciplinare, l’avvio delle definizioni transattive del contenzioso, affidate dalla legge agli Enti proprietari.
Certamente gli inquilini interessati all’acquisto non potranno rimanere attestati rigidamente sulle ragioni avanzate nei diversi contenziosi giudiziari, a cui potranno rinunziare se venisse adottata una normativa di transazione che preveda la determinazione del prezzo di vendita per gli immobili di pregio che non sia quello puro e semplice della rendita catastale moltiplicata per cento (come stabiliscono le sentenze del Tribunale di Napoli), ma che faccia riferimento al prezzo di mercato corrente nel 2001.
Verrebbe recuperato così per la vendita di tali immobili, già esclusi da tutti gli sconti, almeno l’intento essenziale della Legge 104/2004 che ha stabilito, per i conduttori che abbiano manifestato la volontà di acquistare l’immobile entro il 31 ottobre 2001, il diritto a corrispondere il valore a quella data senza alcuna considerazione circa la tipologia dell’immobile.
Solo così si potrà porre la parola fine, anche con soddisfazione delle centinaia di famiglie ad una travagliata procedura di vendita che va avanti da 14 anni.
(28) Relazione della Corte dei Conti di febbraio 2007 (delibera 4/2007/G)
(29) Legislatura XV Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-00117 del 19/09/2006 Seduta n. 33
(30) Legislatura XV Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-00388 del 7/02/2007 Seduta n. 104
TABELLE
Tab. 1
Portafoglio Scip 1
PORTAFOGLIO Scip 1 |
Unita' |
Volore di Mercato |
Volore di offerta |
Unità residenziali |
27.251 |
3.543.000.000 |
2.273.000.000 |
Edifici commerciali |
262 |
1.557.000.000 |
1.557.000.000 |
TOTALE |
27.513 |
5.100.000.000 |
3.830.000.000 |
Tab. 2
Portafoglio Scip 2
PORTAFOGLIO Scip 2 |
Unita' |
Volore di Mercato |
Volore di offerta |
Unità locate residenziali |
49.845 |
8.369.539.063 |
5.021.723.438 |
Unità locate commerciali |
7.662 |
1.825.403.486 |
1.825.403.486 |
Unità libere residenziali |
3.396 |
553.927.881 |
553.927.881 |
Unità libere commerciali |
1.977 |
396.048.794 |
396.048.794 |
TOTALE |
62.880 |
11.144.919.224 |
7.797.103.599 |
Tab. 3
Patrimonio complessivo ( SCIP 1+ SCIP 2)
PORTAFOGLIO Scip 1 |
Unita' |
Volore di Mercato |
Volore di offerta |
Unità residenziali |
27.251 |
3.543.000.000 |
2.273.000.000 |
Unità commerciali |
262 |
1.557.000.000 |
1.557.000.000 |
TOTALE |
27.513 |
5.100.000.000 |
3.830.000.000 |
PORTAFOGLIO Scip 2 |
Unita' |
Volore di Mercato |
Volore di offerta |
Unità locate residenziali |
49.845 |
8.369.539.063 |
5.021.723.438 |
Unità locate commerciali |
7.662 |
1.825.403.486 |
1.825.403.486 |
Unità libere residenziali |
3.396 |
553.927.881 |
553.927.881 |
Unità libere commerciali |
1.977 |
396.048.794 |
396.048.794 |
TOTALE |
62.880 |
11.144.919.224 |
7.797.103.599 |
TOTALE COMPLESSIVO SCIP 1 + SCIP 2 |
90.393 |
16.244.919.224 |
11.627.103.599 |
Tab. 4
Portafoglio Scip 2 in termini di unità al 28/02/2009
PORTAFOGLIO (n. unità principali) |
INIZIALE |
AL 28/02/2009 |
U. VENDUTE AL 28/02/09 |
Percentuale realizzata |
Unità locate residenziali |
49.845 |
9.196 |
40.649 |
81,55 |
Unità locate commerciali |
7.662 |
2.408 |
5.254 |
68,57 |
Unità libere residenziali |
3.396 |
1.850 |
1.546 |
45,52 |
Unità libere commerciali |
1.977 |
2.012 |
- 35 |
- 1,77 |
TOTALE |
62.880 |
15.466 |
47.414 |
75,40 |
Tab.5
Portafoglio Scip 2 in termini di valore al 28/02/2009
PORTAFOGLIO (prezzo d'offerta aggregato) |
VALORE INIZIALE INIZIALE |
VALORE AL 28/02/2009 |
VALORI DISMESSI |
Incasso medio per unità |
Unità locate residenziali |
5.021.723.438 |
1.133.322.294 |
3.888.401.144 |
95.657,98 |
Unità locate commerciali |
1.825.403.486 |
658.977.427 |
1.166.426.059 |
222.007,24 |
Unità libere residenziali |
553.927.881 |
164.292.267 |
389.635.614 |
252.028,21 |
Unità libere commerciali |
396.048.794 |
222.721.047 |
173.327.747 |
- |
TOTALE |
7.797.103.599 |
2.179.313.035 |
5.617.790.564 |
Tab. 6
Perdita complessiva dell’operazione SCIP
Valore di mercato del patrimonio Scip 1 + Scip 2 |
16.244.919.224 |
|
|
Incasso Scip 1 |
|
2.194.448.582 |
|
Incasso Scip 2 |
|
6.627.552.985 |
|
Importo restituito dagli Enti alla Scip al 27/04/2009 (disponibilità liquide di Scip 1: 1.460.438.151 - Debiti finali Scip 2: 1.726.323.389) |
|
265.885.238 |
|
Valore residuo patrimonio al 28/02/2009 |
|
2.426.152.222 |
|
|
|
10.982.268.551 |
|
Perdita |
|
|
5.262.650.673 |
Tab. 7
Perdita complessiva per l’Erario dal 1999 in poi
N. Unità |
Patrimonio originario |
Incassi |
Patrimonio residuo |
Differenza |
|
POC |
10.683 |
1.500.000.000 |
951.000.000 |
|
549.000.000 |
PSC |
74 |
412.065.000 |
473.483.331 |
|
- 61.418.331 |
SCIP (1+2) |
90.393 |
16.244.919.224 |
8.556.116.329 |
2.426.152.222 |
5.262.650.673 |
Totali |
101.150 |
18.156.984.224 |
9.980.599.660 |
2.426.152.222 |
5.750.232.342 |
Tab. 8
Andamento dell’operazione Scip 1 (fonte Bilanci Scip S.r.l.):
ANDAMENTO DELL'OPERAZIONE SCIP1 (BILANCI S.C.I.P. S.r.l. 2001 - 2009) |
|||||||||
DESCRIZIONE |
SITUAZIONE AL |
SITUAZIONE AL |
SITUAZIONE AL |
SITUAZIONE AL |
SITUAZIONE AL |
SITUAZIONE AL |
SITUAZIONE AL |
SITUAZIONE AL |
SITUAZIONE AL |
31/12/2009 |
31/12/2008 |
31/12/2007 |
31/12/2006 |
31/12/2005 |
31/12/2004 |
31/12/2003 |
31/12/2002 |
31/12/2001 |
|
ATTIVITA' CARTOLARIZZATE |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Patrimonio immobiliare |
|
10.613.424 |
332.199.302 |
361.203.748 |
400.952.729 |
460.397.619 |
626.335.857 |
968.216.474 |
1.994.448.582 |
IMPIEGO DELLE DISPONIBILITA' |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Costi capitalizzati |
|
|
|
|
|
|
|
1.617.007 |
8.203.661 |
Disponibilità liquide |
56.891.246 |
1.477.897.985 |
1.361.899.167 |
1.250.011.830 |
1.169.422.062 |
1.041.911.587 |
814.523.234 |
1.322.008.550 |
300.117.191 |
Crediti verso gestione societaria |
|
|
21.789 |
21.790 |
21.978 |
|
|
|
|
Crediti cerso Enti Gestori |
|
10.003.321 |
13.143.824 |
13.510.711 |
13.267.371 |
10.255.130 |
9.036.551 |
12.284.166 |
|
Crediti verso Patrimonio Scip 2 |
|
3.617.643 |
606.786 |
337.720 |
176.943 |
|
|
|
|
Crediti verso clienti |
|
614.973 |
|
|
|
|
|
|
|
Crediti per interessi attivi bancari |
16.237 |
25.987.070 |
|
|
|
|
|
|
|
Altri crediti |
|
18.623 |
32.816 |
25.414 |
81.575 |
583.467 |
420.458 |
7.508 |
|
Ratei e Risconti attivi |
|
|
|
|
|
|
16.500 |
865.544 |
2.155.501 |
TOTALE ATTIVO |
56.907.483 |
1.528.753.039 |
1.707.903.684 |
1.625.111.213 |
1.583.922.658 |
1.513.147.803 |
1.450.332.600 |
2.304.999.249 |
2.304.924.935 |
TITOLI EMESSI |
|
|
|
- |
- |
- |
- |
1.300.000.000 |
2.300.000.000 |
FINANZIAMENTI RICEVUTI |
|
|
|
- |
- |
- |
- |
- |
- |
ALTRE PASSIVITA' |
56.907.483 |
1.528.753.039 |
1.707.903.684 |
1.625.111.213 |
1.583.876.862 |
1.513.147.803 |
1.450.332.600 |
1.001.895.826 |
8.028.355 |
Debiti verso gestione societaria |
|
|
|
|
|
|
|
4.370 |
6.580 |
Debiti v/Fornitori |
|
215.986 |
51.264 |
7.000 |
7.188 |
3.018.893 |
416.570 |
994.626 |
3.107.670 |
Debiti verso MEF per prezzo differito |
5.438.879 |
1.473.711.872 |
1.664.703.850 |
1.578.050.386 |
1.535.766.522 |
1.459.158.875 |
1.358.743.249 |
889.482.919 |
|
Debiti verso Enti Gestori |
37.251 |
49.395 |
1.251.758 |
45.796 |
|
|
|
|
|
Debiti v/patrimonio Scip2 |
208.015 |
|
269.066 |
|
|
|
|
|
|
Ratei passivi |
|
|
|
|
|
|
|
2.070.809 |
4.828.167 |
Depositi cauzionali ricevuti |
51.223.338 |
54.774.843 |
41.591.956 |
47.006.668 |
47.578.294 |
50.666.885 |
59.522.902 |
50.395.403 |
|
Altri debiti |
|
943 |
35.790 |
1.363 |
524.858 |
303.150 |
31.649.879 |
62.051.120 |
85.938 |
Risultato dell' operazione |
|
|
|
|
|
|
|
- 3.103.421 |
|
TOTALE PASSIVO |
56.907.483 |
1.528.753.039 |
1.707.903.684 |
1.625.111.213 |
1.583.876.862 |
1.513.147.803 |
1.450.332.600 |
2.301.895.826 |
2.308.028.355 |
INTERESSI PASSIVI SU TITOLI EMESSI |
|
|
|
- |
- |
- |
34.109.636 |
82.500.141 |
2.266.222 |
COMMISSIONI E PROVVIGIONI |
27.864 |
582.494 |
432.008 |
1.935.097 |
9.156.132 |
6.641.404 |
28.275.231 |
60.303.565 |
5.494 |
Commissioni Enti Gestori per vendita imm. Resid. |
|
|
|
|
|
|
|
20.280.270 |
|
Commissioni per valutazione patrimonio immobiliare |
|
|
|
|
|
180.000 |
|
447.360 |
|
Commissioni di gestione del patrimonio |
23.805 |
198.466 |
154.319 |
1.935.097 |
3.318.778 |
4.007.909 |
8.997.057 |
33.798.476 |
|
Commissioni per vendita immobili commerciali |
|
|
|
|
5.837.354 |
2.436.995 |
19.220.481 |
5.738.100 |
|
Per altri servizi |
4.059 |
384.028 |
277.689 |
|
|
16.500 |
57.693 |
39.359 |
5.494 |
ALTRI ONERI |
10.024.126 |
270.321.855 |
86.791.912 |
42.333.529 |
77.170.717 |
100.516.679 |
523.781.376 |
984.543.985 |
3.306.800 |
Ammortamento commissioni collocamento titoli |
|
|
|
|
|
|
640.522 |
1.673.835 |
15.950 |
Ammortamento costi capitalizzazti |
|
|
|
|
|
|
976.485 |
1.855.583 |
722.326 |
Riaddebito costi della gestione societaria (Scip. S.r.l.) |
|
21.790 |
|
|
|
|
28.794 |
55.648 |
6.580 |
Svalutazione patrimonio immobiliare |
|
270.266.605 |
|
|
|
|
|
|
|
Interest Rate Swap (from issuer to Swap Conterparty) |
|
|
|
|
|
|
50.826.750 |
91.338.889 |
2.561.944 |
Prezzo differito |
|
|
86.653.465 |
42.283.864 |
76.607.647 |
100.415.626 |
469.260.329 |
889.492.919 |
|
Altri oneri |
10.024.126 |
33.460 |
138.447 |
49.665 |
563.070 |
101.053 |
2.048.496 |
127.111 |
|
TOTALE COSTI |
10.051.990 |
270.904.349 |
87.223.920 |
44.268.626 |
86.326.849 |
107.158.083 |
586.166.243 |
1.127.347.691 |
5.578.516 |
RICAVI |
|
|
|
|
|
|
|
|
|
Interest Rate Swap (from issuer to Swap Conterparty) |
|
|
|
|
|
|
31.291.000 |
77.887.481 |
2.139.000 |
Rivavi per canoni di locazione immobili comm.li |
26.450 |
220.517 |
171.466 |
2.150.196 |
3.687.530 |
4.440.352 |
9.996.730 |
37.553.562 |
|
Plusvalenza per cessione patrimonio imm.re |
|
|
41.663.035 |
25.836.575 |
60.383.957 |
83.622.458 |
508.345.199 |
976.705.051 |
|
Ricavi per adeguamento prezzo differito |
4.443.367 |
190.991.978 |
|
|
|
|
|
|
|
Interessi attivi bancari |
4.684.924 |
79.682.100 |
45.389.418 |
16.281.855 |
22.255.362 |
|
|
|
|
Altri Ricavi |
897.249 |
9.754 |
1 |
- |
- |
19.095.273 |
36.533.314 |
38.304.718 |
336.096 |
TOTALE RICAVI |
10.051.990 |
270.904.349 |
87.223.920 |
44.268.626 |
86.326.849 |
107.158.083 |
586.166.243 |
1.130.450.812 |
2.475.096 |
RISULTATO DELL' OPERAZIONE |
- |
- |
- |
- |
- |
- |
- |
3.103.121 |
- 3.103.420 |
Tab. 9
Andamento dell’operazione Scip 2 (fonte Bilanci Scip S.r.l.):
OPERAZIONE SCIP2 (BILANCI S.C.I.P. S.r.l. 2002-2009) |
||||||||
DESCRIZIONE |
SITUAZIONE AL |
SITUAZIONE AL |
SITUAZIONE AL |
SITUAZIONE AL |
SITUAZIONE AL |
SITUAZIONE AL |
SITUAZIONE AL |
SITUAZIONE AL |
31/12/2009 |
31/12/2008 |
31/12/2007 |
31/12/2006 |
31/12/2005 |
31/12/2004 |
31/12/2003 |
31/12/2002 |
|
ATTIVITA' CARTOLARIZZATE |
|
|
|
|
|
|
|
|
Patrimonio immobiliare |
|
1.849.244.561 |
2.902.728.623 |
3.883.629.539 |
4.890.913.082 |
6.176.717.339 |
7.252.605.741 |
7.797.103.600 |
IMPIEGO DELLE DISPONIBILITA' |
|
|
|
|
|
|
|
|
Costi capitalizzati |
|
- |
405.861 |
880.338 |
1.009.962 |
1.039.952 |
2.377.994 |
4.195.605 |
Disponibilità liquide |
123.129.245 |
187.365.224 |
242.978.046 |
301.104.420 |
4.191.922.093 |
690.594.369 |
650.996.420 |
3.751.822 |
Crediti verso Inps corr. Su vendite |
2.526.400 |
|
|
|
|
|
|
|
Crediti verso gestione societaria |
|
|
|
|
188.642 |
|
|
|
Crediti cerso Enti Gestori |
14.743.849 |
26.877.756 |
2.286.172 |
1.478.361 |
4.078.556 |
3.200.933 |
1.692.065 |
|
Crediti per int. Att. Bancari |
385.270 |
|
|
|
|
|
|
|
Crediti verso G1 |
|
|
26.901.882 |
5.700.101 |
6.180.430 |
5.111.054 |
3.451.587 |
|
Creditiv/patrimonio SCIP1 |
208.015 |
|
269.066 |
|
|
|
|
|
Altri crediti |
71.873 |
1.633.617 |
316.977 |
1.784.981 |
3.596.550 |
445.227 |
18.819.121 |
|
Ratei attivi |
|
8.264.574 |
14.162.919 |
17.748.386 |
15.462.171 |
20.268.319 |
30.895.572 |
12.162.002 |
TOTALE ATTIVO |
141.064.652 |
2.073.385.732 |
3.190.049.546 |
4.212.326.126 |
9.113.351.486 |
6.897.377.193 |
7.960.838.500 |
7.817.213.029 |
TITOLI EMESSI |
|
930.157.021 |
1.669.958.662 |
2.703.074.283 |
7.507.000.000 |
5.137.000.000 |
6.637.000.000 |
6.637.000.000 |
Titoli Classe A1 |
|
|
|
- |
- |
- |
1.500.000.000 |
1.500.000.000 |
Titoli Classe A2 |
|
|
|
- |
- |
2.000.000.000 |
2.000.000.000 |
2.000.000.000 |
Titoli Classe A3 |
|
|
|
|
1.743.000.000 |
1.743.000.000 |
1.743.000.000 |
1.743.000.000 |
Titoli Classe B |
|
|
|
|
858.000.000 |
858.000.000 |
858.000.000 |
858.000.000 |
Titoli Classe C |
|
|
|
|
536.000.000 |
536.000.000 |
536.000.000 |
536.000.000 |
a4 |
|
|
|
|
1.000.000.000 |
|
|
|
a5 |
|
455.157.021 |
1.194.958.662 |
2.228.074.283 |
2.895.000.000 |
|
|
|
b2 |
|
475.000.000 |
475.000.000 |
475.000.000 |
475.000.000 |
|
|
|
FINANZIAMENTI RICEVUTI |
|
956.027.613 |
914.835.631 |
883.682.031 |
852.528.431 |
821.374.831 |
- |
- |
ALTRE PASSIVITA' |
141.064.652 |
187.201.098 |
605.255.253 |
625.569.812 |
753.632.267 |
939.002.362 |
1.323.838.500 |
1.204.576.653 |
Debiti v/Fornitori |
320.397 |
7.137.697 |
5.139.542 |
6.067.030 |
4.458.359 |
8.478.979 |
3.933.341 |
6.798.208 |
Debiti verso MEF per prezzo differito |
120.973.740 |
129.100.557 |
171.771.789 |
238.757.009 |
406.696.856 |
671.116.341 |
903.736.227 |
1.169.550.615 |
Debiti verso Scip S.r.l. |
26.144 |
70.687 |
88.877 |
89.334 |
293.705 |
85.297 |
75.265 |
28.227.830 |
Debiti verso patrimonio separato Scip1 |
|
3.617.643 |
606.786 |
337.720 |
176.943 |
- |
- |
- |
Depositi cauzionali ricevuti |
15.800.162 |
24.584.800 |
44.459.236 |
32.435.089 |
19.808.588 |
15.448.305 |
9.648.092 |
|
Debiti verso INPS |
3.926.209 |
|
|
|
|
|
|
|
Debiti verso Enti |
|
6.990.686 |
|
|
|
|
|
|
Anticipi ricevuti dagli Enti per 85% affitti |
|
|
355.003.693 |
304.072.962 |
248.578.608 |
177.639.134 |
63.552.295 |
|
Altri debiti |
18.000 |
89.820 |
1.098.513 |
5.012.060 |
10.374.992 |
3.570.375 |
1.934.941 |
|
Debiti per Swaps da liquidare |
|
|
|
|
- |
- |
257.037.736 |
|
Ratei passivi |
|
15.609.208 |
27.086.817 |
38.798.608 |
63.244.216 |
62.663.931 |
83.920.603 |
|
TOTALE PASSIVO |
141.064.652 |
2.073.385.732 |
3.190.049.546 |
4.212.326.126 |
9.113.160.698 |
6.897.377.193 |
7.960.838.500 |
7.841.576.653 |
INTERESSI PASSIVI SU TITOLI EMESSI |
9.452.321 |
62.311.552 |
91.179.465 |
164.098.991 |
173.870.382 |
145.014.966 |
194.140.669 |
12.162.971 |
COMMISSIONI E PROVVIGIONI |
|
9.835.574 |
11.347.308 |
15.813.234 |
28.155.598 |
31.729.576 |
10.921.585 |
8.179.452 |
Commissioni ad Enti Gestori per vendita |
1.402.728 |
8.506.639 |
9.556.490 |
9.903.707 |
15.335.720 |
14.297.982 |
740.818 |
|
Commissioni di gestione del patrimonio |
|
- |
1.041.715 |
4.276.042 |
8.058.876 |
9.682.644 |
9.512.452 |
|
Commissioni per altri servizi |
3.141.103 |
1.328.935 |
749.103 |
1.633.485 |
4.761.002 |
7.748.950 |
668.315 |
8.179.452 |
ALTRI ONERI |
22.220.892 |
511.457.727 |
115.456.043 |
160.927.531 |
275.128.164 |
259.477.144 |
296.834.901 |
16.183.265 |
Ammortamento commissioni collocamento titoli |
|
405.861 |
474.477 |
929.624 |
1.414.989 |
1.338.042 |
1.817.611 |
99.595 |
Riaddebito costi della gestione societaria (Scip. S.r.l.) |
106.661 |
151.025 |
179.230 |
174.644 |
208.408 |
176.011 |
151.357 |
|
Altri oneri |
531.027 |
14.795 |
260.884 |
129.760 |
650.987 |
434.146 |
879.022 |
18.811 |
Rettifica canoni di locazione |
11.297.595 |
|
|
|
|
|
|
|
Svalutazione patrimonio immobiliare |
|
420.954.860 |
|
|
|
|
|
|
Interessi passivi su finanziamento |
|
41.191.982 |
31.153.600 |
31.153.600 |
31.153.600 |
21.374.831 |
- |
|
Interest Rate Swap (from issuer to Swap Conterparty) |
10.285.609 |
48.739.204 |
83.387.852 |
128.539.903 |
241.700.180 |
236.154.114 |
293.986.911 |
16.064.859 |
TOTALE COSTI |
31.673.213 |
583.604.853 |
217.982.816 |
340.839.756 |
477.154.144 |
436.221.686 |
501.897.155 |
36.525.688 |
RICAVI |
|
|
|
|
|
|
|
|
Interest Rate Swap (from issuer to Swap Conterparty) |
15.362.200 |
88.020.684 |
120.194.995 |
97.561.792 |
98.531.025 |
128.837.245 |
194.122.822 |
12.162.002 |
Ricavi per canoni di locazione di immobili commerciali |
|
- |
6.944.764 |
28.561.945 |
53.725.840 |
64.553.545 |
63.416.349 |
|
Ricavi da Enti per 85% canoni di locazione |
7.203.287 |
445.192.764 |
|
|
|
|
|
|
Ricavi per adeguamento del prezzo di trasferimento differito |
12.086.470 |
|
|
|
|
|
|
|
Altri Ricavi + int attivi bancari |
1.565.087 |
7.720.173 |
23.857.837 |
46.806.173 |
60.447.794 |
9.257.826 |
2.907.220 |
62 |
TOTALE RICAVI |
36.217.044 |
540.933.621 |
150.997.596 |
172.929.910 |
212.704.659 |
202.648.616 |
260.446.391 |
12.162.064 |
RISULTATO DELL' OPERAZIONE |
4.543.831 |
- 42.671.232 |
- 66.985.220 |
-167.909.846 |
-264.449.485 |
-233.573.070 |
-241.450.764 |
- 24.363.624 |
Tab. 10
Analisi dei costi SCIP 2 al 31/12/2009 (fonte Bilanci Scip S.r.l.):
COSTI COMPLESSIVI SCIP 2 SOSTENUTI DAL 01/01/2002 FINO AL 31/12/2009 |
||
INTERESSI PASSIVI SU TITOLI EMESSI |
852.231.317 |
|
Commissioni ad Enti Gestori per vendita |
59.744.084 |
|
Commissioni di gestione del patrimonio |
32.571.729 |
|
Commissioni per altri servizi |
28.210.345 |
|
Ammortamento commissioni collocamento titoli |
6.480.199 |
|
Riaddebito costi della gestione societaria (Scip. S.r.l.) |
1.147.336 |
|
Svalutazione patrimonio immobiliare (contabilizzata nel 2008) |
|
420.954.860 |
Altri oneri |
2.919.432 |
|
Interessi passivi su finanziamento (Banca OPI S.p.a - ACS Depfa) |
156.027.613 |
|
Inegative nterest Rate Swap (from issuer to Swap Conterparty) |
1.058.858.632 |
|
Positive Interest Rate Swap (from issuer to Swap Conterparty) |
- 754.792.765 |
|
TOTALE COSTI AL NETTO DEGLI INTERESSI ATTIVI da Swap |
|
1.864.352.782 |
Tab. 11
Situazione al 31/12/2008 delle due operazioni SCIP 1 + SCIP 2
(fonte Bilanci Scip S.r.l.):
DESCRIZIONE |
SITUAZIONE Scip 2 AL |
SITUAZIONE Scip 1 AL |
SITUAZIONE Scip 1 + Scip 2AL |
31/12/2008 |
31/12/2008 |
31/12/2008 |
|
ATTIVITA' CARTOLARIZZATE |
|
|
|
Patrimonio immobiliare |
1.849.244.561 |
10.613.424 |
1.859.857.985 |
IMPIEGO DELLE DISPONIBILITA' |
|
|
- |
Costi capitalizzati |
|
|
- |
Disponibilità liquide |
187.365.224 |
1.477.897.985 |
1.665.263.209 |
Crediti per interessi attivi bancari |
|
25.987.070 |
25.987.070 |
Crediti cerso Enti Gestori |
26.877.756 |
10.003.321 |
36.881.077 |
Crediti verso Patrimonio Scip 1/2 |
|
3.617.643 |
3.617.643 |
Crediti verso clienti |
|
614.973 |
614.973 |
Altri crediti |
1.633.617 |
18.623 |
1.652.240 |
Ratei attivi |
8.264.574 |
|
8.264.574 |
TOTALE ATTIVO |
2.073.385.732 |
1.528.753.039 |
3.602.138.771 |
TITOLI EMESSI |
930.157.021 |
|
930.157.021 |
a5 |
455.157.021 |
|
455.157.021 |
b2 |
475.000.000 |
|
475.000.000 |
FINANZIAMENTI RICEVUTI |
956.027.613 |
|
956.027.613 |
ALTRE PASSIVITA' |
187.201.098 |
1.528.753.039 |
1.715.954.137 |
Debiti v/Fornitori |
7.137.697 |
215.986 |
7.353.683 |
Debiti verso MEF per prezzo differito |
129.100.557 |
1.473.711.872 |
1.602.812.429 |
Debiti verso Scip S.r.l. |
70.687 |
49.395 |
120.082 |
Debiti verso patrimonio separato Scip1/2 |
3.617.643 |
|
3.617.643 |
Depositi cauzionali ricevuti |
24.584.800 |
|
24.584.800 |
Debiti verso Enti |
6.990.686 |
|
6.990.686 |
Altri debiti |
89.820 |
943 |
90.763 |
Depositi cauzionali ricevuti |
|
54.774.843 |
54.774.843 |
Ratei passivi |
15.609.208 |
|
15.609.208 |
TOTALE PASSIVO |
2.073.385.732 |
1.528.753.039 |
3.602.138.771 |