Coordinamento Nazionale Inquilini Immobili di Pregio
Promemoria luglio 2012  a cura della redazione del sito www.scip2pregio.it 
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PROMEMORIA

 La vendita degli immobili degli Enti Previdenziali Pubblici

 

  

1. La vicenda della vendita degli immobili degli Enti Previdenziali Pubblici ebbe inizio con  la Legge 24 dicembre 1993 n. 537, in cui fu stabilito che  l’INPS, l’INAIL e l’INPDAP (i tre maggiori enti del settore) dovessero predisporre programmi di dismissione del patrimonio immobiliare a cominciare da quello abitativo, “in conformità alla normativa vigente in materia di alienazione degli alloggi di edilizia residenziale pubblica”.

Il Legislatore - come risulta dai lavori parlamentari - indicò tali criteri per rendere ”praticabile” tutta l’operazione, ossia per eliminare l’insorgenza di una conflittualità sul piano sociale considerando improponibile una vendita ai valori di mercato, essendo gli alloggi, in elevatissima percentuale, occupati da decenni sempre dagli stessi inquilini.

Si fece, dunque, esplicito riferimento alle norme della Legge 560/93 che il Parlamento aveva definito per la disciplina organica e completa, condivisa con le parti sociali, della maxi-vendita degli alloggi degli IACP e loro consorzi, degli Enti Territoriali e di tutti gli immobili comunque realizzati - con il concorso totale o parziale dello Stato - dalle Poste, dai Telefoni di Stato, dalle Ferrovie, dagli Enti di Sviluppo e dai disciolti Enti previdenziali minori;

Circa la  Legge 24 dicembre 1993 n. 537/93 completa fu l’inerzia dei tre Enti !

 

2. Il Parlamento con la Legge 8 agosto 1995 n. 335, all’art. 3 comma 27,  delegò allora il Governo ad emanare norme volte a regolamentare le dismissioni di tutto il patrimonio immobiliare non adibito ad uso strumentale di tutti gli enti previdenziali pubblici, sulla base di principi tra i quali risulta centrale, ai fini della nostra disamina, quello della  “cessione entro 5 anni dall’emanazione delle norme delegate”.

Il Decreto Legislativo 16 febbraio 1996 n. 104, in funzione della delega, contiene la  disciplina in materia di dismissione del patrimonio immobiliare esclusivamente per gli Enti Previdenziali Pubblici e - nel rispetto del richiamato principio di legge – stabilì all’art. 10 “l’attuazione dei programmi di cessione nel termine di 5  anni dalla data di entrata in vigore del decreto”.

All’art. 6 del D.Lgs. 104/96 sono stati dettati i criteri per la vendita degli immobili e, tra essi, assume rilievo il criterio di determinazione del prezzo di vendita per le unità immobiliari ad uso abitativo: “il prezzo degli alloggi è costituito dal valore che risulta applicando un moltiplicatore 100 alle rendite catastali”.

Le norme delegate, fissando anche il prezzo delle vendite, hanno attribuito ai conduttori un diritto potestativo che – una volta esercitato attraverso la manifestazione di volontà di acquistare l’immobile – produce il consenso per l’accordo-contratto di compravendita.

Questa asserzione troverà conferma nel parere n. 3217/2002 del 18.6.2003 del Consiglio di Stato ove è affermato che “l’offerta, irrevocabile ai sensi dell’art. 1329 c.c., è contenuta nella legge stessa e costituisce effetto immediato e diretto del vincolo alla dismissione”.

Sennonché gli Enti non hanno applicato questa normativa fondamentale, in particolare il punto 2/a dell’art. 6, che fissa il parametro immutabile per un quinquennio in base al quale determinare il prezzo di vendita, stabilito per evitare disparità di trattamento tra i conduttori titolari dell’opzione e per consentire all’ente proprietario - una volta ricevuta la “propensione” all’acquisto – di inviare ai conduttori soltanto una formale comunicazione con tutti gli elementi tecnici della compravendita, desumibili dagli atti dell’Ente e dalla legge, insieme all’invito per il rogito notarile.

Gli Enti si sono orientati, invece, sin dall’inizio ad adottare impropriamente il criterio generale stabilito dalla Legge 23 dicembre 1996 n. 662 per le dismissioni immobiliari di tutte le altre “Amministrazioni Pubbliche” (Stato, Enti locali, ecc.): “prezzo di mercato degli alloggi liberi diminuito del 30%”, che, palesemente, non costituisce evoluzione normativa della legge 335/1995 e che, notoriamente, era stato messo a punto intanto per il Ministero della Difesa.

Per le vendite delle unità residenziali è stata applicata, dunque, anche da parte  degli enti previdenziali la Legge 662/1996, che autorizza l’abbattimento del 30 % sul prezzo di vendita dell’immobile con l’aggiunta di un’ulteriore riduzione del 15% se l’immobile è acquistato in blocco.

E’ nota infatti la regola del mercato secondo la quale il prezzo di una casa occupata è inferiore rispetto a quello della stessa casa libera e, pertanto, la riduzione del prezzo di vendita agli inquilini, praticata nelle dismissioni di tutti i patrimoni immobiliari pubblici, altro non è se non l’indicazione forfetaria fatta dal Legislatore, una volta per tutte, dell’abbattimento di valore della casa, se è occupata.

Anche per la vendita degli immobili degli Enti Previdenziali pubblici, la riduzione non costituisce, dunque,  uno sconto agli inquilini !

 

3. Non si comprende allora per quale motivo, dopo oltre 3 anni dall’emanazione del D.Lg.104/1996, è stata introdotta - nella dismissione dei beni immobili degli enti previdenziali - la norma che prevede la definizione degli edifici di pregio e l’offerta di vendita agli inquilini ad un prezzo pari al prezzo di mercato degli alloggi liberi (art. 2, punto 2, della Legge 23 dicembre 1999 n. 488.. 

Di conseguenza, un limitatissimo numero di immobili (anch’essi occupati da inquilini), a distanza di anni, sono stati qualificati di pregio e irragionevolmente sottratti alla regola generale della riduzione di prezzo per essere venduti a prezzo pieno di mercato, stante il fatto che – ragionevolmente - del loro maggior intrinseco valore si è tenuto conto nella valutazione di base certamente più alta rispetto agli altri.

Si è determinata così un’ingiustificata disparità di trattamento.

 

4. Questo impianto normativo è stato trasferito nelle modalità di cessione degli immobili stabilite dalla Legge 23 novembre 2001 n. 410 di conversione del D.L. 351/2001, che ha autorizzato – con la motivazione di accelerare il processo dismissorio - la cartolarizzazione dei proventi derivanti dalla vendita del patrimonio.

 Il D. L. 351/2001 del Governo prevedeva l’autorizzazione al Ministro dell’Economia di costituire “una o più società” cui affidare le operazioni di cartolarizzazioni.   Nel corso dei lavori parlamentari a novembre 2001 è stata sollevata dall’Opposizione l’obiezione che l’espressione <<una o più>> del decreto potesse ammettere la possibilità anche di una sola società e che, invece, data la dimensione delle operazioni e l’ esigenza di trasparenza, sarebbe stato necessario emendarla  con <<più società>>.

Nella Legge di conversione 410/2001 il testo è stato dunque emendato dal Parlamento e l’autorizzazione al Ministro risulta per “più” società  ma la SCIP è rimasta l’unica e sola società costituita.   Nessuna trasparenza,  ombre su tutti i versanti della operazione!- Ad oggi, attraverso proroghe e proroghe, operarono negli Enti le società di gestione “ di casa”, malgrado le soppressioni espressamente legiferate (D.Lg. 104/1996 art.14).

Nel giro di soli 7 giorni dalla conversione in Legge del Decreto Legge  351/2001, viene emanato il decreto di costituzione della SCIP S.r.L. - Società Cartolarizzazione Immobili Pubblici che fa capo a due Fondazioni olandesi: la Stitching Thesaurum e la Stitching Palatium.   La SCIP, attraverso un pool di banche, colloca  i titoli  presso la Borsa di Lussemburgo.   La Borsa lussemburghese ha diversi vantaggi per un investitore: non chiede troppe informazioni, opera velocemente, garantisce l’esenzione fiscale per i non residenti, insomma è un paradiso fiscale.  Anonimi investitori, rendite parassitarie, capitali di dubbia provenienza.

Nella prima cartolarizzazione   (SCIP 1) del 18  dicembre 2001 confluisce un programma di vendite avviato in base al D.Lgl. 104/1996 dai 7 Enti previdenziali (Inpdap, Inpdai,  Inail, Inps, Enpals, Ipost, Ipsema), che nel 2000 era entrato nella fase operativa. 

Si tratta di 27.250 unità residenziali e 262 commerciali, del valore patrimoniale complessivo di 3.830 milioni di euro  (7.415 miliardi di lire), al netto degli sconti massimi previsti per legge, valore confermato ex-post da un primario valutatore immobiliare, imposto dalle Agenzie di Rating.

A fronte del trasferimento degli immobili, la SCIP ha corrisposto agli Enti “come prezzo iniziale” il ricavo delle emissioni di titoli per un totale 2.300 milioni di euro (4.453 miliari di lire),  trattenendo “soltanto” 6 milioni di euro per le prime spese  nonché 200 milioni di euro quale fondo di riserva e 100 milioni di euro quale fondo di liquidità.  La remunerazione per gli investitori è stata determinata nello 0,20 % di maggiorazione sul tasso interbancario Euribor;  la scadenza legale (data ultima per il rimborso)  è stata fissata  per entrambe le due emissioni a dicembre 2005.  Le due serie sono state integralmente rimborsate alle date consentite, cioè entro dicembre 2003.

L’operazione è stata strutturata e collocata da un consorzio formato da Banca IMI, Banca Intesa, Deutsche Banh e Lehman Brothers. 

Le stime degli immobili venduti erano state fatte durante gli anni 1999-2000 dalle Amministrazioni degli Enti con gli Uffici Tecnici Erariali.

Essendo confluito nella SCIP 1 un programma di vendite già entrato nella fase operativa, l’operazione è stata chiusa in tempi soddisfacenti.  Gli immobili abitativi risultano acquistati per il 92 % dagli stessi inquilini.  

Nella seconda cartolarizzazione   (SCIP 2) del 21  novembre 2002 l’andamento è stato negativo. A fine marzo 2004 le vendite rappresentavano soltanto il 25 % di quelle previste a tale data e il Ministero dell’Economia ha dovuto richiedere un prestito bancario di 800 milioni di euro per riportare in equilibrio l’intera transazione ed evitare giudizi negativi delle Agenzie di Rating.

La SCIP 2 ha previsto un programma di vendite di circa 63.000 unità immobiliari da reddito, definito con enfasi dal Prof. Tremonti “la più grande cartolarizzazione d’Europa”.  Si tratta di un patrimonio distribuito sull’intero territorio nazionale, realizzato attraverso decenni di accumulazione sociale.

La cartolarizzazione consente l’incasso delle “una tantum” di fine 2001 e 2002 a costi che certamente alla fine risulteranno enormi. Servono a tamponare falle nei conti pubblici ma non riducono certo l’indebitamento; procurano vantaggi immediati ai soggetti privati impegnati nelle diverse operazioni.

53.241 alloggi (l’85% occupati) e 9.639 u. commerciali (l’80% occupate), appartenenti all’Inpdap per il 42%, Inpdai per il 30%, Inail per il 17%, Inps per l’8%, e  all’Enpals, Ipost, Ipsema, Stato per il rimanente 3%.   Di questo bel po’ si tratta!-

Il 55 % degli immobili residenziali e il 60 % delle strutture commerciali sono ubicati a Roma. Gli enti sono rimasti impegnati come mandatari gestori alle vendite. Il patrimonio interessato alle due operazioni è stato di 90.392 unità, di cui 80.491    (89 %) residenziali e 9.901 (11%) commerciali, per un valore complessivo di 13.000 milioni circa. Il patrimonio rimasto invenduto al 28 febbraio 2009, se prendiamo per veritieri i dati contenuti nell'ultima relazione al Parlamento, di 27.122 unità immobiliari tra principali e secondarie (prevalentemente residenziali) per un valore complessivo di 2,4 miliardi di €.

 

5. I decreti ministeriali individuativi degli immobili di pregio succedutisi fino al 2009 hanno provocato da parte degli inquilini decine di ricorsi collettivi ai TAR per chiederne l’annullamento nonché decine di citazioni collettive davanti ai Tribunali Civili per la tutela di cui all’art. 2932 c.c., mirate al riconoscimento degli effetti del contratto di compravendita dell’alloggio alla data di manifestazione della volontà di acquisto, avendo esercitato il diritto di opzione entro il termine di legge del 31 ottobre 2001 e  prima delle decretazioni del pregio.

Il Consiglio di Stato ha precisato che trattasi di un “diritto soggettivo potestativo all’acquisto, definitivamente consolidato, al prezzo e alle condizioni determinate in base alla normativa vigente alla data della manifestazione di volontà di acquisto”; parere condiviso anche dal Tribunale di Napoli con le sentenze n. 169/2009, n. 8359/2009 e n. 2840/2010 oltre ad altre sentenze dei Tribunali di Roma e di Firenze.                       

In sostanza, risulta instaurato un contenzioso giudiziario dai tempi e dagli esiti incerti, oneroso e costoso per la stessa Pubblica Amministrazione, che ha rappresentato sin’ora l’unico strumento di difesa legale per combattere una norma illogica, iniqua e discriminatoria, da parte degli inquilini economicamente più deboli che rivendicano il diritto all’uguaglianza di trattamento.

Nelle passate Legislature non si è voluto riparare a questa irragionevolezza  mediante interventi radicali come proponevano i disegni di legge (n. 5478 del 7.12.2004 e n. 2063 del 13.12.2006 alla Camera dei Deputati, nonché n. 1019 del 16.9.2006 e n. 1328 del 15.2.2007 al Senato) oppure con soluzioni transattive del contenzioso, come suggeriva  l’O.d.g. del Governo n. 9/1746 – bis/48 approvato in Parlamento con la Legge Finanziaria 2007, la proposta di modifica n. 8.98 al DDL n. 2228,  la proposta emendativa 7.66 presentata al disegno di Legge di Stabilità 2013 ed infine l'Ordine del Giorno 9/05534  -  bis  -  A/168 presentato alla Camera MOTTA Carmen nella seduta n. 721 di Mercoledì 21 novembre 2012. 

La Dott.ssa Tiziana Mazzarocchi, ex-direttore dell’Ufficio I Direzione II del Tesoro, ha sostenuto fino alla fine che una soluzione  transattiva non era percorribile perchè “avrebbe portato nelle casse della SCIP, introiti inferiori a quelli corrisposti all’atto del trasferimento” e, nel contempo, ha sottaciuto la disastrosa gestione di SCIP 2, andata avanti nel tempo con costi  enormi per interessi agli investitori e imprevisti per finanziamenti acquisiti a motivo di scadenze da rispettare, a tutto discapito dei conti della società e conseguentemente dell’Erario.

Lente e caotiche sono state le procedure di vendita degli alloggi, come accertato anche dall’Alto Commissario per il contrasto della corruzione ed altre forme di illecito che, dopo l’indagine sulle cartolarizzazioni INPS avviata il 9 maggio 2006 e ultimata nell’ottobre 2007, ha segnalato ai Ministeri finanziari le “criticità emerse, segnatamente in relazione alla determinazione del prezzo degli immobili, all’appartenenza degli stessi ad eventuali categorie di pregio, all’effettivo possesso in capo agli acquirenti dei requisiti di legge, all’inesistenza di situazioni di evidente conflitto di interesse tra gestori della dismissione ed acquirenti”.

<<Sostanziale opacità e scarsa trasparenza>> è questo il giudizio espresso dalla Corte dei conti nella relazione 4/2006 del 21 marzo 2007, dopo l’indagine avviata sulle cartolarizzazioni nel 2004: la Corte ha stigmatizzato come “alle sue richieste istruttorie spesso sono state dagli enti risposte solo parziali e frammentarie che hanno impedito di verificare la correttezza dell’alienazione degli immobili” e come “resta incomprensibile l’abolizione nel 2003 dell’ Osservatorio sul patrimonio immobiliare degli enti previdenziali, abolizione che non ha consentito di vigilare sulla corretta attuazione delle norme riguardanti le vendite”.

 

6. L’andamento negativo di SCIP2 e la grave crisi internazionale hanno convinto però il Ministro Tremonti a prendere atto dell’enormità dei costi finanziari e di funzionamento della società veicolo e, con Legge  27 febbraio 2009, n. 14,  sono stati posti in liquidazione i patrimoni separati della SCIP S.r.l. (SCIP 1 e SCIP 2), trasferendo il residuale patrimonio ai 9 Enti previdenziali pubblici originari proprietari i quali sono sostituiti alla S.c.i.p. S.r.l. in tutti i rapporti anche processuali attinenti alle procedure di vendita in corso. 

Quando il Legislatore è intervenuto per la liquidazione dei patrimoni delle due operazioni di cartolarizzazione, ritrasferendo le unità rimaste invendute, abbiamo valutato quanto fosse stata positiva, nel contesto di quell’intervento, la decisione di affrontare il contenzioso giudiziario, che blocca l’alienazione di un rilevante numero di immobili, costituito in massima parte da unità residenziali occupate.

In sede parlamentare, infatti, è stato disposto l’obbligo per gli Enti di promuovere  soluzioni transattive per le vertenze che “comportino l’immediato conseguimento di un apprezzabile risultato economico in relazione al rischio implicito del giudizio, allo stato ed al presumibile costo di esso”, tenuto conto dei tempi lunghi per una sentenza definitiva di merito e per un giudizio di legittimità. 

Siamo stati ottimisti rispetto alla prospettiva di veder avviate a soluzione questioni annose, convinti come siamo che un buon numero di controversie sono state generate dall’irragionevolezza del criterio di vendere le case occupate di una certa tipologia (“di pregio”) al prezzo delle stesse case libere.

Siamo stati per la verità fiduciosi sull’osservanza della disposizione parlamentare avendo considerato che agli Enti Previdenziali non è stata concessa una facoltà ma è stato dato un vero e proprio obbligo di legge, come è affermato anche nella presentazione n. 117 del 13/2/2009 della Legge stessa alla Camera dei Deputati: “in capo ai soggetti originariamente proprietari è fatto obbligo di promuovere la definizione del contenzioso”.

Non a caso il Procuratore Generale della Corte dei conti dott. Mario Ristucci, nella Relazione del 24 giugno 2010 sullo Stato Patrimoniale 2009, ha già rilevato la mancata attuazione della Legge 14/2009 per la parte concernente le transazioni del contenzioso.

La norma sulla promozione delle soluzioni da parte degli Enti, peraltro, ha incontrato indirizzi giurisdizionali di primo grado che favoriscono gli accordi come, ad esempio, le sentenze n. 159/09, n. 8359/09, n. 2840/2010 e n. 6.396/2010 del Tribunale di Napoli, che hanno determinato l’effetto traslativo con conseguente acquisto del diritto di proprietà ex art. 2932 c.c dall’INAIL e dall’INPS a favore di centinaia di inquilini di alloggi a Napoli in Via Manzoni 131, Via S. Capace 12, Via F. Crispi,72, P.zza Medaglie D’Oro, 35 e Via Cilea 32 e 46 delle rispettive unità immobiliari per il prezzo corrispondente al valore catastale moltiplicato per cento (dlgs. 104/1996).

 

7. Stante l’inerzia degli Enti, in data 16 novembre 2009, è stata formalmente notificata alle Amministrazioni la disponibilità da parte degli inquilini a definire transattivamente le vertenze, ipotizzando un accordo basato su di un prezzo pari a circa la metà della differenza tra quello determinato dall’Agenzia del Territorio e quello risultante del valore catastale moltiplicato per cento.

Nello stesso tempo, l’Associazione Nazionale Inquilini immobili di pregio ha manifestato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ed ai competenti Ministeri dell’Economia e del Lavoro la necessità che il Governo assumesse direttamente  l’iniziativa di disciplinare normativamente la soluzione transattiva del contenzioso relativo agli immobili di pregio.

Sia l’INPS sia l’INAIL hanno ritenuto che nessuna soluzione transattiva possa riguardare il contenzioso sugli immobili di pregio, rifiutando quindi la proposta degli inquilini che ipotizzava un accordo basato sui prezzi di mercato del 2001 senza ulteriori sconti e/o benefici; hanno dato quindi un’ interpretazione restrittiva del comma 12 dell’art. 43 bis della L. 14/2009 nonostante la legge faccia riferimento al “contenzioso in materia immobiliare” senza alcuna specificazione circa la tipologia dell’immobile in ordine al quale si controverte.

La norma è stata dettata proprio per definire un rilevate ed oneroso contenzioso venutosi a creare nel lungo e tortuoso processo di dismissione, stabilito da oltre 15 anni (L.335/1995), disciplinato dal D.Lgs. 104/1996, accelerato poi con le costose operazioni di cartolarizzazione (L.410/2001) attraverso la società S.c.i.p. S.r.l., tenuta in piedi per sette anni ed ora messa in liquidazione (L.14/2009); non v’è alcun motivo per escludere, “a priori”, la ricerca di soluzioni transattive per il contenzioso riguardante la qualificazione di pregio degli immobili, quando proprio questo costituisce gran parte delle vertenze in atto.

 

8. Inoltre, gli immobili ad uso abitativo (di pregio e non di pregio) devono (entro un tempo tecnico ragionevole) essere offerti in opzione (con apposita comunicazione di offerta in vendita) agli aventi diritto (locatari) per consentirgli l’esercizio del diritto di opzione legislativamente previsto, indipendentemente dalla stato controversia, in atto o futura, circa il prezzo di vendita o circa la qualificazione di pregio.

Gli Enti non possono interrompere la procedura di vendita decidendo arbitrariamente di non inviare le lettere di offerta in opzione ai prezzi già determinati a suo tempo dall’Agenzia del Territorio né tantomeno condizionarne l’invio.

Le famiglie composte in massima parte da persone anziane, angustiate dall’ormai ultradecennale vicenda carica di iniqui, ingiustificati, trattamenti, che tocca il primario ed essenziale diritto alla casa garantito dalla Costituzione, chiedono alle forze Politiche di intervenire affinché venga varata con una normativa che renda concretamente possibile la chiusura definitiva di tutto il contenzioso immobiliare.  Nella requisitoria del 24 giugno 2010 sul Rendiconto generale dello Stato per l’esercizio finanziario 2009, anche il dott. Mario Ristucci, Procuratore Generale presso la Corte dei conti– a proposito delle problematiche relative alla retrocessione delle unità immobiliari invendute dalla società di cartolarizzazione SCIP agli enti originariamente proprietari – ha rilevato come  “una delle questioni emerse con la legge 27 febbraio 2009 n. 14 art. 43 bis è l’invito a chiudere con delle transazione le cause in materia immobiliare”.

Aggiunge la stessa relazione del Procuratore Generale che “sebbene venga concessa agli enti una certa autonomia decisionale, crea un certo disagio gestionale nella Pubblica Amministrazione l’agire tempestivamente in assenza di regole omogenee che forniscano direttive conformi in relazione ai margini di transazione ai quali attenersi o diversi criteri procedurali per accelerare le vendite”.

 

9. Questo coordinamento e centinaia di inquilini, nel 2012, hanno anche notificato ai Ministeri Vigilanti (Economia e Lavoro) una proposta avente ad Oggetto: accelerazione della dismissione degli immobili residenziali degli Enti Previdenziali pubblici (D.Lg. 104/1996 - L. 410/2001 - Art 43 bis L. 14/2009 - Art.27 L.214/2011) - Definizione del contenzioso dei "cosiddetti" immobili di pregio, ponderata in termini di fattibilità e di criterio giuridico equo per attenuare la rigidezza che caratterizza i contrasti sostenuti nelle controversie giudiziarie nonché sotto il profilo della convenienza per la finanza pubblica – mira a superare l’inerzia oggi esistente e, dunque, ha  l’obiettivo di dare attuazione all’art. 43 bis approvato come “misura urgente” con la Legge 14/2009, rimasta inapplicata.

Tale proposta prevede che"per le unità residenziali di pregio per le quali pende ricorso dinanzi all'autorità giudiziaria competente avverso la qualificazione di pregio del cespite, ovvero anche la determinazione del prezzo di vendita delle singole unità, l'alienazione da parte degli Enti proprietari ha luogo applicando al prezzo a suo tempo definito dall'Agenzia del Territorio, i coefficienti aggregati di abbattimento, previsti dalla L. 104/2004 e contenuti nell'ultima tabella pubblicata sulla G.U. Serie Generale n. 181 del 5 agosto 2006, a condizione che vengano abbandonati i giudizi in corso, a spese compensate e che vengano riconosciuti come acconto prezzo i canoni corrisposti nelle more del giudizio dai conduttori che risultino in regola con il pagamento degli oneri accessori".

Il criterio di determinazione del prezzo di vendita mediante i coefficienti di abbattimento applicati al prezzo a suo tempo definito dall’Agenzia del Territorio, con la riparametrazione ai valori di mercato del mese di ottobre 2001, è stato ripreso dal decreto-legge 23 febbraio 2004 n. 41 e che soltanto nella Legge di conversione 24 aprile 2004 n. 104, al comma 1, apparve l’aggiunta, fatta poche ore prima del varo della legge, delle due parole “nelle ipotesi” che hanno determinato l’esclusione - con il rinvio all’art. 20 della L. 410/2001 - degli immobili qualificati di pregio dall’applicazione di quanto giustamente è stato stabilito nel suddetto decreto-legge.

Un’esclusione che si è aggiunta all’irragionevolezza dell’eccettuazione fatta per gli immobili di pregio nell’art. 3 comma 8 della Legge 410/2001, ove è stabilito che il prezzo di vendita delle unità ad uso residenziale è pari al prezzo di mercato delle unità immobiliari libere diminuito del 30 per cento (riduzione applicata in tutte le dismissioni pubbliche per le unità occupate) e che per i medesimi immobili viene praticato un ulteriore abbattimento di prezzo per i conduttori che acquistano a mezzo di mandato collettivo se rappresentano almeno l'80 per cento delle unità residenziali complessive dell'immobile.

Interventi normativi, questi, che hanno generato notevolissime e intollerabili disparità di trattamento tra gli inquilini interessati dallo stesso processo di dismissione immobiliare degli enti previdenziali in corso oramai da circa 20 anni.

Lo sviluppo del contenzioso, se non fronteggiato con una soluzione normativa di carattere generale come ad esempio quella proposta con l'emendamento 7.66 presentato al disegno di Legge di Stabilità 2013 (le unità residenziali di pregio di proprietà degli enti previdenziali pubblici o di fondi mobiliari degli stessi enti, per le quali pende ricorso dinanzi all'autorità giudiziaria competente avverso la relativa qualificazione di pregio, ovvero anche la determinazione del prezzo di vendita delle stesse, sono vendute applicando al prezzo a suo tempo definito dall'Agenzia del territorio, una riduzione del 30 per cento, a condizione che vengano abbandonati i giudizi in corso, a spese compensate e che vengano riconosciuti come acconto prezzo delle unità i canoni corrisposti nelle more del giudizio dai conduttori che risultino in regola con il pagamento degli oneri accessori), è destinato prevedibilmente a transitare per i due livelli di giurisdizione di merito per approdare a quello del giudice della legittimità, a parte il fatto che la sottrazione degli immobili di pregio dalle ordinarie condizioni di vendita, stigmatizzata da autorevoli cultori di diritto per i forti profili di illegittimità costituzionale, viene tuttora esaminata per le possibili iniziative.

 

10. Per una seconda questione, strettamente connessa al contenzioso immobiliare e alle aspettative degli inquilini, questo Coordinamento Nazionale chiede l'intervento dei Ministeri vigilanti (Economia e Lavoro) sull’applicazione della direttiva interministeriale del 10.02.2011 pubblicata sulla G.U.R.I. n. 135 del 13.06.2011 che, stante l’inerzia degli Enti ad operare per definire transattivamente il contenzioso in base all’art. 43 bis, c. 12, della Legge 14/2009, persegue intanto l’obbiettivo di sboccare le vendite degli immobili oggetto di contenzioso giudiziario, consentendo agli inquilini di acquistare gli immobili, anche in corso di vertenza, ad una quota parte del prezzo a suo tempo stabilito dall'Agenzia del territorio e lasciando legato il pagamento della eventuale differenza all’esito del giudizio.

Con la soprarichiamata direttiva il Governo è intervenuto sulla situazione di sostanziale blocco delle vendite e ha disposto che, per gli immobili retrocessi agli stessi enti a seguito della messa in liquidazione della Scip S.r.l., “occorre procedere alla loro dismissione nel rispetto delle procedure già previste favorendo soluzioni transattive che consentano di stipulare contratti di compravendita che prevedano un corrispettivo pari al valore di mercato dell’immobile, determinato a suo tempo dall’Agenzia del Territorio, con il versamento di una quota parte di tale prezzo. La corresponsione del saldo, oltre agli interessi e alla rivalutazione monetaria sarà legata alla risoluzione in sede giurisdizionale delle cause pendenti. In  questo modo, l’Ente incasserà una parte del valore degli immobili senza rinunciare ai propri interessi che verranno tutelati nelle sedi opportune”.

Costituisce dunque un punto d’incontro tra le esigenze di finanza pubblica e gli interessi privati degli inquilini interessati a quelle particolari condizioni, ma anche questa disposizione, come l’art. 43 bis della Legge 14/2009, è rimasta lettera morta per l'INPS.

Allora è necessario ribadire autorevolmente alle Amministrazioni degli Enti che le norme dispongono chiaramente di proseguire nelle vendite, garantendo il rispetto dei diritti degli inquilini stabiliti prima dal D.lgs. 104/1996 e confermati poi dalla L. 410/2001 e seguenti.

E' necessario ribadire l'applicazione della direttiva interministeriale del 10.2.2011, senza margini discrezionali:

- gli inquilini che hanno ottenuto già una prima sentenza favorevole rogitano (se lo desiderano) la compravendita al prezzo stabilito dal Giudice, lasciando legato il pagamento della eventuale differenza rispetto al prezzo a suo tempo determinato dall'Agenzia del territorio all’esito dei giudizi ancora in corso oppure rispetto al prezzo derivante dall’applicazione della normativa generale che nel frattempo potrebbe aver definito il contenzioso;

- gli inquilini che non hanno ancora ottenuto una sentenza favorevole ed hanno un contenzioso in corso rogitano la compravendita al 70% del prezzo a suo tempo stabilito dall’Agenzia del territorio lasciando legato il pagamento della eventuale differenza rispetto al prezzo a suo tempo determinato dall'Agenzia del territorio all’esito dei giudizi ancora in corso oppure rispetto al prezzo derivante dall’applicazione della normativa generale che nel frattempo potrebbe aver definito il contenzioso;

L’INPS si appresta a gestire - dopo la chiusura delle cartolarizzazioni e dopo l’accorpamento dei patrimoni immobiliari dell’INPDAI, INPDAP e ENPALS - circa 10.500 unità residenziali di cui il 90% occupate da locatari e di cui circa 1.500 interessate da contenzioso giudiziario.

E’ necessario quindi che l'ente si metta sul binario risolutamente tracciato dalle leggi ordinarie dello Stato (L. 335/1995, D.Lgs. 104/1996, L. 410/2001, L.14/2009) e ribadito, in ultimo, dalla direttiva interministeriale del 10.2.2011.

L'obbiettivo è quello della dismissione degli immobili, senza farsi prendere dalla tentazione infruttuosa di uscire dalla gestione deficitaria del patrimonio rivalutando i canoni di locazione, mantenendo le strutture burocratiche interne e i servizi in convenzione esterni impegnati nell’amministrazione ordinaria degli appartamenti piuttosto che negli adempimenti relativi alla vendita da affrontare decisamente.

In mancanza dell’osservanza delle leggi e delle direttive governative nonché del rispetto dei riconosciuti diritti dei locatari che occupano legittimamente gli immobili, delle aspettative stesse maturate lungo l’arco di tempo del processo dismissorio, si generano soltanto gestioni caotiche e rapporti forieri di ulteriori vertenze.

 

Napoli,  16 maggio 2013                                       Mario Milone