Atto Camera

Mozione 1-00011
presentato da
MORASSUT Roberto
testo di
Mercoledì 4 dicembre 2013, seduta n. 131

La Camera,
premesso che:
l'emergenza abitativa costituisce, nell'attuale crisi economica che colpisce il Paese, uno dei fattori di maggiore e crescente tensione sociale che interessa larghi strati della popolazione appartenenti, oltre che alle tradizionali categorie a rischio, anche a fasce di ceto medio, professionisti e famiglie con doppio reddito;
tale situazione è resa particolarmente acuta dai caratteri del mercato immobiliare italiano dove l'offerta di abitazioni private – con costi molto alti ed inaccessibili per un numero sempre maggiore di famiglie e di giovani coppie – supera largamente l'offerta pubblica scesa progressivamente, negli ultimi anni, ad una quota pari a circa l'1 per cento della produzione edilizia totale;
occorre prendere atto di un'assenza di iniziativa delle autorità pubbliche che, nonostante la crescita della crisi abitativa, gli interventi delle forze sociali e di vari organismi parlamentari non sono stati in grado, negli ultimi anni, di varare un'organica politica per la casa che, intrecciata con innovative politiche di governo del territorio, fosse in grado di rilanciare la produzione di edilizia a fini sociali o di carattere pubblico con il recupero urbano ed il contenimento del consumo di suolo nelle città;
la Corte costituzionale e la Corte europea dei diritti dell'uomo hanno, in questo quadro, segnalato l'inopportunità di provvedimenti «tampone» – soprattutto in materia di proroga delle ordinanze di sfratto – che ledono il libero dispiegarsi del diritto alla proprietà, in assenza di azioni organiche e complessive capaci di dare una risposta d'insieme ai vari aspetti che riguardano il problema dell'emergenza abitativa in Italia e, d'altro canto, si deve tenere presente che il diritto alla casa e l'accesso alla proprietà della stessa sono sanciti dall'articolo 47 della Costituzione;
parte rilevante della crisi abitativa, specie in alcuni ambiti territoriali e segnatamente nella città di Roma, è legata alla dismissione del patrimonio abitativo degli enti previdenziali pubblici e privatizzati; processo che ancora oggi – dopo le alienazioni concluse negli anni precedenti – riguarda circa 100 mila famiglie;
in questo ambito, gli affittuari degli immobili degli enti previdenziali privatizzati vivono una condizione di preoccupazione circa gli eventuali aumenti dei canoni di affitto per il rinnovo dei contratti di locazione e per le conseguenze connesse con i possibili processi di dismissione del patrimonio immobiliare;
per quanto riguarda i conduttori degli immobili degli enti previdenziali pubblici, la preoccupazione deriva dall'interruzione del processo di alienazione e dalla scadenza dei contratti che mette sia i conduttori con titolo che le tante famiglie di occupanti sine titulo in una condizione di angoscia e incertezza tanto più assurda in presenza di una legge – la n. 410 del 2001 – che ha fissato con chiarezza le condizioni e le prerogative con cui agire per la vendita del patrimonio degli enti previdenziali pubblici;
in questo specifico caso, va ricordato che già il 90 per cento del patrimonio abitativo è stato alienato ai conduttori con le prerogative della suddetta legge e attraverso l'azione di specifici soggetti societari all'uopo costituiti – Scip 1 e Scip 2 –, dopo lo scioglimento dei quali il patrimonio residuo è entrato integralmente in possesso dell'Inps;
l'Inps stesso, più volte sollecitato sul tema ha inviato, anche con specifica lettera del presidente Mastrapasqua, ai Ministeri dell'economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali – vigilanti sull'Istituto – richiesta di chiarimento sul da farsi, in ragione anche della sopravvenuta norma sulla dismissione del patrimonio immobiliare pubblico presente all'articolo 27 del cosiddetto «decreto Salva Italia», decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011;
appare, pertanto, urgente un pronunciamento degli organi parlamentari e del Governo sulle modalità con cui affrontare, in un quadro di sostenibilità economica dello Stato e degli enti sopra richiamati, ma anche e soprattutto di tutela e garanzia sociale delle famiglie interessate, il processo di alienazione degli immobili del patrimonio abitativo degli enti pubblici e privatizzati, evitando il rischio di accentuare l'emergenza abitativa,

impegna il Governo:

ad assumere iniziative, nel più breve tempo possibile, per chiarire il quadro normativo che regola il processo di alienazione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, in particolare precisando che, in ogni caso, al processo di alienazione possa applicarsi una disciplina conforme a quella prevista dalla legge n. 410 del 2001, con riferimento al regime delle tutele degli inquilini, al prezzo e alle garanzie, contemperando le esigenze di redditività per la finanza pubblica dei processi di alienazione con quelle sociali, coerenti con quelle che ispirano la missione istituzionale di tali enti, quali protagonisti del sistema del welfare;
ad intervenire per garantire, comunque, agli inquilini tutele e garanzie di controllo sui prezzi di vendita da parte dei predetti enti pubblici e sull'entità dei canoni di affitto in rinnovo di locazione, traendo prioritario riferimento da quanto stabilito dalla legge n. 410 del 2001 e dagli accordi sindacali in materia, in modo che i diritti in essa stabiliti siano effettivamente praticabili;
ad aprire in ogni caso da subito, sempre relativamente al patrimonio immobiliare degli enti pubblici, una sede di confronto tecnico e sindacale con le organizzazioni sindacali, dell'inquilinato e con gli enti locali interessati, per individuare le soluzioni più rapide e socialmente efficaci per raggiungere gli obbiettivi sopra richiamati e per la regolarizzazione dei sine titulo o delle assegnazioni irregolari negli alloggi dei predetti enti previdenziali pubblici, anche al fine di prevenire situazioni esplosive di disagio sociale e per favorire l'accesso al credito delle famiglie con reddito medio basso, con mutui sostenibili e finalizzati all'acquisto, anche avvalendosi delle recenti misure proposte in tal senso dal Governo;
ad impartire disposizioni affinché, nelle more dei provvedimenti da assumere, venga valutata la possibilità di differire l'esecuzione degli sfratti o degli sgomberi pendenti nelle aree urbane e sospendere le aste riguardanti le unità immobiliari ad uso residenziale che non risultino effettivamente libere;
ad intervenire, anche mediante precise disposizioni normative, per risolvere l'annosa vicenda del contenzioso giudiziario dei cosiddetti immobili di pregio;
a farsi promotore, quanto al patrimonio degli enti privatizzati, di una decisa iniziativa presso i medesimi enti che, nel richiamarli alle responsabilità che anche essi rivestono quali attori del sistema sociale, sia volta a favorire, nel rispetto e nell'ambito della loro autonomia gestionale, organizzativa e contabile – avvalendosi anche di apposite procedure di negoziazione con le organizzazione sindacali degli inquilini – politiche di gestione del mercato delle locazioni e dei processi di dismissione immobiliare (prevedendo eventualmente anche l'alienazione in favore dei conduttori delle unità abitate). Le politiche in questione dovranno ispirarsi a criteri di tutela e salvaguardia, in ogni caso, dei nuclei familiari che presentino condizioni di maggiore svantaggio e disagio economico, ovvero che siano a rischio di esclusione sociale, così come individuati dal decreto-legge 20 ottobre 2008, n. 158, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2008, n. 19. Le medesime politiche dovranno, più in generale, ispirarsi a criteri che, nel rispetto della funzione di garanzia economico-finanziaria che il loro patrimonio assume per le rispettive gestioni previdenziali, siano quanto più aderenti a quelli di carattere sociale previsti per la dismissione del patrimonio immobiliare degli enti pubblici di previdenza;
a monitorare che i processi di dismissione immobiliare degli enti previdenziali pubblici e privatizzati, ispirati ai principi sociali di cui alla presente mozione, siano conformi ai criteri di piena trasparenza, conoscibilità e rendicontazione.
(1-00011)
(Nuova formulazione) «Morassut, Saltamartini, Antimo Cesaro, Di Gioia, Santerini, Argentin, Braga, Villecco Calipari, Martella, Meta, Coscia, Realacci, Peluffo, Lenzi, Brandolin, Costa, Leone, Misuraca, Dorina Bianchi, Piso, Garofalo, Bernardo, Bosco, Tinagli, Zanetti, D'Agostino, Sottanelli, Cimmino, Binetti, Rabino, Causin, Fitzgerald Nissoli, Monchiero, Schirò, Dellai, Marazziti».

 

 


 Ordine del Giorno 9/05534  -  bis  -  A/168 presentato da MOTTA Carmen testo di Mercoledì 21 novembre 2012, seduta n. 721  

 La Camera,  
 premesso che:  
 la legge di stabilità in commento nell'ambito delle riduzioni di spesa delle pubbliche amministrazioni detta disposizioni sulla valorizzazione e dismissione degli immobili pubblici;  
 sono alcune centinaia le famiglie italiane che occupano gli stabili di proprietà di enti previdenziali pubblici che, essendo stati classificati «di pregio», risultano esclusi in fase di acquisto dagli sconti concessi a tutti gli altri inquilini interessati dallo stesso processo di dismissione del patrimonio immobiliare residenziale dei medesimi enti;  
 la predetta esclusione ha determinato una ingiustificata disparità di trattamento tra inquilini che ha portato a numerosi contenziosi tuttora in essere, atteso che la particolare qualificazione attribuita agli immobili di pregio non incide sulla generale regola di mercato secondo la quale il prezzo di una casa occupata è inferiore rispetto a quello della stessa casa libera e, pertanto, la riduzione del prezzo di vendita agli inquilini, praticata nelle dismissioni di tutti i patrimoni immobiliari pubblici, si potrebbe configurare come un'indicazione del Legislatore di tener conto nella stima dell'immobile dell'occupazione o meno dell'immobile medesimo;  
 a distanza di anni dall'avvio della dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici, gli inquilini delle «case di pregio» non intravedono ancora una giusta soluzione al contenzioso che riguarda oramai una residuale parte di immobili, che sono stati di nuovo trasferiti agli enti proprietari dopo la chiusura delle operazioni di cartolarizzazione;  
 non è stata avviata una soluzione transattiva definitiva così come prevede il decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, né tantomeno è stata data esecuzione dall'INPS, a differenza dell'INAIL, alla direttiva interministeriale del 10 febbraio 2011 (Gazzetta Ufficiale n. 135 del 13 giugno 2011) che, in ogni caso, prevede una parziale soluzione conciliativa;  
 sarebbe opportuno che gli immobili ad uso abitativo, di pregio e non di pregio, fossero offerti in opzione agli aventi diritto per consentire loro un effettivo esercizio del diritto di opzione legislativamente previsto ai prezzi già determinati a suo tempo dall'Agenzia del Territorio; risulterebbe, inoltre, urgente il superamento della controversia in atto, in particolar modo, per quel che riguarda i cosiddetti immobili di pregio, 

 impegna il Governo 

 ad intervenire con urgenza per risolvere l'annosa vicenda del contenzioso giudiziario dei «cosiddetti» immobili di pregio agevolando in tal modo l'acquisto degli immobili medesimi da parte dei locatari in questa fase difficile e impegnativa sul piano economico e che vede nell'emergenza abitativa un tema di grande rilevanza sociale.  
 9/5534-bis-A/168. Motta. 

 

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Il 05 novembre 2012, la proposta emendativa 7.66 presentata su mia richiesta al disegno di Legge di Stabilità 2013 dall’On. Motta, che reca disposizioni sulle modalità di vendita delle unità residenziali di proprietà degli enti previdenziali pubblici per le quali penda ricorso avverso la qualificazione di pregio:

Dopo il comma 3, aggiungere il seguente:

3-bis. Le unità residenziali di pregio di proprietà degli enti previdenziali pubblici o di fondi mobiliari degli stessi enti, per le quali pende ricorso dinanzi all'autorità giudiziaria competente avverso la relativa qualificazione di pregio, ovvero anche la determinazione del prezzo di vendita delle stesse, sono vendute applicando al prezzo a suo tempo definito dall'Agenzia del territorio, una riduzione del 30 per cento, a condizione che vengano abbandonati i giudizi in corso, a spese compensate e che vengano riconosciuti come acconto prezzo delle unità i canoni corrisposti nelle more del giudizio dai conduttori che risultino in regola con il pagamento degli oneri accessori.

(è stata respinta) dalla Commissione Bilancio della Camera in sede di esame dei circa 1.500 emendamenti che sono stati presentati.

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Atto Camera

Mozione 1-01086
presentata da
ROBERTO MORASSUT
testo (aggiornato) di
martedì 24 ottobre 2012, seduta n.708
 

La Camera,
   premesso che:
    l'emergenza abitativa costituisce, nell'attuale crisi economica che colpisce il Paese, uno dei fattori di maggiore e crescente tensione sociale che interessa larghi strati della popolazione appartenenti, oltre le tradizionali categorie a rischio, anche a fasce di ceto medio, professionisti e famiglie con doppio reddito;
    tale situazione è resa particolarmente acuta dai caratteri del mercato immobiliare italiano, dove l'offerta di abitazioni private – con costi molto alti ed inaccessibili per un numero sempre maggiore di famiglie e di giovani coppie – supera largamente l'offerta pubblica scesa progressivamente, negli ultimi anni, ad una quota pari a circa l'1 per cento della produzione edilizia totale;
    occorre prendere atto di un'assenza di iniziativa delle autorità pubbliche che, nonostante la crescita della crisi abitativa, la sollecitazione delle forze sociali e di vari organismi parlamentari non sono state in grado, negli ultimi anni, di varare un'organica politica per la casa che, intrecciata con innovative politiche di governo del territorio, fosse in grado di rilanciare la produzione di edilizia a fini sociali o di carattere pubblico, con il recupero urbano ed il contenimento del consumo di suolo nelle città;
    la Corte costituzionale e la Corte europea dei diritti dell'uomo hanno, in questo quadro, segnalato l'inopportunità di provvedimenti «tampone» – soprattutto in materia di proroga delle ordinanze di sfratto – che ledono il libero dispiegarsi del diritto alla proprietà, in assenza di azioni organiche e complessive capaci di dare una risposta d'insieme ai vari aspetti che riguardano il problema dell'emergenza abitativa in Italia e, d'altro canto, si deve tenere presente che il diritto alla casa e l'accesso alla proprietà della stessa sono sancite dall'articolo 47 della Costituzione;
    parte essenziale della crisi abitativa è legata alla dismissione del patrimonio abitativo degli enti previdenziali pubblici e privatizzati; processo che ancora oggi – dopo le alienazioni concluse negli anni precedenti – riguarda circa 100 mila famiglie, in gran parte concentrate nella capitale d'Italia;
    in questo ambito, gli affittuari degli immobili degli enti previdenziali privatizzati vivono una condizione di particolare disagio con aumenti consistenti dei canoni di affitto per il rinnovo dei contratti di locazione e con proposte di acquisto dell'alloggio da parte degli enti, con prezzi a valore praticamente di mercato;
    la condotta degli enti privatizzati per i rinnovi contrattuali e le vendite è regolata da una serie di provvedimenti succedutisi nel tempo – il decreto legislativo n. 509 del 1994, la legge n. 104 del 1996, l'articolo l, comma 38, della legge 243 del 2003, il decreto-legge n. 78 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 122 del 2010, il decreto-legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, la direttiva europea 2004/18/CE – che creano molte incertezze e dubbi normativi sulla piena legittimità, oltre che sostenibilità sociale, delle procedure in atto e che la stessa Corte di cassazione si è incaricata di segnalare, con sentenza a sezioni unite del 22 giugno del 2006 n. 20322, e da un'eterogeneità di situazioni tra ente ed ente che rischia di creare situazioni di iniquità di trattamento;
    l'ulteriore conferma è ravvisabile nel decreto-legge 3 febbraio 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44, in cui è previsto, ai sensi dell'articolo 5, che: «ai fini dell'applicazione delle disposizioni in materia di finanza pubblica, per amministrazioni pubbliche si intendono gli enti e i soggetti indicati ai fini statistici nell'elenco oggetto del comunicato dell'Istituto nazionale di statistica in data 24 luglio 2010»;
    oltretutto, sempre a riscontro dell'intrinseca natura pubblicistica di queste casse, non può non essere preso in considerazione quanto sancito dal decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135;
    in particolare, tale normativa, al comma 11-bis dell'articolo 3, rubricato «razionalizzazione del patrimonio pubblico e riduzione dei costi per locazioni passive», disciplina specificatamente la nuova procedura che gli enti previdenziali inseriti nel conto economico della pubblica amministrazione devono seguire nella dismissione immobiliare. Appare, dunque, chiara e leggibile la natura giuridica degli enti previdenziali privatizzati, anche alla luce degli ultimi interventi normativi;
    la situazione dei conduttori degli immobili degli enti previdenziali pubblici non appare meno preoccupante alla luce dell'interruzione del processo di alienazione e della scadenza dei contratti, che mette sia i conduttori con titolo che le tante famiglie di occupanti «sine titulo» in una condizione di angoscia e incertezza, tanto più assurda in presenza di una legge – la n. 410 del 2001 – che ha fissato con chiarezza le condizioni e le prerogative con cui agire per la vendita del patrimonio degli enti previdenziali pubblici;
    in questo specifico caso, va ricordato che già il 90 per cento del patrimonio abitativo è stato alienato ai conduttori con le prerogative della suddetta legge e attraverso l'azione di specifici soggetti societari all'uopo costituiti – Scip 1 e Scip 2 – dopo lo scioglimento, dei quali il patrimonio residuo è entrato integralmente in possesso dell'Inps;
    l'Inps stesso, più volte sollecitato sul tema, ha inviato – anche con specifica lettera del presidente Mastrapasqua – ai Ministeri dell'economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali – vigilanti sull'Istituto – richiesta di chiarimento sul da farsi, in ragione anche della sopravvenuta norma sulla dismissione del patrimonio immobiliare pubblico, presente all'articolo 27 del cosiddetto «decreto Salva italia» 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011;
    appare, pertanto, urgente un pronunciamento degli organi parlamentari e del Governo sulle modalità con cui affrontare, in un quadro di sostenibilità economica dello Stato e degli enti sopra richiamati ma anche e soprattutto di tutela e garanzia sociale delle famiglie interessate, il processo di alienazione degli immobili del patrimonio abitativo degli enti pubblici e privatizzati, evitando il rischio di accentuare l'emergenza abitativa, in particolare a Roma,

impegna il Governo:

   ad assumere iniziative, nel più breve tempo possibile, per chiarire il quadro normativo che regola il processo di alienazione del patrimonio immobiliare dei vari enti previdenziali privatizzati;
   ad intervenire per garantire, comunque, agli inquilini tutele e garanzie di controllo sui prezzi di vendita da parte degli enti e sull'entità dei canoni di affitto in rinnovo di locazione, traendo prioritario riferimento da quanto stabilito dalla legge n. 410 del 2001 e dagli accordi sindacali in materia, in modo che i diritti in essa stabiliti siano effettivamente praticabili;
   ad intervenire presso gli enti previdenziali pubblici ed in particolare presso l'Inps – come da esso stesso richiesto – affinché vengano adottate con chiarezza e celerità tutte le procedure necessarie per la ripresa del processo di alienazione degli immobili reimmessi in possesso dell'Inps stesso con le tutele, il prezzo e le garanzie stabilite dalla legge n. 410 del 2011;
   ad aprire, in ogni caso, da subito un tavolo di confronto tecnico e sindacale con le organizzazioni sindacali dell'inquilinato e con gli enti locali interessati, riguardante sia il patrimonio degli enti previdenziali pubblici che quello degli enti previdenziali privatizzati, per individuare le soluzioni più rapide e socialmente efficaci per raggiungere gli obbiettivi sopra richiamati e per la regolarizzazione dei «sine titulo» o delle assegnazioni irregolari negli alloggi degli enti previdenziali pubblici, anche al fine di prevenire situazioni esplosive di disagio sociale, per favorire l'accesso al credito delle famiglie con reddito medio basso, con mutui sostenibili e finalizzati all'acquisto;
   ad impartire, per quanto riguarda gli enti previdenziali pubblici, precise disposizioni affinché, nelle more dei provvedimenti da assumere, venga differita l'esecuzione degli sfratti o degli sgomberi pendenti nelle aree urbane e la sospensione delle aste riguardanti le unità immobiliari ad uso residenziale che non risultino effettivamente libere;
   ad assumere un provvedimento che obblighi gli enti previdenziali, pubblici e privatizzati, quelli partecipati, con controllo o vigilanza pubblica a stipulare e rinnovare i contratti di locazione, tenendo conto della situazione di difficoltà economica delle famiglie, anche riconsiderando in forme socialmente più sostenibili accordi recentemente stipulati da diversi enti;
   a prevedere, in attesa di un rapido chiarimento sulle procedure da adottare, derivante dagli esiti del suddetto tavolo tecnico, una moratoria delle procedure di alienazione degli immobili degli enti previdenziali privatizzati – ancorché deliberate ma ad oggi non avviate – e degli aumenti dei canoni connessi ai rinnovi contrattuali, nonché delle procedure di sfratto in corso per gli enti previdenziali privatizzati, tenuto conto che la Commissione VIII (ambiente, territorio e lavori pubblici) della Camera dei deputati ha già approvato all'unanimità nel 2010 la risoluzione Alessandri, Piffari e Braga n. 8-00101, che dà mandato al Governo di convocare un tavolo tecnico e sindacale sui temi suddetti;
   a prevedere per le procedure di alienazione in fase di attuazione, anche a causa della congiuntura economica e della difficoltà di accedere al credito, la possibilità per chi non è in grado di procedere all'acquisto, di poterlo fare alle medesime condizioni, per i successivi 5 anni;
   ad intervenire anche con precise disposizioni normative per risolvere l'annosa vicenda del contenzioso giudiziario dei cosiddetti immobili di pregio.


(1-01086)
(Nuova formulazione) «Morassut, Argentin, Braga, Iannuzzi, Margiotta, Meta, Motta, Realacci, Touadi, Tullo».

 

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In data 9 maggio 2012 la Camera dei Deputati ha approvato all'unanimità la mozione Lenzi ed altri concernente inziative per ristabilire una diversa e adeguata governance dell'Inps,

 

Atto Camera

Mozione 1-00955

presentata da

DONATA LENZI

testo di

giovedì 22 marzo 2012, seduta n.609


La Camera,
premesso che:
l'articolo 21 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201 convertito con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 22 dicembre 2011, n. 214, ha disposto la soppressione degli enti Inpdap e Enpals e attribuito le relative funzioni all'Inps, dando vita al più grande ente previdenziale d'Europa, con un bilancio di 700 miliardi di euro, 35.000 dipendenti e una platea di 24,5 milioni di iscritti;
anche sul fronte delle procedure per l'accertamento, la verifica e il riconoscimento dei trattamenti legati alla disabilità, nel corso degli ultimi anni, il ruolo dell'Inps si è rafforzato e le attività affidate all'ente sono notevolmente aumentate determinando un ulteriore onere funzionale e organizzativo in capo all'Istituto;
le informazioni che pervengono in merito alla trattativa tra Governo e parti sociali attribuiscono all'ente nuovi rilevanti compiti in tema di ammortizzatori sociali in particolare l'ente si troverebbe a gestire ulteriori risorse derivanti dalla assicurazione obbligatoria posta in capo alle imprese;
il nuovo Inps è chiamato nei prossimi mesi ad una impegnativa e profonda riorganizzazione per ottenere i risparmi previsti, per integrare al meglio gli enti assorbiti, per garantire efficacia ed efficienza al sistema previdenziale, ragione fondante della riunificazione;
l'incorporazione di Inpdap e Enpals ha ulteriormente aumentato il già rilevante patrimonio immobiliare dell'ente, mentre le partecipazioni in altri enti pubblici - in particolare rilevano le quote (49 per cento) della holding di Equitalia e il 100 per cento di Sispi, società per la previdenza integrativa - ne fanno una delle realtà economiche più significative del panorama nazionale;
la governance del nuovo istituto è affidata ad una carica monocratica nella figura del presidente dell'Inps, il cui incarico è stato prolungato fino al 31 dicembre 2014, nonostante la Corte dei conti nella sua relazione del novembre 2011 avesse già espresso perplessità circa la concentrazione dei poteri determinatasi a seguito delle disposizioni del decreto-legge n. 78 del 2010, che aveva trasferito al solo presidente le attribuzioni del soppresso consiglio di amministrazione. La Relazione sottolineava «il potenziamento del tutto singolare dell'organo monocratico di vertice dell'istituto cui vengono riconosciute oltre a quelle di rappresentanza, le attribuzioni di indirizzo gestionale e tutte le competenze non conferite ad altri organi che non trova riscontri nell'assetto degli enti pubblici non economici e neanche nel modello societario». Perplessità che a fronte dell'annessione di Inpdap e Enpals risultano ulteriormente rafforzate;
nei confronti della attuale dirigenza, sempre la citata relazione della Corte dei conti dello scorso novembre segnalava: «è tuttora in corso l'azione di ristrutturazione organizzativa, condotta per altro in assenza di un compiuto piano unitario e di una previa analisi costi benefici, in modo settoriale e per successive approssimazioni, facendo ampio ricorso a consulenze esterne, onerose e pervasive»;
anche gli enti previdenziali, ora tutti confluiti nella nuova Inps, sono proprietari di un ingente patrimonio destinato a rappresentare un investimento a garanzia della tenuta del sistema pensionistico. Dal 2001 ad oggi, parte di questo patrimonio è stato messo in vendita, e alcune operazioni secondo i firmatari del presente atto di indirizzo discutibili messe in campo da precedenti Governi quali le Scip sono state poi revocate (legge n. 14 del 27 febbraio 2009), ma a fronte della chiara indicazione data dal precedente Governo con la direttiva ministeriale del 10 febbraio 2011 a vendere agli inquilini che ne hanno fatto richiesta e a chiudere il contenzioso proprio l'Inps è risultato essere inadempiente. Nel frattempo, al momento dell'incorporazione di Inpdap ed Enpals, il presidente dell'Inps ha assunto l'incarico di presidente della Idea Fimit Sgr, società di gestione del risparmio, attiva nel settore dei fondi comuni di investimento immobiliari con la mission di promuovere e gestire strumenti di finanza immobiliare in linea con le esigenze degli investitori nazionali ed internazionali. Tale incarico si somma ai molti altri di cui il presidente dell'ente è già titolare;
si segnala, inoltre, come particolarmente grave quanto evidenziato nella relazione del collegio sindacale dell'Inps sul bilancio consuntivo del 2010, nel quale si è richiamata l'attenzione sul «significativo peggioramento della gestione del patrimonio immobiliare da reddito per il quale non si rinvengono nelle relazioni di bilancio utili elementi informativi»;
l'Inps, ente pubblico secondo solo allo Stato per dimensione di bilancio, è chiamato a svolgere una funzione sociale di straordinaria importanza come quella della tutela dalla vecchiaia, in primo luogo gestendo le risorse derivanti dalla contribuzione dei lavoratori pubblici, privati e autonomi e delle imprese, soggetti a cui dovrebbe essere riconosciuto un prioritario ruolo attivo nel governo dell'ente. Parimenti, chi viene chiamato a guidare l'ente assume ad un ruolo di grande responsabilità sociale;
la gran parte delle risorse finanziarie gestite dall'Istituto proviene dalla contribuzione di lavoratori ed imprese e tale circostanza non appare sufficientemente riconosciuta e assolta dalle attuali funzioni e competenze del Comitato di indirizzo e vigilanza dell'Inps,

impegna il Governo:

a intervenire, soprattutto in questa fase così delicata e impegnativa, anche con iniziative di carattere normativo, al fine di garantire una «governance» dell'ente equilibrata, collegiale e trasparente, che preveda la compresenza di un organismo di vertice costituito da personalità di comprovata esperienza, autonomia e indipendenza, affiancato da un Comitato di indirizzo e vigilanza dai poteri rafforzati, così superando l'attuale fase di gestione straordinaria e riportando la stessa ad un assetto più appropriato per un ente pubblico, come autorevolmente indicato dalla Corte dei conti;
a verificare la compatibilità operativa, funzionale e gestionale dell'attuale situazione di contemporanea coesistenza di numerosi incarichi in altre società del presidente dell'Inps, nel quadro della richiamata ridefinizione dell'assetto di governance dell'ente.

(1-00955)
«Lenzi, Fioroni, Damiano, Giovanelli, Bellanova, Berretta, Bobba, Boccuzzi, Codurelli, Gatti, Gnecchi, Madia, Miglioli, Mosca, Rampi, Santagata, Schirru, Baretta, Motta, Mattesini».

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Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 4-07247


Atto n. 4-07247

Pubblicato il 4 aprile 2012, nella seduta n. 705

NESPOLI- Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. -

Premesso che:

sono migliaia le famiglie italiane inquiline presso stabili di proprietà di enti previdenziali pubblici i quali, essendo classificati "di pregio", risultano quindi esclusi in fase di acquisto/riscatto dagli sconti concessi ad altri inquilini nel processo di dismissione di altri immobili rientranti tra i beni nelle disponibilità dei medesimi enti;

nessun tipo di soluzione transattiva è stata promossa dagli enti previdenziali pubblici per tentare di risolvere bonariamente il contenzioso giudiziario relativo a tali immobili di pregio così come prevede il decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, né tantomeno è stata data esecuzione alla direttiva interministeriale del 10 febbraio 2011 (Gazzetta Ufficiale n. 135 del 13 giugno 2011) che, in ogni caso, prevede una parziale soluzione conciliativa;

alcuni enti, in particolare l'INPS, hanno sollevato molti dubbi interpretativi sulle richiamate norme e direttive che ancora oggi risultano irrisolti rallentando l'efficacia e l'efficienza dell'azione amministrativa posta in essere per la gestione degli immobili;

l'art. 27 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, prevede la gestione e l'alienazione del patrimonio immobiliare pubblico di proprietà degli enti vigilati dallo Stato attraverso la promozione da parte del Ministero dell'economia e delle finanze di iniziative idonee alla costituzione di società o fondi immobiliari;

ravvisata la necessità di un intervento normativo con il quale armonizzare le norme in vigore in materia di patrimonio immobiliare ed eliminare gli attuali dubbi interpretativi nonché individuare una linea univoca per tutti gli enti pubblici impegnati nella gestione del patrimonio immobiliare per risolvere il contenzioso sui cosiddetti immobili di pregio,

si chiede di sapere:

quali iniziative il Governo intenda adottare sì da arrivare in tempi certi ad una soluzione condivisa della vertenza che interessa migliaia di famiglie italiane, magari adottando le misure che permettano il raggiungimento degli obiettivi di semplificazione, di razionalizzazione e di risparmio in linea con quelli perseguiti dall'attività di Governo del Paese;

se non ritenga opportuno emanare, all'uopo, una norma in cui si stabilisca che per le unità residenziali di pregio per le quali pende ricorso dinanzi all'autorità giudiziaria competente avverso la qualificazione di pregio del cespite, ovvero anche la determinazione del prezzo di vendita delle singole unità, l'alienazione da parte degli enti proprietari ha luogo applicando al prezzo a suo tempo definito dall'Agenzia del territorio, i coefficienti aggregati di abbattimento, previsti dal decreto-legge n. 41 del 2004, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 104 del 2004 e contenuti nell'ultima tabella pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 181 del 5 agosto 2006, a condizione che vengano abbandonati i giudizi in corso, a spese compensate e che vengano riconosciuti come acconto di prezzo i canoni corrisposti nelle more del giudizio dai conduttori che risultino in regola con il pagamento degli oneri accessori.

 

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Senato della Repubblica XVI LEGISLATURA

Legislatura 16º - Disegno di legge N. 3236

Comunicato alla Presidenza il 29 marzo 2012


d’iniziativa dei senatori DINI, CANTONI, RAMPONI, DE GREGORIO, GAMBA, FIRRARELLO, LISCASTRO SCARDINO, CARRARA, PALMIZIO, BEVILACQUA, BALDINI, TEDESCO, PISCITELLI, COSTA, CASTIGLIONE, LADU, GALLO, BENEDETTI VALENTINI, AMATO, SARO, CASTRO, CALIENDO, SPEZIALI, MAZZARACCHIO, ALBERTI CASELLATI, AZZOLLINI, GENTILE, CALIGIURI, GRAMAZIO, CIARRAPICO, PARAVIA, BURGARETTA APARO, CURSI, PISANU, VIESPOLI, MALAN, SPADONI URBANI, IZZO, LANNUTTI, DE FEO, AMORUSO, COMPAGNA, SCARABOSIO, BETTAMIO, SCARPA BONAZZA BUORA, LATRONICO, BIANCONI, TOTARO, TONINI, POSSA, VICECONTE, PALMA, SANCIU, Alberto FILIPPI, GERMONTANI, GRILLO, PASTORE e BONFRISCO
 

DISEGNO DI LEGGE
 

Art. 1.

1. Gli enti pubblici e i soggetti anche di diritto privato il cui capitale sociale è interamente detenuto da uno o più enti pubblici procedono alla dismissione del proprio patrimonio immobiliare ad uso non strumentale secondo princìpi di trasparenza, economicità e congruità di valutazione economica.

 

2. Sono esclusi dall’obbligo di cessione i beni culturali riconosciuti e tutelati ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.


3. Per quanto non espressamente disposto con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, ovvero ove tale decreto non sia stato adottato entro il termine previsto dal presente comma, si applicano i criteri e le modalità stabiliti dal decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104, in materia di dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici.


4. Con riferimento agli immobili adibiti a civile abitazione, trova applicazione quanto previsto dall’articolo 3, comma 109, lettere a), b) e d) della legge 23 dicembre 1996, n. 662.


5. I proventi derivanti dalle dismissioni di cui ai commi da 1 a 4 del presente articolo sono destinati alla riduzione del debito. A questo fine, i relativi proventi sono conferiti al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato di cui all’articolo 2 della legge 27 ottobre 1993, n. 432.


6. Le disposizioni recate dalla presente legge e dai relativi decreti legislativi costituiscono princìpi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione e sono finalizzate alla tutela dell’unità economica della Repubblica italiana, ai sensi dell’articolo 120, secondo comma, della Costituzione.


7. Le disposizioni della presente legge si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano nel rispetto di quanto previsto dai relativi statuti.

 

RELAZIONE
 

Onorevoli Senatori. – L’agenda del «Governo Monti» è stata fin qui dominata dall’emergenza. La forte turbolenza che si è determinata sui mercati finanziari internazionali a partire dalla scorsa estate, con un repentino rialzo nel costo del nostro debito pubblico, ha imposto una celere e drastica manovra correttiva.

L’emergenza ha fatto sì che la manovra fosse incentrata essenzialmente sull’aumento dell’entrate; se ce ne fosse stato il tempo, avrebbe potuto essere realizzata anche attraverso una riduzione della spesa pubblica, generando una minore pressione recessiva sull’economia. Lo stesso intervento sulle pensioni è stato reso possibile proprio dall’emergenza, che ha consentito di superare le resistenze che si erano fin qui frapposte alla necessaria accelerazione della transizione verso il nuovo regime introdotto con la «riforma Dini» e cioè la legge 8 agosto 1995, n. 335. Così pure l’emergenza ha reso politicamente praticabili gli interventi – in verità ancora da completare ed estendere – in materia di liberalizzazione dei servizi che avevano fin qui trovato ostacoli insormontabili nelle pressioni politiche esercitate dalle categorie interessate.

Ricuperate condizioni finanziarie più distese, due questioni si impongono all’agenda di governo.


La prima è disegnare un percorso graduale di riduzione di una pressione fiscale che ha raggiunto livelli difficilmente compatibili con lo sviluppo della libera intrapresa economica. Dobbiamo tuttavia essere consapevoli che le condizioni attuali della finanza pubblica non permettono di ridurre in misura consistente questo peso fin da subito. Nel prossimo futuro, tuttavia, non vi sarà alternativa a una drastica revisione di meccanismi, ambito e dimensioni della spesa pubblica che apra lo spazio a quella riduzione del carico fiscale su imprese e cittadini che costituisce la pre-condizione affinché la nostra economia si riavvii sul sentiero della crescita.


Il disegno di legge che segue si sofferma invece sull’altra questione che l’agenda di governo trova ora innanzi a sé: la necessità di ridurre il nostro gigantesco debito pubblico che assorbe una quota elevata dello sforzo fiscale al quale i cittadini sono costretti e pone pesanti ipoteche sul loro futuro.


Quel che c’è da fare è chiaro: occorre in primo luogo liquidare quella parte del patrimonio pubblico che non è essenziale per lo svolgimento delle funzioni fondamentali di Stato e amministrazioni locali, e usare il ricavato delle cessioni per abbattere questo gigantesco debito pubblico. Sappiamo che alcune di queste cessioni patrimoniali richiedono un lavoro preparatorio niente affatto semplice. Quel che può dirsi è che, quanto prima si avviano queste attività preliminari, tanto più presto sarà possibile la cessione sul mercato degli assets in questione.

Esistono però attività per le quali la cessione è relativamente semplice: si tratta anzitutto degli immobili a uso non strumentale posseduti dallo Stato, dalle amministrazioni locali e dalla generalità di enti pubblici e soggetti pseudo-privati a totale partecipazione pubblica, quali ad esempio le Ferrovie dello Stato, Poste Spa, Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (Inail).

Si tratta di valori ingenti, quantificati dall’Istituto Bruno Leoni in circa 400 miliardi di euro, di cui 100 miliardi prontamente vendibili, potendo questi essere messi celermente sul mercato anche utilizzando le procedure a suo tempo adottate per vendere gli immobili degli enti previdenziali.


Per la parte direttamente di pertinenza dello Stato, di enti pubblici nazionali o di società da essi possedute, il ricavato potrebbe confluire nel fondo per l’ammortamento del debito pubblico. Per la parte di pertinenza, diretta o indiretta, delle amministrazioni locali, il ricavato delle vendite sarebbe soggetto alle ordinarie regole che governano la finanza locale attraverso lo strumento del patto di stabilità interno, sostanzialmente quindi andando a determinare una contrazione del debito delle amministrazioni interessate. Al riguardo, lo Stato potrebbe determinare l’importo dei trasferimenti alle amministrazioni locali scontando – in tutto o in parte – le entrate da esse realizzate tramite le dismissioni patrimoniali.
È bene ribadirlo: si tratta di immobili che non hanno impatto sullo svolgimento delle funzioni pubbliche essenziali, perché sono immobili a uso non funzionale. Sono state fatte altre proposte che prevedono utilizzo di strumenti finanziari complessi, quali la creazione di fondi immobiliari e anche di fondi di secondo grado. Qui si propone invece di utilizzare le procedure più celeri, offrendo a esempio gli immobili a uso residenziale in opzione agli attuali inquilini.


Il disegno di legge consta di un solo articolo.


Al comma 1 si dispone la cessione del patrimonio immobiliare a uso non strumentale detenuto da tutti gli enti pubblici, ovvero da soggetti anche privati il cui capitale sia detenuto interamente da uno o più enti pubblici.


Il comma 2 esclude, dall’ambito di applicazione della disposizione di cui al comma 1, beni culturali oggetto di tutela.


Il comma 3 dispone che la cessione avvenga secondo le modalità fissate con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge; per quanto non previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri citato, ovvero ove tale decreto non venisse emanato entro il termine appena citato, si applicheranno i criteri e le modalità previsti dal decreto legislativo 16 febbraio 1996, n. 104, in materia di dismissione del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici.


Il comma 4 prevede che per gli immobili adibiti a civile abitazione sia garantito un diritto di opzione agli attuali affittuari, secondo quanto previsto dall’articolo 3, comma 109, lettere a), b) e d) della legge 23 dicembre 1996, n. 662.


Il comma 5 dispone che i proventi derivanti dalle dismissioni di cui ai commi da 1 a 4 siano destinati alla riduzione del debito. A questo fine i relativi proventi sono conferiti al Fondo per l’ammortamento dei titoli di Stato di cui all’articolo 2 della legge 27 ottobre 1993, n. 432.


Il comma 6, qualificando le disposizioni recate dalla legge quali princìpi fondamentali del coordinamento della finanza pubblica ai sensi dell’articolo 117 della Costituzione, e dichiarando che esse sono finalizzate alla tutela dell’unità economica della Repubblica italiana, ai sensi dell’articolo 120, secondo comma, della Costituzione, vincola anche le amministrazioni locali.


Il comma 7 disciplina l’applicazione della presente legge alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto di quanto previsto dai relativi statuti.

 

 

 

Legislatura 16 Atto di Sindacato Ispettivo n° 3-02702
Atto n. 3-02702

Pubblicato il 6 marzo 2012


Seduta n. 685

LANNUTTI – Ai Ministri del lavoro e delle politiche sociali e dell’economia e delle finanze. -

Premesso che:

il collezionista di poltrone Antonio Mastrapasqua, presidente e commissario unico dell’Inps e consigliere di decine di altre società, che ha denunciato un guadagno di oltre un milione di euro nel 2011 perché non soggetto al divieto di cumulo di incarichi, è così indaffarato nel passare da un consiglio all’altro al punto da non accorgersi di un deficit di 80 milioni di euro nella gestione del patrimonio immobiliare dell’istituto;

scrive infatti Primo Di Nicola su “L’espresso” del 27 gennaio 2012, un articolo dal titolo: “Inps col buco. Ottanta milioni di mancati incassi nella gestione del patrimonio immobiliare. L’accusa arriva da un’indagine interna”: «Rinnovi dei contratti di locazione irregolari, mancati incassi per 80 milioni. Ai vertici dell’Inps è scattato l’allarme. Un’indagine interna e una lettera di Antonio Ferrara, il magistrato della Corte dei conti che vigila sulla correttezza degli atti, rischia di far esplodere uno scandalo intorno all’ente previdenziale proprio mentre si chiedono sacrifici pesantissimi anche ai pensionati con i redditi più bassi. Al centro della bufera c’è la gestione del patrimonio immobiliare ex Inpdai ereditato nel 2002 dall’Inps e fino a qualche anno fa amministrato dall’ex responsabile della direzione del patrimonio Francesco Varì, ora presidente dell’Organismo di valutazione dell’integrità e trasparenza dell’Inps (Oiv). Lo scorso marzo, il cda dell’ente ha disposto un’indagine sull’asset ad una commissione interna che ha appena consegnato la sua relazione finale. Le irregolarità riscontrate sono risultate così inquietanti da indurre il magistrato Ferrara a chiedere al dg Mauro Nori quali provvedimenti intende prendere di fronte alle anomalie denunciate e ad informare la procura regionale della Corte dei conti del Lazio. La vicenda nasce dal contratto sottoscritto dall’Inpdai (2002) ed ereditato dalI’Inps con Rti Pirelli&C, Romeo spa e Sovigest per la gestione degli immobili, la manutenzione dei palazzi sparsi in tutta Italia e la riscossione degli affitti. Il contratto prevedeva una scadenza biennale (2004) e la possibilità di rinnovi annuali per un massimo di tre anni. Rinnovi che arrivano puntualmente. Al terzo colpo, nel 2006, addirittura per un quadriennio. Il tutto, dice la commissione, anche in violazione alla normativa che vietava rinnovi dei contratti delle pubbliche amministrazioni in maniera tacita (è questo il caso) e non motivati da ragioni di convenienza (pure queste non accertate). Altra violazione, quella relativa alle nuove disposizioni del maggio 2005 che, per i contratti già scaduti o che venivano a scadenza nei sei mesi successivi all’entrata in vigore della nuova legge (10 agosto 2005), stabilivano che potevano essere prorogati per un massimo di sei mesi per il tempo necessario alla stipula dei nuovi, ma con gare ad evidenza pubblica. Alla commissione risulta invece che non è stata bandita alcuna gara, mentre i contratti sono stati prorogati oltre i termini fissati. Infine, il capitolo dei danni subiti dall’Inps. A leggere la relazione si ha la l’impressione di trovarsi di fronte a un vero regalo a Pirelli, Romeo e Sovigest. Soprattutto per la parte commerciale del patrimonio. Secondo gli accordi, le tre società hanno corrisposto all’Inps solo un minimo garantito, complessivamente 7 milioni 308 mila curo l’anno, a fronte di incassi ben pile ricchi e che nel periodo 2003-2010 hanno portato alle tre società riscossioni di quasi 81 milioni di curo superiori ai canoni riconosciuti all’Inps. Una circostanza stigmatizzata da Ferrara anche perché, inaspettatamente e senza alcuna giustificazione, a partire dal 2003, nella delicata partita della manutenzione del patrimonio vengono trasferiti a carico dell’istituto anche i costi per contratto fino ad allora sostenuti dalle società affidatarie. “Un autentico scandalo”, dice Luigi Romagnoli, coordinatore nazionale dell’Usb (Unione sindacale di base) dell’Inps: “È un regalo ai tre gestori privati: chiediamo a questo punto che vengano puniti i responsabili di questo andazzo, a cominciare da Varì, sotto la cui gestione si sono consumate le irregolarità”»;

considerato che l’Inps, che da solo ha un patrimonio immobiliare di oltre 1,5 miliardi di euro, ma che arriva a 2,3 miliardi con Inpdap ed Enpals, con una imbarazzante redditività pari allo zero, sta per individuare un nuovo gestore del suo patrimonio immobiliare. Secondo un articolo di Stefano Sansonetti per “ItaliaOggi” del 20 gennaio 2012, «Per quanto alleggerito dalle precedenti operazioni di cessione, tra cui le non fortunatissime cartolarizzazioni Scipl e Scip2, il “pacchetto” contiene ancora 13 mila unità immobiliari e 1.200 particelle di terreni. Insomma, il tutto fa ancora gola. Prova ne sia il fatto che ci sono ben sei operatori immobiliari che si stanno contendendo la gestione del pacchetto. Secondo quanto risulta a ItaliaOggi, infatti, è giunta agli sgoccioli la procedura con cui, diversi mesi fa, l’ente previdenziale aveva messo a gara la gestione del suo patrimonio immobiliare. In ballo, per il servizio che ha una durata contrattuale di 36 mesi, ci sono 44 milioni e 100 mila euro. Ebbene, dopo l’apertura delle buste sono spuntati fuori sei operatori del settore, tra cui, secondo alcune indiscrezioni, ci sarebbero società come Romeo Gestioni e Prelios (ex Pirelli Re). In realtà, il piano a cui sta lavorando l’Inps è anche più complesso. Diciamo subito che il nuovo gestore del patrimonio immobiliare andrà di fatto a sostituire la società che finora, con alterne fortune, si è occupata dalla questione. Si tratta della Igei spa, che per il 51% fa capo all’Inps stesso e per quote di minoranza a società come Vianini (gruppo Caltagirone) e Sovigest. Ora, l’Igei risulta essere in liquidazione nientemeno che dal 31 dicembre del 1996»,

si chiede di sapere:

se risponda al vero che l’Inps abbia raggiunto un deficit di 80 milioni di euro solo per mancati incassi nella gestione del patrimonio immobiliare, come risulterebbe da un’indagine interna e da una lettera di Antonio Ferrara, il magistrato della Corte dei conti che vigila sulla correttezza degli atti;

se al Governo risulti che le criticità siano riferite alla gestione del patrimonio immobiliare ex Inpdai ereditato nel 2002 dall’Inps e fino a qualche anno fa amministrato dall’ex responsabile della direzione del patrimonio Francesco Varì, ora presidente dell’Organismo di valutazione dell’integrità e trasparenza dell’Inps (Oiv), e se non siano proprio tali “girandole” di poltrone tra Inpdai ed Oiv ad aver causato un ammanco così grave da aver indotto il dottor Ferrara a chiedere al direttore generale Mauro Nori quali provvedimenti intende prendere di fronte alle anomalie denunciate e ad informare la procura regionale della Corte dei conti del Lazio;

se ritenga che il contratto sottoscritto dall’Inpdai (2002) ed ereditato dalI’Inps con Rti Pirelli&C, Romeo SpA e Sovigest, che prevedeva che le tre società dovevano corrispondere all’Inps solo un minimo garantito, complessivamente 7.308.000 euro all’anno, a fronte di incassi ben più ricchi e che nel periodo 2003-2010 hanno portato alle tre società riscossioni di quasi 81 milioni di euro superiori ai canoni riconosciuti all’Inps, con la manutenzione del patrimonio a carico della stessa Inps, non rappresenti uno sperpero di pubblico denaro e se risulti per quali ragioni il dottor Mastrapasqua e gli organismi di controllo non si siano accorti di tale evidente e scandaloso regalo ai privati scoperto soltanto dalla Corte dei conti;

quali siano le ragioni che hanno tenuto in vita Igei, società a partecipazione di maggioranza pubblica Inps in liquidazione da 1996, e se, a fronte di questo ennesimo sperpero di pubblico denaro e degli omessi controlli interni, non ritenga che debbano essere rimossi con effetto immediato i massimi dirigenti, a cominciare da Francesco Varì;

quali misure urgenti intenda adottare per restituire trasparenza e rigore ad una gestione dispendiosa ed opaca dell’Inps da parte di Antonio Mastrapasqua.

 

Emendamenti di Commissione relativi al DDL n. 2464


Emendamento

1.250

LATRONICO

 

Dopo il comma 86, aggiungere i seguenti:

        «86-bis. Tutte le unità immobiliari ad uso residenziale degli enti previdenziali pubblici che risultino invendute alla data di entrata in vigore della presente legge, sono offerte in opzione ai conduttori al prezzo determinato dall'Agenzia del Territorio prima che fossero ritrasferite dalla Scip Srl agli enti originari proprietari.

        86-ter. Per i conduttori che abbiano manifestato la volontà di acquisto dei rispettivi appartamenti entro il 31 ottobre 2001, il prezzo di vendita degli stessi è determinato applicando alla stima dell'Agenzia del territorio i coefficienti aggregati di abbattimento contenuti nell'ultima tabella pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 289 del 13 dicembre 2005 e previsti dal decreto-legge 23 febbraio 2004, n. 41, convertito, con modificazioni, nella legge 23 aprile 2004, n. 104.

        86-quater. La stipula dei contratti di compravendita, in base alla presente legge, può essere effettuata a condizione che l'acquirente rinunci, con la compensazione delle spese di lite, ad ogni azione giudiziaria in atto e futura riguardante l'immobile condotto in locazione, in qualsiasi grado di giudizio, sia in sede ordinaria che amministrativa, nei confronti dell'Ente proprietario il quale a sua volta non potrà richiedere alcun incremento di canone o indennità rispetto a quello/a attualmente già pagato/a con regolarità dal conduttore-acquirente, sia per le annualità pregresse sia per il periodo fino alla data della suddetta stipula».


La commissione Bilancio del Senato ha bocciato tutti i circa 300 emendamenti presentati alla legge di Stabilità. In pratica il Governo si è opposto a qualsiasi modifica in Senato per evitare un terzo passaggio alla Camera.

 

Proposta di modifica n. 8.98 al DDL n. 2228

 

 

 

 

 

Resoconto della XI Commissione permanente
(Lavoro pubblico e privato)

XI Commissione

SOMMARIO

Giovedì 10 dicembre 2009

Giovedì 10 dicembre 2009. - Presidenza del presidente Silvano MOFFA. - Interviene il sottosegretario di Stato per il lavoro, la salute e le politiche sociali, Pasquale Viespoli.

5-02055 Cazzola: Dismissione di immobili degli enti previdenziali.

Il sottosegretario Pasquale VIESPOLI risponde all'interrogazione in titolo.

TESTO DELLA RISPOSTA

Con riferimento all'atto di sindacato ispettivo presentato dall'onorevole Cazzola, sulla base delle notizie fornite dai competenti uffici del Ministero che rappresenta e dal Ministero dell'economia e delle finanze, faccio presente quanto segue. L'articolo 3, comma 8, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, concernente «Disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare», prevede che il prezzo di vendita delle unità immobiliari ad uso residenziale, escluse quelle di pregio individuate al successivo comma 13, è pari al prezzo di mercato delle stesse unità immobiliari libere diminuito del trenta per cento.


Il criterio individuato dal legislatore si sostanzia, quindi, nella previsione di diverse regole di determinazione del prezzo degli immobili in considerazione del differente valore degli stessi.
In merito alla questione all'attenzione, faccio inoltre presente che, con decreto ministeriale 31 luglio 2002, del Ministro dell'economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, sono stati individuati i criteri di identificazione degli immobili di pregio, criteri fatti salvi, da ultimo, dall'articolo 43-bis, comma 13 del decreto-legge 30 dicembre 2008, convertito dalla legge n. 14 del 27 febbraio 2009.


Per quanto concerne gli aspetti relativi alla vigilanza tecnico-finanziaria, derivanti dall'applicazione dell'articolo 43-bis della legge n. 14 del 2009, mi sembra opportuno precisare che la vigilanza si sostanzia nel monitoraggio degli effetti in termini di sostenibilità delle gestioni previdenziali, sia nel breve periodo (tramite l'esame dei bilanci contabili), sia nel lungo periodo (tramite l'esame dei bilanci tecnici, il cui obbligo di trasmissione è previsto dalla norma).


Le suesposte considerazioni conducono a valutare con estrema attenzione l'esigenza manifestata dall'onorevole Cazzola in ordine ad una modifica dei criteri fissati dalla legge nella materia di che trattasi.


Per quanto riguarda, infine, il quesito relativo all'opportunità di adottare iniziative per la promozione di soluzioni transattive, con riferimento alle vicende della dismissione degli immobili degli enti previdenziali, informo che la competente Direzione generale dell'amministrazione che rappresento ha garantito che comunicherà, nel breve periodo, ogni dato informativo utile. Mi impegno, pertanto, fin d'ora, ad inoltrare tali informazioni all'onorevole Cazzola non appena in mio possesso
.

Giuliano CAZZOLA (PdL) prende atto positivamente della risposta del rappresentante del Governo, ritenendo necessario intraprendere adeguate iniziative per la promozione di soluzioni transattive in riferimento alle vicende della dismissione degli immobili degli enti previdenziali pubblici - sulla medesima linea già tracciata dalla legge n. 14 del 2009 - anche al fine di sanare una ingiustificata disparità di trattamento tra inquilini e porre rimedio ai negativi riflessi determinati dai contenziosi giudiziari in atto. Ricorda, infatti, che, poiché gli immobili di pregio sono connotati da un maggior grado di vetustà, al punto da rendere assolutamente discutibile e controversa la qualificazione di «pregio», sono sorte numerose liti giudiziali sulla materia, che si sono concluse in diversi casi in senso sfavorevole agli istituti previdenziali. Ritiene urgente, quindi, un intervento deciso del Governo, al fine di introdurre elementi di certezza in tale materia e sgombrare il campo da eventuali dubbi interpretativi della normativa.

 

ATTO CAMERA - INTERROGAZIONE A RISPOSTA IN COMMISSIONE 5/02055

Dati di presentazione dell'atto

Legislatura: 16
Seduta di annuncio: 242 del 09/11/2009

Firmatari

Primo firmatario:
Data firma: 05/11/2009

Destinatari

Ministero destinatario:

Stato iter:

IN CORSO

Atto Camera

Interrogazione a risposta in Commissione 5-02055

presentata da

GIULIANO CAZZOLA
lunedì 9 novembre 2009, seduta n.242


CAZZOLA. -

Al Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali.

- Per sapere - premesso che:

la vicenda della vendita degli immobili degli Enti previdenziali pubblici ha avuto inizio con la legge 24 dicembre 1993 n. 537, in cui fu stabilito che gli enti previdenziali pubblici dovessero predisporre programmi di dismissione del patrimonio immobiliare a cominciare da quello abitativo, «in conformità alla normativa vigente in materia di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica»;

il decreto legislativo del 16 febbraio 1996, n. 104, in materia di dismissioni del patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici e di investimenti degli stessi in campo immobiliare, ha previsto, all'articolo 15, comma 2, che con apposita circolare del Ministro del lavoro e della previdenza sociale venissero stabiliti i criteri generali per la individuazione degli immobili di pregio al solo fine della definizione o dell'elevamento dei relativi canoni;

con l'adozione del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, recante disposizioni urgenti in materia di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico e di sviluppo dei fondi comuni di investimento immobiliare, convertito nella legge 23 novembre 2001, n. 410, gli immobili di pregio, individuati ai sensi del comma 13 dell'articolo 3, sono stati eccettuati, dal comma 8 dello stesso articolo, dalla applicazione della disciplina di favore prevista per la determinazione del prezzo di vendita delle unità immobiliari ad uso residenziale, offerte in opzione agli inquilini (conduttori) che acquistano in forma individuale, pari al prezzo di mercato delle medesime unità immobiliari diminuito del 30 per cento;

la predetta esclusione ha determinato una ingiustificata disparità di trattamento tra inquilini che ha portato a numerosi contenziosi tutt'ora in essere, atteso che la particolare qualificazione attribuita agli immobili di pregio li differenzia dagli altri soltanto con riguardo agli specifici criteri da applicare ai fini dell'adeguamento del canone di locazione;

a distanza di tanti anni dall'avvio della dismissione dei patrimonio immobiliare degli enti previdenziali pubblici, gli inquilini delle cosiddette case di pregio non intravedono ancora una giusta soluzione al contenzioso che riguarda oramai una residuale parte di immobili, ritrasferiti agli enti ex-proprietari in base all'articolo 43-bis del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14;

la legge 27 febbraio 2009, n. 14, all'articolo 43-bis, comma 12, ultimo paragrafo dispone «... Al fine di favorire la tutela del diritto all'abitazione ... ..., i soggetti originariamente proprietari promuovono la definizione del contenzioso in materia immobiliare privilegiando soluzioni transattive o di bonario componimento che comportino l'immediato conseguimento di un apprezzabile risultato economico in relazione al rischio implicito del giudizio, allo stato ed al presumibile costo di esso, nonché alla possibilità di effettiva riscossione del credito». Al successivo comma 13 sono individuate le norme per l'individuazione degli immobili di pregio su richiesta degli enti proprietari, facendo salvi i criteri di individuazione dei suddetti immobili previsti dal comma 13, dell'articolo 3, del decreto-legge 25 settembre 2001, n. 351, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n. 410, e disciplinati dal decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 31 luglio 2002, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 190 del 14 agosto 2002 -:

se il Ministro interrogato, nell'ambito delle proprie competenze e in considerazione delle condizioni attuali del mercato immobiliare, intenda valutare l'opportunità - anche in linea con il complessivo disposto dell'articolo 43-bis del decreto-legge 30 dicembre 2008, n. 207, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2009, n. 14, ed in particolare del richiamato ultimo paragrafo del comma 12 del medesimo articolo - di adottare iniziative per la promozione di soluzioni transattive in riferimento alle vicende della dismissione degli immobili degli enti previdenziali pubblici, anche al fine di sanare una ingiustificata disparità di trattamento tra inquilini essendo controversa la definizione di immobili di pregio ed essendo gli stessi connotati da un maggior grado di vetustà, al punto da rendere assolutamente discutibile e controversa la qualificazione «di pregio» e tenuto anche conto dei negativi riflessi determinati dai contenziosi giudiziari in atto nonché delle reali condizioni di manutenzione degli immobili. (5-02055)